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 2015  maggio 26 Martedì calendario

L’Italia, la Grecia, la Spagna e i timori di un contagio. Il nostro Paesecresce poco e male e ha il secondo debito/Pil nell’Eurozona, dopo quello di Atene. Per colpa di questi due enormi buchi neri, l’Italia è vulnerabile anche quando “fa i compiti in casa”, il suo governo si impegna seriamente sul fronte delle riforme strutturali, il Tesoro tiene sotto controllo i conti pubblici e la recessione è alle spalle. Come ora

L’Italia cresce poco e male, comunque sotto la media europea da troppo tempo, e ha il secondo debito/Pil nell’Eurozona, dopo quello della Grecia. Per colpa di questi due enormi buchi neri, l’Italia è un Paese vulnerabile anche quando “fa i compiti in casa”, il suo governo si impegna seriamente sul fronte delle riforme strutturali, il Tesoro tiene sotto controllo i conti pubblici e la recessione è alle spalle. Come ora.
L’avanzata dei partiti di protesta in Europa, da ultimo l’ascesa in Spagna di Podemos, e i consensi raccolti a macchia di leopardo dall’anti-europeismo, possono minare le prospettive di crescita del Pil europeo con un aumento dell’instabilità politica. E questo danneggia le prospettive di crescita dell’Italia. La pessima gestione della crisi greca, incentrata sul debito pubblico e il pagamento puntuale e integrale dei creditori, ha inevitabilmente una ricaduta negativa sull’Italia indebitata. Quel contagio tra Paesi periferici che la Bce sta tentando di neutralizzare in tutti i modi, dal “Whatever it takes” di Mario Draghi (le OMTs) al quantitative easing da 1.140 miliardi, resta, si vede meno rispetto al 2011-2012 ma c’è, in forma strisciante: se il Pil europeo rallenta per colpa dell’instabilità politica nei Paesi chiave, l’Italia ne paga le conseguenze perchè il suo Pil, già malconcio, peggiora. E se non si trova una soluzione sostenibile e credibile ai problemi di liquidità e/o solvibilità di un Paese con altissimo debito pubblico come la Grecia, al punto da far riaffiorare continuamente dagli abissi il mostro della “exit”, la preoccupazione dei mercati non può che debordare sull’Italia, a tutt’oggi alle prese con un debito/Pil eccessivo.
L’incertezza è la bestia nera dei mercati: gli investitori istituzionali e privati, i trader, gli arbitraggisti, gli speculatori puri tollerano la recessione, purchè sia tracciato in maniera credibile il percorso per uscirne e per tornare alla crescita. E chi acquista bond è consapevole di esporsi al rischio di default del debitore, purchè le regole del gioco siano chiare e trasparenti nel caso di bancarotta: quale la perdita potenziale da mettere in conto, come si può recuperare il capitale. L’esito delle elezioni in Spagna, con la vittoria dei partiti di protesta ai quali i mercati abbinano ampi margini di imprevedibilità, e il calvario infinito della Grecia aumentano l’incertezza sul futuro dell’Europa (quale Europa, con quali regole?) e dell’euro. E l’Italia rischia di pagarne le conseguenze perchè vulnerabile.
I mercati tuttavia sono più disposti ora, rispetto agli anni bui 2011 e 2012, a dare all’euro e all’Italia il beneficio del dubbio, favorevole allo scenario migliore. Gli Stati Uniti d’Europa non esistono ancora e l’Italia deve riuscire a rafforzare la sua crescita potenziale per abbattere il debito pubblico. Ma i progressi fatti negli ultimi anni sono tangibili, non sono cancellati da Spagna e Grecia. L’Europa si è dotata dei fondi salva-Stati, con una potenza di fuoco congiunta da 700 miliardi, ha avviato l’Unione bancaria e la creazione del Mercato dei capitali unico e ha attivato nuovi strumenti per finanziare la crescita con il Piano Juncker. La Bce lavora a pieno ritmo: le OMTs sono pronte all’uso nel cassetto del Presidente di Eurotowers e intanto le banche centrali dell’Eurosistema acquistano i titoli dei 19 stati che collocano debito in euro, comprando tempo per gli Stati che sono indietro nell’implementazione delle riforme strutturali. Le regole europee di rigore sui conti pubblici hanno introdotto infine criteri di flessibilità e margini di manovra per tener conto delle crisi e dei rallentamenti dell’economia.
E sull’Italia inizia a manifestarsi sui mercati un timido ottimismo, dato da un periodo relativamente lungo e preannunciato di stabilità politica e un programma di riforme strutturali vasto che marcia di pari passo con la tenuta dei conti pubblici.
È una fase delicata, per l’Eurozona e per l’Italia perchè le fragilità strutturali restano. I mercati stanno a guardare: sono tesi ma per ora senza panico. Si aspettano che Europa e Italia traccino un percorso chiaro per il futuro: i partiti di protesta devono dare voce al malcontento della popolazione in un sistema democratico ma i mercati non sono tranquilli se a ogni elezione tutto, dalle fondamenta, rischia di essere rimesso in discussione. E lo stesso vale per il debito pubblico: se la crisi della Grecia dovesse risolversi con un default disordinato, se non addirittura con l’uscita di Atene dall’euro, per i mercati questa sarebbe la prova provata che l’Eurozona è un luogo imprevedibile e inaffidabile: l’Italia ne verrebbe travolta.