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 2015  maggio 26 Martedì calendario

Polonia, cosa cambierà in Europa con la presidenza nazionalista di Duda. Dalla cooperazione a rischio alla politica estera, passando per la crisi di unità che già attraversa la Ue

Il primo atto da presidente eletto è stato piazzarsi davanti a una stazione della metro di Varsavia e offrire caffè ai passanti. Andrzej Duda inaugura così il nuovo corso di una Polonia divisa che cerca di tenere insieme i pezzi. Un segnale di unità all’indomani di un’elezione che ha messo a nudo le fragilità del Paese motore del Centro-est europeo, allarmando i mercati e avvicinando la prospettiva di un ritorno dei nazionalisti euroscettici al potere.
Il più veloce a congratularsi, senza attendere i risultati definitivi, è stato il presidente russo Vladimir Putin, con un telegramma che auspica «lo sviluppo di relazioni costruttive basato sul rispetto dei reciproci interessi» e che sa di provocazione. Il partito di Duda, Diritto e giustizia guidato da Jaroslaw Kaczynski, ha sempre agganciato l’esaltazione dell’identità polacca all’epos della resistenza all’invasore: russo a Est, tedesco e poi europeo a Ovest. Il secondo messaggio, ieri, dalla cancelliera Angela Merkel.
Non sono le ricadute immediate ad allarmare l’Europa, anche perché occorrerà aspettare le elezioni politiche di fine ottobre per capire se la svolta conservatrice delle presidenziali sia tanto profonda da chiudere l’epoca di stabilità del governo liberale di Piattaforma civica, il più longevo nella storia della Polonia democratica post ’89. Il cambiamento di clima a Varsavia, saldato alle spinte centrifughe di Stati come Regno Unito o Ungheria, aggrava però la crisi di unità che attraversa la Ue. Nel 2005 l’elezione alla presidenza di Lech Kaczynski (morto nel disastro aereo di Smolensk del 2010) aveva spianato la strada al gemello Jaroslaw, che assunse la guida del governo nel 2006, per passarla nel 2007 a Donald Tusk. Tormentati, in quegli anni, i rapporti con i vicini e le istituzioni europee. Emblematica l’opposizione di Jaroslaw al sistema europeo di voto a doppia maggioranza e la richiesta di includere nei calcoli demografici i sei milioni di vittime polacche del nazismo e della guerra. Ora Kaczynski rivuole il governo, in un’Europa che chiede sempre più agli Stati di condividere rischi e responsabilità di fronte a crisi come l’emergenza migranti nel Mediterraneo.
Sulle priorità in politica estera Duda è stato chiaro: attenzione al fronte orientale, con il conflitto ucraino in primo piano; pugno di ferro con Mosca; approfondimento della relazione, storicamente privilegiata dalla Polonia, con gli Stati Uniti. Il nuovo capo di Stato, che si insedierà il prossimo 6 agosto, ha più volte invocato il rafforzamento delle difese Nato in funzione anti-russa.
La spinta che ha portato il giurista 43enne di Cracovia alla presidenza viene soprattutto dai settori esclusi dalla crescita degli ultimi anni. La Polonia, sesta economia europea, è il solo Paese ad aver evitato la recessione prodotta dalla crisi avviata nel 2007. Duda si è rivolto a quanti hanno visto scendere i salari e aumentare le disparità mentre intorno il sistema capitalista spandeva i propri frutti; agli agricoltori orientali penalizzati dal blocco dell’export verso la Russia; ai giovani emigrati. A loro era diretto il messaggio protezionista che invocava tasse per le banche straniere e le grandi catene internazionali di supermercati. Richiami alla difesa degli interessi della nazione in linea con i programmi del premier ungherese Viktor Orbán.
Forte di un profilo socialmente conservatore e schierato sulle posizioni più intransigenti della Chiesa cattolica polacca, Duda promette battaglia sulla legge per regolamentare la fecondazione in vitro. La premier Ewa Kopacz ha tentato di scongiurare il pericolo di paralisi istituzionale dicendosi pronta a cooperare senza strappi fino alle politiche. Travolto dai recenti scandali, il partito di governo è sempre più identificato con la classe del privilegio sconnessa dalle esigenze del Paese.
Ieri Duda ha visitato il santuario di Czestochowa, dove si venera la Madonna nera tanto cara ai polacchi. L’icona ha sempre accompagnato Lech Walesa, che ha commentato il voto con la consueta franchezza, «quando le cariche pubbliche sono occupate troppo a lungo dalle stesse persone si allenta il legame tra popolo e potere. E vincono i giovani lupi».