Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  giugno 26 Venerdì calendario

L’Ansa sciopera di nuovo fino a lunedì contro i tagli di 65 redattori, ricevendo la solidarietà del web e delle istituzioni, ma senza smuovere l’azienda. I giornali non vendono, pagano i giornalisti. Tempi duri per l’editoria

I giornali non vendono, pagano i giornalisti. Tempi duri per l’editoria. L’Ansa sciopera, ricevendo la solidarietà del web e delle istituzioni, ma senza smuovere l’azienda. E per questo continuerà a farlo. Il Corriere della Sera vota (a malincuore) un accordo che comporterà decine di esuberi. Wired chiude la rivista cartacea per puntare sul web, vittima dello stesso progresso tecnologico che racconta e promuove. E il minimo comune denominatore della crisi sono i dipendenti, sempre colpiti dai tagli.
Martedì e mercoledì i giornalisti dell’Ansa sono stati in agitazione per 36 ore. Ieri hanno proclamato un nuovo “sciopero immediato” fino alle sette di lunedì prossimo. La principale agenzia di stampa del Paese si ferma per oltre quattro giorni in una settimana (con disagi importanti anche per le redazioni degli altri quotidiani e televisioni) per protestare contro il piano di ristrutturazione per far fronte alle perdite degli ultimi anni (5 milioni di euro solo nel 2015). Ma la soluzione è una massiccia riduzione di personale che il Comitato di redazione (cdr) ha definito “irricevibile”: 65 esuberi a partire dal primo luglio, facendo ricorso a cassa integrazione o contratti di solidarietà, che rischiano di “pregiudicare il ruolo dell’agenzia”. Non è servito il primo sciopero. Non è servita neppure la mobilitazione massiccia a sostegno dei giornalisti, dal presidente del Senato, Pietro Grasso, a quello della Camera, Laura Boldrini, passando per Martin Schulz del Parlamento europeo. Su Twitter è nato l’hashtag #resistAnsa. Ma l’azienda non ha fatto marcia indietro. E allora l’assemblea ha proclamato un’altra agitazione, che potrebbe ulteriormente prolungarsi, per un pacchetto di 20 giorni complessivi.
Non va meglio in casa Rcs, dove le firme del Corriere della Sera hanno dovuto “ingoiare” l’accordo raggiunto tra azienda e cdr lo scorso 18 giugno. Votato a larga maggioranza (214 sì su 288 presenti), ma comunque con insoddisfazione: perché le trattative sono riuscite a ridurre di 20 unità gli esuberi, ma le uscite nei prossimi due anni saranno comunque 47. Esclusi i contratti di solidarietà, fra ottobre e dicembre scatterà anche la cassa integrazione a rotazione. Anche qui la colpa è dei debiti, intorno ai 480 milioni di euro all’aggiornamento dell’ultimo cda. E poco importa che per il 2015 Rcs Mediagroup preveda ricavi in lieve crescita.
Scomparirà (o quasi) invece dalle edicole Wired Italia, che ha deciso di ridurre drasticamente le pubblicazioni cartacee, passando da dieci a due numeri l’anno (appaltati a un service esterno), per puntare tutto sull’online. E ovviamente ha deciso di tagliare anche i giornalisti: dei sei redattori del cartaceo, due verranno trasferiti sul sito, per altri quattro il futuro è un’incognita.
L’azienda minaccia licenziamenti individuali, o il ricorso alla cassa integrazione. Eppure, a differenza di Ansa e Rcs, i conti della Condé Nast – l’editore che comprende testate come Vanity Fair e Gq – sono positivi: Wired ha chiuso il 2014 sfiorando il pareggio. E dal bilancio del gruppo emerge un margine di 9 milioni di euro. Non basta per sfuggire ai tagli. “La verità – fanno sapere dall’interno – è che hanno approfittato dell’addio del direttore per dare il via a un piano di ristrutturazione che è una mattanza”. Non sarebbe la prima o l’ultima volta. Gli esuberi di Wired fanno parte di un più ampio piano che prevede uscite all’interno del gruppo per circa 50 unità. Presto potrebbe toccare a Vanity Fair, Gq e Ad (Architectural Digest).