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 2015  maggio 28 Giovedì calendario

Roma, auto con tre rom in fuga travolge la folla a 180 all’ora: una donna uccisa, otto feriti. La vettura non rispetta un posto di blocco. Fermata una nomade minorenne, si cercano gli altri due. La rabbia del quartiere, Primavalle: «Hanno superato ogni limite, non vogliamo più i loro campi»

Corriere della Sera,

Di Corazon rimane una scarpa, una ballerina bianca, schiacciata sull’asfalto. Il corpo della colf filippina è coperto da un telone bianco al centro di via Mattia Battistini, a Primavalle. Attorno a quella scena dell’orrore ci sono le ambulanze ancora ferme per caricare i feriti. Il silenzio è irreale ma dura poco. «I rom via di qui, subito!», grida una donna fra la folla che assiste ai rilievi della polizia e dei vigili urbani. Proprio in quel momento sulla lettiga se ne lamenta un’altra. Si chiama Tautana Egueie Alvarez, colf filippina di 38 anni.
È ferita alla testa e alle gambe, non fa altro che chiedere della sua amica Corazon Perez Abordo, 44 anni, anche lei collaboratrice domestica. A ucciderla ieri sera alle otto davanti alla stazione della metropolitana, affollata come sempre, sono stati tre nomadi dell’insediamento di via Cesare Lombroso, a Monte Mario Alto, fuggiti all’alt della polizia dopo che gli agenti si erano insospettiti perché procedevano zigzagando. Quello al volante ha schiacciato il piede sull’acceleratore e la vecchia Lybra grigia – intestata a un altro rom che risulta proprietario di 20 veicoli e che abita in un altro campo del quartiere, quello della Monachina, sull’Aurelia – è schizzata in avanti falciando Corazon, Tautana e altre sette persone. Una carneficina. La filippina, poi deceduta sul colpo, è stata vista volare sul tettuccio della Lancia e ricadere a terra. «Come una bambola di pezza», racconta un testimone.
I tre assassini, due uomini e una donna – Maddalena H., 17 anni, parente del proprietario della Lybra – sono fuggiti senza guardarsi indietro. Sono arrivati in via di Montespaccato e hanno lasciato l’auto. L’unica a perdere tempo è stata proprio la diciassettenne bloccata dalla polizia e portata in commissariato. Ha anche tentato di reagire e un poliziotto si è fatto male a una gamba. La giovane è stata fermata per concorso in omicidio e lesioni gravissime. Per tutta la notte la polizia ha dato la caccia ai suoi complici, fuggiaschi nell’immenso sottobosco clandestino della Capitale, ma anche organizzato vigilanze nella dozzina di campi autorizzati della Capitale: c’è il timore di rappresaglie. I soccorsi davanti alla metropolitana sono stati immediati: i quattro feriti più gravi, due uomini e due donne, fra i quali una studentessa francese di 24 anni, Sarah Livet, sono stati portati al San Camillo e al Policlinico Gemelli. Altri quattro, compresi due poliziotti, sono stati ricoverati al San Carlo di Nancy e al Santo Spirito. Gli agenti, in particolare, si trovavano su uno scooter e hanno assistito in diretta alla tragedia. Hanno inseguito la Lancia, si sono messi di traverso con il motorino per fermarla, ma sono stati travolti anche loro. Eroi in una serata di sangue.
Rinaldo Frignani

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la Repubblica

«Radiamo al suolo questi maledetti campi nomadi. Questa gente va cacciata dall’Italia». Era prevedibile, bastava una scintilla per fare esplodere la bomba dell’intolleranza che da tempo cova nelle periferie romane. Il casus belli è stato offerto su un piatto d’argento ieri sera in uno dei quartieri a Nord della città, Primavalle, una zona di palazzine basse abitate gente del popolo. «Io sono di sinistra, ma da oggi mi considero un comunista razzista». A parlare è Sergio Paciucci, capello alle spalle e camicia verde militare: «Pare che la polizia abbia inseguito i rom che hanno causato questo disastro sino a Torrevecchia e che gli agenti abbiano dovuto anche sparare. Ma tanto questi torneranno per strada in un batter d’occhio. Lo sa cosa significa? Che questi fanno come gli pare».
A interrompere il sessantenne è un adolescente appena arrivato in motorino sul luogo dell’incidente. Prima di parlare non leva neanche il casco: «Qua la soluzione è una sola bisogna ucciderli tutti. Bruciarli quando sono ragazzini, tanto il loro futuro è nella nostre case, a rubare». Sergio scuote la testa, per un attimo quasi in segno di approvazione, poi fa un passo indietro: «La verità è che mi dispiace per la polizia. Questi ragazzi prendono due lire – continua guardando gli agenti impegnati nei rilievi – e poi vedono il loro lavoro sempre vanificato. Non si può più fare, penso anche alla signora che hanno ucciso. Avrà avuto una famiglia, qualcuno che la aspettava a casa. Fa rabbia: sono sempre loro, i rom».
I rom vengono dal campo di Casal Lumbroso, non autorizzato ma comunque tollerato dal Comune di Roma. Si trova a poche centinaia di metri dalla stazione metro, dall’asfalto su cui ieri sera ha perso la vita una filippina di 44 anni. L’idea di far sentire la propria voce, magari proprio davanti al campo rom, in nottata ha iniziato a serpeggiare pericolosamente tra le decine di residenti che si sono riversate in strada. «Se semo stancati – sbotta in romanesco Marco Accorinti, che abita a pochi isolati di distanza dal luogo della tragedia – quando ho visto le volanti e le ambulanze ho fatto uno più uno, non potevano che essere stati i nomadi che vivono qui vicino. Negli ultimi tempi hanno fatto visita a diverse case del quartiere. E anche questa volta hanno confermato di non sapersi integrare. Ma ora basta, hanno superato ogni limite».
La tensione contro i rom è salita alle stelle in tutta la città già da tempo. Domenica scorsa a Ponte di Nona, periferia est di Roma, si è riunita una settantina di associazioni di quartiere per chiedere la chiusura di tutti i campi rom della capitale. Mille persone hanno marciato per chilometri sventolando bandiere tricolori e promettendo di organizzare presto una nuova manifestazione questa volta sotto al Campidoglio. «A questo punto mi dispiace di non essere andato – ammette Ernesto Meta, un altro residente – perché senza i nomadi vivremmo in una città più sicura. Sono sempre pronti a metterti le mani nel portafoglio in metro e poi, proprio qui vicino, qualche settimana fa hanno ucciso un gay nel Parco di Pineta Sacchetti. Alla fine gli hanno portato via un orologio da poche decine di euro. Sono delle bestie».
Un’altra delle proposte di chi ieri commentava l’incidente in strada è quella di allestire un sistema di ronde all’interno dei quartieri. «Purtroppo le forze dell’ordine non bastano e dobbiamo fare qualcosa per difenderci da chi vive sempre ai limiti o ben oltre la legalità».
Lorenzo D’Albergo