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 2015  giugno 26 Venerdì calendario

Cosa fare della Fondazione di An e del suo tesoretto da 230 milioni di euro? I problemi per l’eredità di un partito che non c’è più. C’è chi, come Alemanno, vorrebbe creare un nuovo partito di destra e chi, come Gasparri, pensa a un film su Almirante. Lo scontro è appena cominciato. E l’atto finale sarà il 3 ottobre

«Ma quale partito. Facciamo piuttosto un film su Almirante. Possibile che non ci sia un regista che abbia voglia di raccontare la nostra storia?». Maurizio Gasparri ha una posizione molto netta sulla Fondazione di An. Ieri le agenzie hanno battuto una notizia burocratica, apparentemente priva di grande interesse: il consiglio di amministrazione della Fondazione di An ha votato una delibera che fissa al 3 ottobre l’assemblea degli iscritti, con un approfondimento giuridico sui poteri della Fondazione. Eppure, dietro il linguaggio a prima vista anodino si nasconde uno scontro violento tra le due anime di quel che resta di An. Da una parte, chi vuole riesumare la Fondazione per far rinascere un partito di destra; dall’altra, chi punta a congelare la Fondazione e a farne solo uno strumento di «memoria storica». In mezzo, un tesoretto decisamente consistente, mobiliare e immobiliare, per un totale approssimativo di 230 milioni di euro, eredità di un partito che non c’è più.
Nel 2011 confluirono da An, sciolta per la nascita del Popolo della libertà, un’ottantina di milioni di euro, un centinaio di immobili e tutta la memoria del partito (foto, filmati, relazioni congressuali). Da allora l’assemblea si è riunita una sola volta, nel dicembre del 2013, e ha deliberato di concedere temporaneamente l’uso del simbolo a Fratelli d’Italia. Per il resto, poco ha fatto. Qualche convegno, qualche iniziativa, ma nulla di più.
Da qualche mese è in corso un attivismo che punta a usare la Fondazione come leva per la nascita di un nuovo partito di destra. Tra i pochi usciti allo scoperto c’è Gianni Alemanno, che lo sostiene apertamente, insieme alla moglie Isabella Rauti. Ma si vocifera che dietro ci sia anche lo zampino di Gianfranco Fini, attraverso uomini fidati, come Italo Bocchino e Roberto Menia. E c’è chi pensa che nell’operazione possa essere coinvolta anche Giorgia Meloni. Che però, in pubblico, sostiene una tesi opposta.
Gasparri pensa che le cose stiano diversamente: «Non credo che Fratelli d’Italia voglia usare la Fondazione. Al contrario, credo che qualcuno voglia fare un’Opa su Fratelli d’Italia». Per l’ex colonnello finiano, il progetto di partito non sta in piedi: «Chi sta da questa parte o sta nel centrodestra di Forza Italia o sta nella destra della Meloni. Quale partito serve?». Piuttosto, spiega, si usino i soldi della Fondazione per un film: «Veltroni l’ha fatto su Berlinguer, no?». O magari per finanziare le vittime di destra: «Penso alla famiglia Mattei. Si potrebbe fare come una nostra legge Bacchelli». In ultima istanza, ma solo in ultima, «c’è anche l’ipotesi di ridarli allo Stato: del resto sono il frutto di finanziamento pubblico».
Tutto, spiega, tranne, «l’assalto scomposto ai soldi di An»: «Fini è meglio che stia lontano, dopo quello che ha fatto con la casa di Montecarlo. Poi ieri ho parlato con Donna Assunta. Qualcuno dirà: quanti iscritti ha? Ma Stalin diceva del Papa: quante divisioni ha? Consiglio sobrietà e prudenza».
Massimo Corsaro fino a quattro mesi fa faceva parte di Fratelli d’Italia. Non solo condivide la tesi di chi nega la possibilità che la Fondazione diventi un partito, ma contesta anche la gestione di questi anni: «Il cda non ha fatto nulla. E ha perso soldi. Ha messo a disposizione del commissario liquidatore di An 12 milioni, quando le passività erano solo di 600-700 milioni. Ha sperperato in spese legali. E mantiene un giornale morto, il Secolo d’Italia, che ci costa 2 milioni all’anno. E che dà lo stipendio a ex parlamentari, come Landolfi, Moffa e Bocchino e a parenti di altri parlamentari».
Insomma, lo scontro è solo cominciato. E l’atto finale sarà il 3 ottobre (non il 17 luglio come avevano chiesto alcuni). Ma il punto dirimente lo decideranno i giuristi: la Fondazione può tornare associazione, e quindi partito, oppure non è nella disponibilità dell’assemblea una decisione del genere?