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 2015  maggio 26 Martedì calendario

La Tunisia, il buco nero della jihad globale. Suo il record mondiale di foreign fighters: 3.000. Ieri un caporale dell’esercito è riuscito a fare una strage uccidendo sei militari e ferendone decine nella caserma che presidia il centro di Tunisi proprio per impedire atti terroristici

C’è qualcosa di marcio in Tunisia: ieri, un caporale dell’esercito è riuscito a fare una strage uccidendo sei militari e ferendone decine nella caserma che presidia il centro di Tunisi proprio per impedire atti terroristici. La versione ufficiale è che «non è stato un atto terroristico». Può darsi che sia vero, ma resta il problema: la caserma Bouchuocha, in cui è avvenuta la strage, situata a poche decine di metri dal museo del Bardo, ospita la Brigata antiterrorismo e la direzione generale delle unità d’intervento, nonché il più grande centro di detenzione cautelare del Paese. Per di più, le forze di sicurezza tunisine sono in stato di allerta da marzo, quando tre jihadisti hanno attaccato il museo del Bardo uccidendo una ventina di turisti stranieri.
Come è stato dunque possibile che le forze di sicurezza tunisine non siano state in grado di fare fronte a uno «squilibrato» -versione ufficiale- che entra disarmato (era stato espulso dall’esercito) nella caserma, si impadronisce di un arma e fa una strage? Strage che termina non quando l’attentatore è ucciso dalle forze di sicurezza, ma solo quando si toglie la vita da solo?
Come si vede, gli interrogativi sono molti, per ultimo, ma non ultima, la sospetta fretta con cui il governo tunisino ha escluso una pista terroristica. Il tutto, sommato ai dubbi sempre più forti sulla «operazione antiterrorismo» che ha portato all’arresto in Italia del marocchino Abdel Majid Touil, accusato di essere coinvolto nell’attentato al Bardo. A tutt’oggi le autorità tunisine non hanno offerto prove del coinvolgimento del Touil nell’attentato, limitandosi a negare l’ipotesi che appariva come più probabile: uno scambio di persona.
Tornando alla strage nella caserma Bouchuocha, la memoria non può che andare alla identica prima versione dei fatti fornita dalle autorità militari americane il 5 novembre 2009, a fronte di una strage dalle dinamiche simili. Nidal Hasan, ex psichiatra dell’esercito Usa, di origine palestinese, quel giorno uccise a colpi di mitra nella caserma di Fort Hood, 13 militari americani, fu definito in un primo tempo «uno squilibrato». Passati pochi giorni emerse la verità: era un jihadista convertito al terrorismo dall’imam Anwar Awlaki – lo stesso che ha ispirato gli autori della strage di Charlie Hebdo -, urlava durante la strage “Allah è grande” e aveva sparato per motivazioni palesemente politiche.
Probabilmente, in Tunisia, la verità sulla strage di ieri non si saprà mai e si infittirà la cappa di sospetti sull’inefficienza dei sistemi di sicurezza nel primo paese che ha vissuto una «primavera araba». Certo è che i 3 anni di governo dei Fratelli Musulmani di Ennhada, hanno non solo indebolito in generale tutti gli apparati di sicurezza, ma hanno anche permesso che simpatizzanti della Fratellanza si infiltrassero a tutti i livelli delle forze di contrasto al terrorismo. Per questo è la Tunisia il Paese di transito preferenziale per i viaggio da e per i territori del Jihad dei foreign fighters che vanno e vengono dall’Europa.
La piccola Tunisia vanta il record mondiale di foreign fighters: ben 3000. Segue, a distanza, l’Arabia Saudita con 2.500.