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 2015  maggio 26 Martedì calendario

Analisi di uno strano derby, sonnolento, con picchi di adrenalina quelle poche volte che s’è acceso. Con una Roma che aspetta e una Lazio che ha fatto di più per vincere ma si ritrova sconfitta. Napoli, intanto, ringrazia

Un derby strano, teso (8 ammoniti) eppure sonnolento, con picchi di adrenalina quelle poche volte che s’è acceso. Un derby crudele per la Lazio, che ha fatto di più per vincere e si ritrova, sconfitta, a giocarsi il terzo posto e l’accesso alla Champions sul campo del Napoli. A 5’ dalla fine, il pareggio avrebbe portato in Champions sia la Roma sia la Lazio, e non sarebbe stato uno scandalo per entrambe accontentarsi di quel prezioso punto. Ma un derby è una partita a sé, anche psicologicamente. I due capitani, Mauri e Totti, peggiori in campo.
Lazio che fa la partita, Roma che si difende con un certo ordine. Klose che di testa manda fuori una clamorosa palla-gol. Poteva essere la svolta. Il possessopalla (64 a 36% per la Lazio) non dice molto, De Sanctis ha svolto un lavoro d’ordinaria amministrazione. La Roma perde tempo su ogni rimessa laterale. Aspetta. È una sua scelta, che si rivelerà vincente. Sembra giù di corda. Quando Florenzi riesce a partire in contropiede, arriva sul fondo e guarda in area, non vede nessun compagno. Totti occupa una posizione da centravanti puro e non combina nulla di buono, forse condizionato da un cartellino giallo nei primi minuti. La sua creatività si svilupperà nella stucchevole esibizione di magliette, a fine gara. In realtà, la Roma cambia faccia, sostanza e partita quando esce Totti, entra Ibarbo e Iturbe passa al centro. Il resto lo fa Pjanic. Garcia ha il merito di aver pensato due versioni della Roma: una prudente, attendista e, una volta trovati spazio e profondità, più aggressiva. Se nel primo tempo la ribalta se l’erano presa Nainggolan e Florenzi, oltre a una buona copertura difensiva, negli ultimi venti minuti si torna a vedere una squadra compatta.
Compatta e vincente, anche se il pareggio sarebbe stato il risultato più giusto. Giochi del caso, gol di Iturbe, che fino a ieri sembrava un ottimo affare, ma per il Verona, e di un difensore, Yanga-Mbiwa, non marcato da Djordjevic. Subentrato a Mauri, aveva segnato un temporaneo pareggio che pure aveva un’aria definitiva. Perché rischiare di perdere negli sgoccioli di partita quando un punto accontentava tutti e non avrebbe certo fatto mugugnare i tifosi? Perché il calcio è anche questo. Napoli, intanto, ringrazia.