Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  maggio 25 Lunedì calendario

«Le idee di Renzi le manifestavo venti anni fa. Ma la politica è un articolo che non tratto più». Riccardo Illy si racconta: «Sono andato via di casa a 19 anni: lavoravo e studiavo Fisica, ma non potevo frequentare le lezioni. Così non mi sono mai laureato». Ma parla anche di Trieste, dell’articolo 18 e degli Ogm

Quando Riccardo Illy sorride, spesso è solo per stile, per nascondere un fastidio, un piccolo disappunto. Non alza mai la voce. Sobrio nel vestire. Senza cravatta. Detesta la stupidità, dice. Le domande sgradite le liquida con monosillabi, quelle gradite le articola senza eccedere. A settembre compie sessant’anni; a neanche quaranta è stato indicato come una delle grandi promesse della sinistra, “ma la politica è un articolo che non tratto più”.
Ha anche detto “non si sa mai”.
Ho dedicato alla comunità quindici anni, e ne avevo previsti quattro.
Ha fatto parte di una generazione di sindaci, come Bassolino, Cacciari e altri, poi accusati di protagonismo.
È un ragionamento che può valere per i politici di professione, non per me che sono un imprenditore prestato alla politica, senza nessuna ambizione a livello nazionale.
In politica, quali problemi ha riscontrato?
Già il ruolo d’imprenditore è complicato per colpa di un ordinamento giuridico pletorico, confuso e contraddittorio; nel campo della pubblica amministrazione il numero di norme da applicare è anche maggiore, con il rischio di incappare in comitati di controllo o in sentenze del Tar e della Corte dei Conti.
Da imprenditore ha attaccato l’articolo 18.
Certo, è il problema che rende in Italia più difficile lo sviluppo dell’occupazione.
Parla in perfetto stile renziano.
Lo dico da vent’anni, ed è normale che un politico che vuole contribuire al rilancio dell’economia, si occupi della questione.
È stato tra i primi a puntare su Renzi.
Non ho questa pretesa. Ma è stato capace di individuare alcuni problemi chiave, sta cercando di rimuovere degli ostacoli.
Cacciari ha detto al Fatto: “Mi piacerebbe capire quali sono i poteri forti dietro a Renzi”.
Ma quali poteri forti! Tra le prime cento aziende europee, le italiane sono poche. Da noi c’è la Pmi, piccola e micro impresa.
Come mai?
Anche per l’articolo 18.
L’art. 18 esiste da 40 anni, ma è dell’ultimo decennio la scomparsa delle grandi imprese.
C’è stato un freno alla crescita, e uno dei freni è l’articolo 18 che ha spinto le imprese a restare sotto il limite dei 15 dipendenti.
Gli altri freni?
Burocrazia, fisco, assenza di infrastrutture.
È un imprenditore ed è evidente. Come ammette lei, queste idee le manifestava anche vent’anni fa da candidato il centrosinistra…
Pure allora una parte dei sindacati mi dava ragione. Non sono tutti retrogradi o refrattari a riforme o cambiamenti. Poi, da presidente di Regione, proposi l’indicizzazione dell’età pensionabile, poi introdotta da Tremonti.
I suoi ideali da ragazzo?
Di mettere le mie poche capacità al servizio della collettività.
E quali sono queste capacità?
Soprattutto intellettuali, ma sono poche. Comunque so gestire e organizzare.
Ha dichiarato: in Parlamento mi sono annoiato.
È un organo collegiale vasto, nel quale la possibilità di incidere del singolo è pari allo zero: ho passato due anni poco utili, mi sono dimesso prima di aver maturato il diritto al vitalizio.
Come mai?
Ero stato eletto in Regione, qualcuno mi ha anche suggerito: “Non ti dimettere, possiamo trovare qualche giustificazione, qualche motivazione. Rimanda”. Con quali conseguenze?, la mia domanda. “Al massimo potrebbero impugnare qualche atto per incompatibilità”.
Nel 1995 il suo esordio in tv da Maurizio Costanzo.
Quel palco mi ha preparato al dopo.
Addirittura.
Sì, successivamente fui invitato da Costanzo per un corso su come muovermi, come parlare, anche per l’abbigliamento. È stato utile.
All’estero come ci guardano?
Ora sono convinti che l’Italia possa cambiare, notano di più gli aspetti positivi, il bello e il buono, quindi la moda, il design, l’agroalimentare. E le automobili, la Fiat e i suoi nuovi modelli.
La 500 è la stessa da anni.
È una gamma, non più un modello.
Tanta bellezza non siamo molto bravi a difenderla.
Se c’è, vuol dire che siamo stati bravi. Forse non siamo un granché a promuoverla.
Veramente in Europa non siamo riusciti a blindare alcune eccellenze gastronomiche…
È vero, anche noi abbiamo provato a difendere il marchio Espresso italiano, ma gli altri colleghi torrefattori si sono opposti a un disciplinare rigoroso. Intanto noi continuiamo a crescere. Anche con altri marchi non legati al caffè.
