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 2015  maggio 29 Venerdì calendario

Il vero guaio di Blatter? Gli sponsor in rivolta dopo lo scandalo. I marchi minacciano di tagliare quei contratti che portano alla Fifa più del 30 per cento degli incassi. La Adidas pensa seriamente ad altri investimenti: «La reputazione della Fifa sta diventando un rischio per il brand»

Non sono i voti a preoccupare Blatter, quelli li sa ancora gestire ma c’è un fronte che non ha modo di combattere perché si muove su un terreno che il Supremo non conosce e soprattutto non controlla. Fuori dalle sale vellutate dei grandi alberghi e dentro una rete sfuggente. Il nemico si chiama Guerrilla marketing. È il regno dell’antilogo, dove la creatività trasforma il messaggio delle pubblicità in graffiante accusa e per Blatter è praticamente l’anticristo perché decontestualizzare il marchio significa cancellare l’assegno. I Mondiali sono l’evento più visto e più pagato al mondo, ma nessun concentrato di interesse può valere la svalutazione che rischiano oggi gli sponsor legati alla Fifa.
Contropubblicità
Anche i marchi nel loro enorme potere si incavolano, e qui siamo alla minaccia di tagliare i contratti, alla rivolta anche se ancora foderata di parole attente, però tutte a doppio taglio, piene di imperativi travestiti da mansueti condizionali: «Se la Fifa non recupera la reputazione ce ne andiamo». È la minaccia più esplicita, firmata Visa uno dei partner Fifa, tra otto nomi che hanno diritto esclusivo in ogni manifestazione. Il panel è a numero chiuso, di solito chi riesce ad entrarci vuole solo mantenere la posizione ed è disposto a rialzare l’offerta di frequente pur di restare nel gruppo. L’esclusiva di questi tempi non è più così ambita, un conto è reggere l’urto di inchieste scomode e assegnazioni discutibili, un altro è essere associati a un’organizzazione corrotta.
La Guerrilla marketing punta sui diritti umani, mantiene gli slogan però ridisegna lo spot in modo che il coinvolgimento appaia subito diretto. Le contropubblicità c’erano anche prima, solo che l’inchiesta sulla corruzione ha funzionato da detonatore. Negli ultimi due giorni i marchi Fifa sono diventati bersaglio: parodiati, beffeggiati e molto contrariati. Persino la potentissima Coca Cola, che accompagna la Coppa del Mondo dal 1950 e riesce ad abbinare il proprio jingle addirittura a Babbo Natale, ha ammesso di essere «preoccupata» e soprattutto di essersi «lamentata più volte». Siamo oltre il primo avviso.
Blatter ieri non era confuso perché improvvisamente ha scoperto la coscienza, ha perso il sonno perché riceve telefonate furenti da chi di fatto gli permette di stare in una suite da 900 euro a notte. Addirittura prima di trovarsi in un’improbabile minoranza potrebbe scoprire che esiste chi può licenziarlo.
Tre hanno già salutato
Il cartello degli sponsor porta alla Fifa più del 30 per cento degli incassi, pagano e occupano il perimetro mondiale dove non si può bere bibita al di fuori da quella scelta dall’organizzazione e non si può mangiare panino che non sia stato approvato. Birra unica al Fan Fest e carta di credito obbligatoria. È una copertura a tappeto eppure hanno già calcolato il costo della rinuncia. Significa che davvero i marchi temono il crollo del gradimento.
Chiunque sia legato alla Fifa si porta dietro le parole corruzione, sfiducia, frode. Tutto quello da cui la pubblicità scappa e ovviamente la guerriglia approfitta del momento di debolezza per intensificare gli attacchi. C’è chi già prima dell’ultima inchiesta aveva tagliato i rapporti: Castrol, Continental e Johnson & Johnson hanno deciso di cambiare aria. La Adidas pensa seriamente ad altri investimenti: «La reputazione della Fifa sta diventando un rischio per il brand». In casa Fifa non si respira e stavolta pure Blatter ha il fiato corto. Teme che possa arrivargli il conto della suite.