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 2015  giugno 26 Venerdì calendario

Se in Francia adesso i tassisti bloccano e incendiano le strade, altrove Uber è stato bloccato da sentenze di tribunale: in Germania, Spagna, Paesi Bassi, Corea del Sud, Brasile e Italia. O da ordini di governi nazionali o locali: a Bruxelles, in Thailandia, India, a Taiwan, Città del Capo. O dalla polizia: in Nuova Zelanda. O da voti del Parlamento: in Romania

Se in Francia adesso i tassisti le scioperano contro, altrove Uber è stata bloccato da sentenze di tribunale: in Germania lo scorso agosto, in Spagna, nei Paesi Bassi e in Corea del Sud lo scorso dicembre; in Brasile a aprile; in Italia a maggio. O da ordini di governi nazionali o locali: a Bruxelles nel marzo 2014; in Thailandia a novembre; in India nella città di Hyderabad, nello Stato del Karnataka e a New Delhi a dicembre (dopo che un autista era stato arrestato per stupro di una passeggera); a Taiwan, pure a dicembre; a Città del Capo a gennaio; in Colombia a marzo. O dalla polizia: in Nuova Zelanda a gennaio. O da voti del Parlamento: in Romania a maggio. Vari governi locali australiani e la municipalità di Toronto hanno intimato a Uber di attenersi alla normativa sui taxi, mentre la polizia cinese ha perquisito diverse sedi, e un’indagine della polizia è in corso in Danimarca.
Ma in Germania un’altra sentenza di tribunale l’ha poi riautorizzata il mese successivo al divieto. In Spagna a febbraio Uber ha ripreso a funzionare a Barcellona, come servizio per il recapito di pasti a domicilio. Nelle Filippine a maggio è arrivato un riconoscimento legale. Nel Regno Unito è legale. Complicatissimo il quadro negli Stati Uniti, dove la più recente decisione anti-Uber è venuta il 17 giugno in California, lo stesso Stato in cui la società ha sede. La locale Commissione per il Lavoro ha infatti deciso che gli autisti Uber devono essere dipendenti, non privati imprenditori. Ma un po’ dappertutto Uber ha continuato a lavorare malgrado le sentenze, e negli ultimi mesi è sbarcata in Africa: avamposti in Nigeria e Sudafrica, tentativi di imitazione in Kenya. Rapida anche la diffusione in America Latina, tra Messico, Colombia Brasile, Perù, Panama e Cile. Un paradosso è che lì ha successo perché i clienti la considerano più sicura dei taxi normali. Quella è infatti una regione dove c’è una forte tradizione di taxi informali anche senza app: il 46% a Lima; il 50% a Santiago in periodi di crisi; addirittura il 99,9% nella città peruviana di Huancayo. Esiste addirittura il termine “secuestro exprés” per indicare il crimine dei tassisti che sequestrano i passeggeri per rapinarli: uno scandalo venuto alla luce soprattutto quando vittima ne è stato un agente della Dea in Colombia.