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 2015  maggio 26 Martedì calendario

A Londra scatta l’allarme bombe chimiche. Per gli esperti di sicurezza britannici, l’Isis potrebbe usare gas letali nella metro: «Lo hanno già fatto nelle città irachene». L’Iran accusa: «Gli Usa non vogliono sconfiggere i jihadisti». Sondaggio choc di Al Jazeera: pro-Califfo l’80% degli interpellati

Allarme chimico a Londra. La prima pagina del quotidiano Times riportava ieri la preoccupazione di uno dei maggiori esperti nazionali di sicurezza, il generale Hamish de Bretton Gordon, secondo il quale i 700 militanti jihadisti di ritorno dal fronte siriano e da quello iracheno, in Inghilterra potrebbero essere tentati dall’eccessiva facilità con la quale è possibile impossessarsi del cloro. Una bomba al cloro piazzata nel metrò, o in una stazione ferroviaria, potrebbe risultare letale per gli astanti, come si è già visto in attacchi su piccola scala in Iraq.
Sul fronte militare della guerra lanciata dall’Isis, l’attenzione è invece concentrata sulla riconquista di Palmira e Ramadi, i due centri caduti la scorsa settimana nelle mani dello Stato Islamico. Il problema è capire chi è disposto a combattere, e soprattutto con quale ruolo strategico. In Siria al fianco dell’esercito di Assad che si prepara ad attaccare Palmira dopo i bombardamenti aerei del fine settimana, stanno scendendo in campo gli Hezbollah libanesi del gruppo sciita, il cui capo Seyed Hasan Nasrallah pronuncia allo stesso tempo anatemi contro Gerusalemme e contro Washington. Nasrallah ha annunciato anche l’intento di lanciare le sue milizie nella valle libanese della Bekaa, per controllare i gruppi sunniti che da mesi sono in agitazione per riunirsi alle forze jihadiste oltre il confine con la Siria. L’ipotesi spaventa l’ex premier libanese Ssad Hariri, leader del principale partito sunnita del paese, il quale teme l’estensione di una frattura su base religiosa nel suo paese.
L’ALTRO FRONTE
Sul fronte iracheno la stessa contrapposizione è riproposta dalla presenza dei militari dell’Iran sciita, pronti ad affiancare l’esercito di Baghdad nella riconquista di Ramadi. Anche in questo caso l’alleato americano è visto con sospetto, questa volta da Teheran, dove il generale Quasem Soleimani chiedeva ieri: «Possiamo sapere dagli americani a quale distanza da Ramadi si trova il loro più vicino centro logistico? Io sono convinto che gli Usa non hanno nessun interesse a riconquistare la città perduta». In effetti l’amministrazione di Washington non sembra intenzionata a impegnarsi più di quanto ha già fatto. Il ministro per la Difesa Carter e lo stesso Obama hanno lamentato nei giorni scorsi la scarsa determinazione dell’esercito iracheno a combattere, e gli analisti convengono in realtà che l’interesse vitale per il loro paese è la sola tenuta di Baghdad, protetta da sistemi concentrici di sicurezza, mentre la balcanizzazione del territorio iracheno tra sunniti e sciiti viene ormai data per scontata nel lungo termine.
I PROFUGHI
Cresce intanto l’allarme per le popolazioni locali. L’Onu dice che tutti gli 11.000 abitanti del villaggio a ridosso di Palmyra hanno lasciato la città, così come hanno fatto 55.000 profughi da Ramadi, che ora stanno cercando di raggiungere Baghdad. La gestione di questo nuovo flusso di fuggiaschi è destinata ad avere ripercussioni di larga scala sulla crisi già in atto. Intanto sul sito di Al Jazira (la tv del Qatar) l’80% di coloro che hanno risposto a un sondaggio dichiarano di essere «sostenitori delle vittorie dello Stato islamico».