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 2015  luglio 01 Mercoledì calendario

La piccola grande crisi interna al M5S. I deputati di Grillo fanno marcia indietro e dicono sì alla permanenza di Ilaria Loquenzi a capo della comunicazione di Montecitorio. Ci sono voluti un dialogo continuo e qualche minaccia, come quella di non ricandidare, o addirittura espellere, chi viola così apertamente una norma contenuta nel codice di comportamento. E ora Casaleggio è contento

Come fosse una decisione politica sofferta, come si parlasse dei destini del mondo, dell’euro e dell’ambiente, il Movimento 5 stelle si è riunito fino a tarda notte – ieri – alla Camera, per decidere di cambiare idea. E di dire sì alla permanenza di Ilaria Loquenzi a capo della comunicazione di Montecitorio, contraddicendo una decisione assunta a maggioranza appena qualche giorno prima.
Protagonista della riunione, una lettera vergata Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio e inviata al direttivo del gruppo in cui – senza fare ricorso alle minacce fatte girare nei giorni precedenti – si invitano i deputati a rivedere la loro decisione. E in cui, novità assoluta, il fondatore e il guru si mostrano «aperti a trovare soluzioni per i problemi sollevati». Che la situazione non fosse affatto tranquilla, e che la conferma della Loquenzi non fosse scontata, si capisce alle sette di sera quando Alessandro Di Battista torna in Transatlantico e cerca con gli occhi il presidente del gruppo Federico D’Incà. Scambiano parole tese, subito dopo il deputato romano si attacca al telefono. Un’ora prima, in cortile, riuniti a cerchio come una squadra che decide le tattiche da usare in partita, si erano confrontati parte del direttorio (Roberto Fico e Luigi Di Maio), il vicecapogruppo Giorgio Sorial, e poi i mediatori Daniele Del Grosso e Riccardo Fraccaro. È stata un’operazione delicata, rimediare al voto della settimana scorsa in cui 26 deputati contro 17 avevano bocciato la permanenza di Loquenzi a capo dello staff comunicazione, nonostante l’aperta blindatura arrivata da Milano. Ci sono voluti un dialogo continuo e qualche minaccia, come quella di non ricandidare, o addirittura espellere, chi viola così apertamente una norma contenuta nel codice di comportamento: «La costituzione di due “gruppi di comunicazione” sarà definita da Beppe Grillo in termini di organizzazione, strumenti e scelta dei membri». È a questo che Grillo e Casaleggio si sono appellati nella lettera. Ed è di questo che – dopo la lettura della missiva – si è discusso ieri in assemblea trasformando come per incanto i no di qualche giorno prima in sì se non convinti rassegnati. Alla fine la ratifica passa all’unanimità con 76 voti (gli assenti erano stati richiamati in tutta fretta). E con l’aggiunta di un particolare: la settimana scorsa si era votata una semplice proroga. Ieri la decisione è invece stata quella di confermare Ilaria Loquenzi – già portavoce della senatrice Paola Taverna – fino alla fine della legislatura. Un premio a una fedeltà silenziosa che sembra aver conquistato sia il capo politico che il cofondatore, che non avevano esitato in precedenza ad allontanare tanto Nicola Biondo dalla Camera che Claudio Messora dal Parlamento europeo.
Stavolta, le critiche alla comunicazione sono state vissute da Casaleggio come un affronto tanto grave quanto inaspettato, visto che – dopo l’uscita dei dissidenti- i 5 stelle in Parlamento erano convinti di aver risolto ogni contraddizione. L’ascesa del direttorio, la prevalenza di alcuni volti in tv, l’assenza di un coordinamento reale con tutti i deputati hanno invece creato nuove fratture. Che l’ennesimo diktat, per quanto morbido possa essere stato, potrebbe non essere in grado di sanare.