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 2015  maggio 26 Martedì calendario

La notte che il Bergoglio promise alla Virgen del Carmen di non guardare mai più la tv. Era il 15 luglio 1990. Ma anche senza il piccolo schermo Papa Francesco resta informatissimo: a Santa Marta persone di fiducia gli portano articoli di giornale o gli raccontano degli avvenimenti di tutti i giorni. Altre notizie gli giungono via mail. Gli addetti alla segreteria, invece, gli segnalano ciò che riferiscono i media. Un lavoro puntuale che gli permette di mantenere una certa distanza da un mondo che non sente del tutto suo

Tutto accadde in una lontana notte del 1990. Mancavano due anni alla nomina di Jorge Mario Bergoglio a vescovo ausiliare di Buenos Aires. I superiori del futuro Papa lo avevano “esiliato” a Cordoba. Risiedeva in una stanza di dodici metri quadrati e la sua unica attività era quella di confessore. Fu qui che fece la promessa di non guardare mai più la tv. Fu «una promessa fatta alla “Virgen del Carmen” nella notte del 15 luglio 1990», ha detto lo stesso Francesco l’altro ieri a “La Voz del Pueblo”, giornale locale della cittadina argentina Tres Arroyos, 45mila abitanti in tutto. Una sorta di voto i cui motivi restano imperscrutabili. Difficile dire cosa accadde. «Probabilmente – spiega una fonte a lui vicina – la decisione, che resta personale e intima, fu presa in fedeltà a un assioma a lui caro: per il sacerdote il riposo non è svago, ma tempo propizio per pregare, studiare, stare con Gesù».
A Santa Marta, il convitto dove oggi il Papa abita, i primi tempi c’era una televisione. Era stata posizionata in un piccolo salottino antistante la sua stanza numero 201. Un giorno è sparita. Un’altra tv, invece, dicono sia accesa la domenica mattina vicino allo studio del palazzo apostolico da cui Francesco si affaccia per l’Angelus. Capita che Bergoglio si soffermi lì un minuto, ma non di più. Il Papa è consapevole dell’importanza del mezzo televisivo, capace di arrivare alle grandi masse in modo efficace. E per questo a Buenos Aires fondò una tv cattolica, Orbe 21. Tuttavia, il fatto che diede l’indicazione di non mandare in onda nulla di politico ma soltanto una programmazione «interreligiosa, popolare e umanista», dice molto su come egli consideri la stessa tv e il suo uso.
Anche senza televisione Francesco resta informatissimo. A Santa Marta persone di fiducia, amici o conoscenti, entrano ed escono senza sosta. Non è inusuale che qualcuno gli porti articoli di giornale da leggere, gli racconti degli avvenimenti di tutti i giorni. Da un amico, ad esempio, seppe del programma di Roberto Benigni sui Dieci comandamenti. Non lo vide in tv, ma si fidò del racconto fattogli. E decise di chiamare al telefono il comico per complimentarsi. Altre notizie gli giungono via mail. Ancora le scrive, le mail, di suo pugno agli amici. Chiede notizie, s’informa, suggerisce. Inoltre, spesso, ci pensano gli addetti alla segreteria a segnalargli ciò che riferiscono i media. Un lavoro puntuale, quest’ultimo, che, oltre a informarlo, gli permette di mantenere una certa distanza da un mondo che non sente del tutto suo. «Mi sono detto: non è per me», ha spiegato a “La Voz del Pueblo” a riguardo del suo rapporto con la tv. Quanto alle partite della sua squadra del cuore, il San Lorenzo, ha detto: «Non vedo nulla, c’è una guardia svizzera che ogni settimana mi lascia i risultati delle partite e la classifica». E così accadde anche la scorsa estate, per la finale dei mondiali di calcio.
Ma come vivevano il rapporto coi media i predecessori di Bergoglio? Benedetto XVI concesse poche interviste e soltanto agli organi d’informazione istituzionali del Vaticano. Usufruiva di una rassegna stampa quotidiana ma, di fatto, sfogliava anche i quotidiani tedeschi e italiani, il pomeriggio l’ultima edizione dell’Osservatore Romano, mentre tutte le sere guardava, e ancora oggi è così, il Tg1. In televisione assistette la sera del 13 marzo 2013, da Castelgandolfo, alla proclamazione del nuovo Papa. Si sedette nella stanza tv con un po’ di anticipo. Prima dell’Habemus Papam Bergoglio provò a chiamarlo ma nessuno rispose. Soltanto dopo qualche tentativo andato a vuoto i due riuscirono a parlare.
Fu Giovanni Paolo II a rivelare che in Polonia, al tempo del comunismo, aveva smesso di leggere i giornali perché troppo di regime. Leggeva soltanto il settimanale cattolico Tygodnik Powszechny. «Certo – spiega Gianfranco Svidercoschi, fresco autore di “Un Papa solo al comando” (Tau) – a pranzo e a cena aveva sempre invitati che lo tenevano informato. A volte, però, qualcosa gli sfuggiva. Alla fine dell’84, ad esempio, l’allora vaticanista di Repubblica, Domenico Del Rio, aveva fatto degli articoli negativi sui suoi viaggi. In Vaticano decisero che nel gennaio successivo egli non sarebbe salito sull’aereo papale diretto in Sud America. Chiamai l’Appartamento e mi resi conto che Wojtyla non sapeva nulla: non aveva letto i titoli dei quotidiani che riportavano la notizia del Papa che “caccia dall’aereo il giornalista che lo ha criticato”».
Paolo VI era molto legato al mondo dell’informazione. Figlio di un giornalista, quando veniva criticato sui media si adombrava. Giovanni XXIII, invece, spiega il cardinale Loris Capovilla, suo segretario particolare, «veniva informato dal dottor Alessandrini, vicedirettore dell’Osservatore, su cosa scrivevano i quotidiani. E quando su qualcosa dissentiva, non incolpava il giornalista ma chi lo aveva influenzato».