Tra questi marchi c’è anche Grom, del quale avete il 5 per cento. Ha sconsigliato il suo socio riguardo a una possibile candidatura in Forza Italia?
Io non do consigli a nessuno, massima libertà.
Neanche a sua figlia?
Non so come vota, ci pensavo qualche giorno fa, e neanche voglio saperlo: il voto è segreto.
Concetto in stile democristiano.
Lo dice la Costituzione. Noi parliamo di altro.
Trieste è una città di confine, per anni alle prese con l’immigrazione clandestina.
Salvini e la Lega stanno intercettando un sentimento molto più diffuso di quanto si possa pensare, anche tra gli elettori di centrosinistra. Il problema dell’immigrazione è stato sottovalutato, ed come è gestito oggi è insostenibile.
Dov’è l’errore?
C’è una linea guida populistica sulla materia, sembra che l’unico problema sia quello di assisterli, quando non si capisce perché milioni di persone restano nel loro paese, mentre solo alcuni pretendono di venire in Europa. E la stampa tace un fatto: la maggior parte di loro non ha alcun titolo per ottenere lo status di rifugiato politico. Non c’è alcun controllo.
Forse perché spesso a casa loro non hanno neanche un Stato al quale rivolgersi. Lei cosa auspica?
Senta, il primo errore è stato quello di voler convertire popoli non pronti alla democrazia. Mentre quei dittatori erano gli unici a mantenere l’ordine, e penso alla Libia. Anche se disprezzavo Gheddafi.
Google sta rivoluzionando i metodi d’assunzione, niente curricula ma altri test. Lei come sceglie i suoi collaboratori?
Colloqui e intuizione. Poi ci sono anche elementi razionali che possono avere un peso, ma più che altro per escludere dei candidati.
È un imprenditore non laureato.
Ne ho una honoris causa, e da quando l’ho ricevuta ho anche smesso di correggere le persone che mi davano del “dottore”.
Non le interessava l’università?
Sono andato via di casa a 19 anni: lavoravo e studiavo Fisica, ma non potevo frequentare le lezioni. Ci sono altri imprenditori non laureati, anche negli Stati Uniti.
Si riferisce a Steve Jobs.
Esatto, proprio lui.
Come Illy, all’estero, dove riscontra maggiori problemi?
Nei paesi con i dazi, e penso al Brasile, nonostante più della metà del nostro caffè venga prodotto in loco.
Le vostre capsule sono biocompatibili?
Su questo preferisco non rispondere. (Pausa di alcuni secondi). Chieda a mio fratello Andrea, è lui che si occupa del caffè.
Eppure ha sempre manifestato attenzione rispetto a certi argomenti.
Posso dirle che in molte città viene organizzata la raccolta differenziata, e quella raccolta differenziata non viene rispettata nelle discariche. L’intero sistema dei rifiuti viene gestito in modo demenziale. La strada giusta sono i termovalorizzatori.
È orgoglioso del titolo di Commendatore?
Ho quello di Grande Ufficiale, che è superiore a Commendatore.
Come D’Alema da qualche anno produce vino.
I nostri vitigni sono più autoctoni, il nostro è Brunello di Montalcino e ha preso i cinque grappoli suBibenda.
La Toscana è terra di conquista di russi, inglesi…
E brasiliani. Ma il mondo si è globalizzato, e non c’è da spaventarsi.
Soddisfatto di Expo?
I numeri di Illy sono superiori al previsto. È un’opportunità da sfruttare, ma in Italia i produttori non sono organizzati per accogliere, ospitare, mostrare le eccellenze.
Crede al chilometro zero?
È uno dei grandi equivoci dei nostri tempi, come il biologico o il biodinamico, basati su regolamenti ridicoli e controlli inesistenti. Se tutte le imprese del mondo fossero biodinamiche, saremmo già morti di fame. Ah, nella nostra azienda non utilizziamo il diserbante, eppure non abbiamo la targhetta bio, ci sembrerebbe di mettere sù un marchio da presa in giro.
Sarà d’accordo sugli Ogm.
Mangerei volentieri una polenta di Ogm.
Cosa legge?
Solo libri di economia e gestione d’impresa.
Caffè e giornale al risveglio.
No, al mattino prendo il tè, ma in foglie. Tè nero di grande qualità.
È per gli Ogm, è contro il biologico e il biodinamico; l’art. 18 non ne parliamo, sugli immigrati…
Sono una persona controcorrente, sono un anticonformista, anche da studente ero così, in particolare verso i sessantottini.
Non ha mai occupato a scuola.
Mai. Il conformismo era farlo.
Ma lei è di sinistra?
Mai detto, io sono un liberale. È la società civile ad avermi chiesto un impegno. Ma ho chiuso.