Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  maggio 28 Giovedì calendario

Ancora uno scandalo alla Regione Sicilia: trenta voti pagati 150 euro. Cinque arresti a Palermo. Ai domiciliari per corruzione elettorale due deputati regionali e un ex: «Così fanno tutti». Alle elezioni del 2012 anche pacchi di pasta e buste di latte, sottratti ai poveri, in cambio di preferenze

I pacchi di pasta e le buste di latte sono state il motore della campagna elettorale per le Regionali 2012. Con le fette biscottate, il parmigiano e tanti barattoli di legumi. Tutta merce con marchio “Aiuti Ue-prodotto non commercializzabile” che sarebbe dovuta finire nelle case delle famiglie povere grazie al “Banco delle Opere di carità”. Invece, un dipendente infedele dirottava quintali di merce a un insospettabile ras del voto, un anonimo dipendente dell’azienda trasporti cittadina, Giuseppe Bevilacqua. È stato lui il più corteggiato dai big della politica siciliana alle prese con la corsa all’Ars. Perché Bevilacqua era mister 1.100 voti, tanti ne aveva presi qualche mese prima alle Comunali (senza però ottenere l’elezione).
Nino Dina dell’Udc, Roberto Clemente di Pid-Cantiere popolare, e Franco Mineo di Grande Sud hanno corteggiato Bevilacqua con inviti a pranzo nei migliori ristoranti. E con tante promesse, che sono state però fatali. Bevilacqua era intercettato dai finanzieri del nucleo speciale di polizia valutaria per i suoi rapporti con i boss, e ieri i tre politici sono finiti ai domiciliari per corruzione elettorale. Dina è presidente della commissione Bilancio dell’Ars, Clemente è uno dei deputati più influenti. È andata male a Mineo, che non è stato eletto. L’inchiesta coordinata dal procuratore Franco Lo Voi e dall’aggiunto Vittorio Teresi porta ai domiciliari anche Bevilacqua e un maresciallo della Finanza, Leonardo Gambino, che avrebbe controllato se il ras dei voti era indagato. Ora il militare è accusato di corruzione.
Bevilacqua si era fatto prudente negli ultimi tempi. Ma continuava a vantarsi di potere acquistare nelle periferie pacchetti di trenta voti con 150 euro. E, in effetti, frequentazioni con i mafiosi ne aveva parecchie. «Il capo elettore è lui», diceva del boss Calogero Di Stefano. Il giorno in cui l’arrestarono, Bevilacqua commentò: «Mi manca accanto una grande persona». Ai mafiosi, Bevilacqua fece avere un finanziamento di 20 mila euro per la festa del quartiere e una ventina di assunzioni. «Ma per il gip non è voto di scambio – sbotta Teresi – il gip ha considerato la nuova norma più favorevole all’imputato».
La forza di Bevilacqua erano anche i suoi due patronati e una rete di associazioni. In campagna elettorale, i generi alimentari per i poveri erano merce di scambio. Negli altri periodi, i “sacchetti” venivano venduti a un euro.
Intanto, i politici continuavano a fare promesse a Bevilacqua. Mineo diceva, con il piglio del politologo: «Ritengo che l’ingresso tuo sia determinante, ma non sconvolge i nostri equilibri, li integra». Un giorno, però, si accorse che il ras dei voti faceva promesse a troppe persone. E si arrabbiò. A Bevilacqua interessavano solo le dimissioni di Clemente, per entrare al consiglio comunale: «Questo regalo me lo fai?». Ma Clemente lo invitava alla pazienza: «Parli assai». Ora, all’Ars è bufera. Crocetta ha già scaricato Dina: «Non fa più parte della maggioranza». Per i 5Stelle «la Sicilia è in emergenza morale».