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 2015  maggio 28 Giovedì calendario

Padre Najeeb, che ha salvato i reperti di Mosul sfidando le pallottole dell’Isis. È fuggito a Erbil con i preziosi manoscritti: «Li ho nascosti in Kurdistan, tornerò là». Le copie in mostra a Parigi

La sera del 6 agosto 2014 padre Najeeb, domenicano, intuì che bisognava fuggire. E subito. Aveva ragione: i 4x4 polverosi dell’Isis, con il loro bagaglio di isteria, di lì a due ore avrebbero sgommato davanti alla casa nei dintorni di Qaraqosh, nel nord dell’Iraq, dove Najeeb e gli altri monaci si trovavano in quel momento. «Dovevamo raggiungere Erbil, nel Kurdistan: mettere in salvo noi e i nostri manoscritti». Iniziò una notte di ansia, corse in auto e a piedi, proiettili sibilanti nell’aria. Pianti e preghiere. «Non la dimenticherò mai».
In questi giorni padre Najeeb (all’anagrafe Najeeb Michael) si trova a Parigi. Ha portato qui alcuni di quei manoscritti, testi preziosi dell’antica Mesopotamia, in certi casi del tredicesimo secolo. In realtà sono riproduzioni perfette, «ho preferito lasciare gli originali in un posto sicuro, in Kurdistan». Sono esposti agli Archives Nationales, con altri documenti antichi, testimonianza di quella culla della civiltà, dove si inventò la scrittura 5mila anni fa. I domenicani vi arrivarono alla metà del Settecento. Costruirono un monastero sulle alture di Mosul, bagnata dal Tigri, dove convivevano cristiani, musulmani, ebrei, yazidi. «Non volevano convertire nessuno – ricorda padre Najeeb -, solo raccogliere i frutti di un passato glorioso, preservarli per l’umanità. Subito crearono una biblioteca. E fondarono scuole aperte a tutti, anche ai musulmani».
Il nascondiglio
Quell’eredità padre Najeeb si è ritrovato tra le mani, amanuense dei tempi moderni. Perché ormai una delle attività dei domenicani è digitalizzare gli antichi documenti trovati in zona. «Lo abbiamo fatto per più di 8mila. La metà degli originali è già andata persa, distrutta dai fanatici dell’Isis». La biblioteca del monastero, invece, ne conserva 809, pezzi unici, tanti in lingua siriaca, l’antico idioma dei cristiani d’Oriente. Restarono nel convento di Mosul fino al 2007. «Poi hanno iniziato a tirare bombe contro l’edificio: siamo dovuti andare via». Oggi il monastero è stato convertito dagli jihadisti in carcere e sala di tortura. Najeeb aveva spostato progressivamente opere d’arte e testi vicino a Qaraqosh, 35 km a nord-est di Mossul, «senza dare nell’occhio», fino al trasferimento definitivo.
Najeeb e gli altri monaci ci rimasero fino a «quella» notte, anche quando, nel febbraio 2014, guardarono il video con i guerriglieri di Al Baghdadi che distruggevano il toro alato Nergal con un martello pneumatico, al museo di Mosul. Già prima del 6 agosto scorso il padre aveva trasportato un bel po’ di «materiale» al di là della frontiera con il Kurdistan.
Scappati nella notte
Ma quella sera lui e altri tre fratelli domenicani partirono su due macchine, con il carico più prezioso. «Bisognava percorrere una settantina di chilometri fino a Erbil. Ma ci mettemmo tutta una notte, perché il traffico non andava avanti: migliaia di cristiani stavano scappando. Anche noi caricammo vecchi, donne e bambini, completamente spaesati. Si sedettero sopra i manoscritti, ignari di tutto». A un certo momento si ritrovarono in mezzo ai combattimenti. «Sparavano da ogni parte. E abbiamo visto vicino le grosse auto di Isis, con la bandiera nera». Chi urlava, chi pregava. Najeeb impassibile.
«Siamo arrivati alla frontiera e fortunatamente i curdi ci hanno fatto passare. Ma senza macchina. Io ho iniziato a distribuire a tutti le scatole con i manoscritti, anche ai bambini». Najeeb non lo racconta ma gli altri monaci hanno iniziato a spazientirsi, a dirgli che era la solita sua pazzia. Ma alla fine camminando sono arrivati dall’altra parte, in salvo.
«Ricostruiremo tutto»
Najeeb dice di lui che è un «uomo di confine». I suoi genitori erano cristiani del Kurdistan, provenienti dalla zona limitrofa alla Turchia. «Ma io sono nato a Mosul, che è una città di frontiera tra diverse religioni, etnie, culture». Nella sua precedente vita ha lavorato come tecnico nei giacimenti di petrolio, «ma a 24 anni ho raggiunto l’ordine dei domenicani». Studi a Parigi e poi via in quel convento, nella sua Mosul. Mostra fiero uno dei manoscritti esposti a Parigi, che riproduce un commento di Averroè al trattato di medicina di Avicenna, medico e filosofo musulmano: serviva già nel Medio Evo agli studenti a memorizzare i grandi principi medici. A breve Najeeb ripartirà per il suo covo segreto in Kurdistan. «Si trova a una trentina di chilometri dal territorio controllato dall’Isis». Padre Najeeb ha un sogno. Uno solo. «Ritornare un giorno a Mosul. Troveremo case e chiese saccheggiate, forse distrutte. Non importa. Ricostruiremo tutto».