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 2015  luglio 01 Mercoledì calendario

Atene non è ancora fallita. Anche se l’Fmi dovesse decidere di avviare una procedura per buttare fuori la Grecia dall’organizzazione, passerebbero uno o due anni. Pertanto per ora si limiterà a mandare un avvertimento. Anche il fondo salva-Stati potrebbe richiedere l’immediato pagamento di tutti gli arretrati, ma è improbabile che ciò accada. Mentre la Bce è nei guai perché sta mantenendo in vita il sistema bancario ellenico con i fondi emergenziali Ela, che possono essere concessi a patto che gli istituti siano solventi

Ieri sera la Grecia non ha pagato 1,55 miliardi di arretrati di giugno al Fmi. Ora che succede? Atene è fallita? No. Anzitutto, tecnicamente è già fallita due volte, dall’inizio della crisi. La prima volta, nella primavera del 2010, quando un primo piano da 110 miliardi di Ue, Bce e Fmi le consentì di salvarsi da tassi di interesse sul debito che erano schizzati a livelli insostenibili. Quando un Paese non può più approvvigionarsi sul mercato emettendo obbligazioni perché gli oneri sono troppo alti, fallisce.
Il nodo del debito
Per lo stesso motivo, quando nel 2011 i creditori consentirono ad Atene di tagliare 100 miliardi di euro di debito che era in mano a creditori privati, provocarono il secondo default teorico del Paese. Anche non riuscire a ripagare un debito è un motivo per dichiarare fallito un Paese. Ma Atene non ha bisogno dell’accesso ai mercati, finché riceve soldi dai creditori. Con i quali, peraltro, rimborsa soprattutto debiti dovuti ai creditori stessi: in teoria, avendo un avanzo primario, si finanzierebbe ormai da sola. Ecco perché tanti economisti e politici chiedono un taglio del debito, ormai soprattutto in mano ai Paesi e alle istituzioni internazionali.
Scaduto il termine per il rimborso, oggi Christine Lagarde informerà il board del Fmi che la Grecia ha degli arretrati. Il Fondo considererà a rischio anche i 21 miliardi che Atene le deve e congelerà prevedibilmente i 16 che le dovrebbe anticipare entro il 2016. Deciderà, probabilmente, di mandare un avvertimento alla Grecia perché paghi le somme dovute. Se anche il Fmi dovesse decidere di usare «l’atomica», di avviare una procedura per buttare fuori Atene dall’organizzazione, passerebbero uno o due anni.
Le speranze
Anche il fondo salva-Stati Esm cui la Grecia deve 130 miliardi di euro, non può fare molto. Dopo il mancato pagamento al Fmi, il direttivo guidato da Klaus Regling potrebbe decidere di chiedere l’immediato pagamento di tutti gli arretrati, ma è improbabile che ciò accada. Soprattutto, finché c’è la possibilità che si raggiunga ancora un accordo.
Il problema è il terzo creditore, la Bce. Sta mantenendo in vita il sistema bancario ellenico con i fondi emergenziali Ela, che possono essere concessi a patto che gli istituti siano solventi. Ormai è discutibile che lo siano e la stessa Eurotower, secondo i falchi, sta di fatto riempiendo le voragini aperte dalla fuga dei depositi all’estero e dalla corsa agli sportelli. Dipenderà, di fatto, da Mario Draghi se la Grecia potrà continuare, nel breve termine, a mantenersi a galla. Se chiudesse i rubinetti, il sistema creditizio collasserebbe. E, con esso, il Paese.
Le prossime tappe
Le prossime date cui guardare con attenzione sono il 10 luglio, quando scadono alcuni bond statali a breve. Di solito, venivano comprati soprattutto dalle banche; se non saranno più in grado di farlo, il loro problema di solvibilità diventerebbe piuttosto macroscopico, difficile da ignorare, per la Bce. Chiuderà i rubinetti allora? O la data cruciale sarà il 20 luglio, quando scadono 3,5 miliardi di crediti alla Bce? Da statuto, Francoforte non può finanziare Stati membri: se la scadenza passasse invano, sarebbe molto difficile per Draghi giustificare il via libera ad altri fondi emergenziali, anche alla luce della manifesta insolvenza delle banche.