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 2015  maggio 26 Martedì calendario

Intervista privata a Bergoglio. A Papa Francesco manca la tranquillità di camminare per strada, dice che in Vaticano lo considerano un indisciplinato perché segue poco il protocollo. Ammette di aver pianto in pubblico solo una volta («Parlando delle persecuzioni subite dai cristiani in Iraq»), e di non aver paure («Io sono nelle mani di Dio»), ma chiede solo una cosa: non sentire dolore («perché davanti al dolore fisico sono codardo»). E poi fa sapere che legge solo la Repubblica, che non guarda la tv da 25 anni, che non segue il calcio (ma si fa dire i risultati del San Lorenzo da una guardia svizzera) e che non ha mai visto giocare Messi (anche se lo ha incontrato due volte)

Santità, che cosa le manca della sua vita prima di diventare Papa?
«Uscire per strada. Questo mi manca molto, la tranquillità di camminare per strada. O di andare in una pizzeria a mangiarmi una bella pizza».
Può farsi mandare la pizza a domicilio in Vaticano.
«Sì, ma non è la stessa cosa, la cosa bella è andare lì. A me è sempre piaciuto girare per strada. Quando ero cardinale mi piaceva moltissimo camminare per la strada, andare in autobus, in metropolitana. La città mi affascina, sono cittadino nell’anima».
Qui gira per la città?
«Noooo…. Vado nelle parrocchie… Ma non posso uscire. Immaginate che io esca qui, per strada, cosa si scatenerebbe. Un giorno sono uscito in auto solo con l’autista e mi sono dimenticato di chiudere il finestrino; era aperto e io non me n’ero accorto. Si è scatenato un putiferio… Io stavo nel sedile del passeggero, dovevamo solo venire qui, ma la gente non lasciava avanzare l’auto».
È legato al suo modo di essere.
«È vero che qui mi considerano un indisciplinato, il protocollo non lo seguo molto. Il protocollo è molto freddo, anche se ci sono cose ufficiali che seguo scrupolosamente».
Nell’importante viaggio che ha fatto a Manila la scorsa estate ha parlato dell’importanza di piangere. Lei piange?
«Quando vedo drammi umani. Come l’altro giorno, quando ho visto quello che succede ai Rohingya: viaggiano a bordo di questi barconi in acque thailandesi e quando si avvicinano a terra gli danno un po’ di cibo e di acqua e li ricacciano un’altra volta in mare. Mi commuovono profondamente, questo genere di drammi. Poi, i bambini malati. Quando vedo quelle che qui chiamano “malattie rare”, che sono frutto di incuria ambientale, mi viene una gran rabbia».
Ma le succede di piangere fisicamente, di versare lacrime?
«In pubblico non piango. In due occasioni sono stato quasi sul punto di farlo, ma mi sono frenato in tempo. Ero talmente commosso che qualche lacrima mi è sfuggita, ma ho fatto finta di nulla; e ho aspettato qualche attimo prima di passarmi la mano sul viso».
Perché non voleva che si notasse il suo pianto?
«Non so; non mi sembrava il caso di interrompermi».
Quali erano queste situazioni?
«Ne ricordo una sola: stavo parlando delle persecuzioni subite dai cristiani in Iraq, e mi sono commosso profondamente. Se si pensa ai bambini…».
Di quali cose ha paura?
«In generale non ho paure, anzi tendo a essere temerario, a lanciarmi senza misurare la conseguenze. Quanto agli attentati, io sono nelle mani di Dio: nelle mie preghiere parlo al Signore e gli dico: “Se deve accedere, che accada. Ti chiedo solo una grazia: non farmi sentire dolore”, perché davanti al dolore fisico sono codardo. Il dolore morale lo sopporto, quello fisico no».
Segue tutto ciò che si pubblica?
«No, no. Leggo un solo giornale, La Repubblica, che si rivolge ai settori medi. Lo sfoglio la mattina, per non più di dieci minuti. Quanto alla televisione, non la vedo dal 1990, dopo una promessa che ho fatto alla Vergine del Carmine la sera del 15 luglio 1990».
Per un motivo particolare?
«No, no. Mi sono detto: questo «non fa per me».
Non vede le partite del San Lorenzo?
«No, non vedo nulla in Tv».
E come fa a sapere i risultati?
«C’è una guardia svizzera che ogni settimana mi fornisce i risultati e la classifica».
Tra i vari papi, lei si vedrebbe come un Messi o come un Mascherano?
«Non saprei che dire, dato che non vedo il calcio e non so distinguere lo stile di questi due atleti. Messi è venuto qui due volte, ma non l’ho visto giocare».
Naviga su Internet?
«Per niente. E nemmeno rilascio interviste. Ora è accaduto, è uno stato di grazia. Prima l’idea di incontrare in giornalista mi dava il panico».
Segue gli sviluppi politici in Argentina?
«No, non li seguo affatto. E neppure sono al corrente delle tensioni in atto. So che ultimamente alle amministrative di Buenos Aires ha vinto il PRO, perché l’ho letto sul giornale; ne ha parlato anche Repubblica».
Perché ripete sempre: «Pregate per me»?
«Perché ne ho bisogno. Ho bisogno della preghiera del popolo. È una mia necessità interiore, la necessità che la preghiera del popolo mi sostenga».
Come vorrebbe essere ricordato?
«Come un brav’uomo. Vorrei che dicano: “Era una brava persona che ha cercato di fare del bene”. Non ho altre pretese».

Copyright La Voz del Pueblo Traduzione di Fabio Galimberti e Elisabetta Horvat