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 2015  maggio 25 Lunedì calendario

Atene non può pagare le rate del Fondo monetario • L’Italia vanta 40 miliardi di crediti con la Grecia • Il ceto medio si sente operaio • In Spagna Podemos cresce • I ricorsi dei migranti intasano i tribunali • E’ morto il Nobel John Nash • Studenti più bravi senza telefonino • Nessun italiano premiato a CAnnes


Grecia/1 Il ministro dell’Interno greco, Nikos Voutsis, ha detto ieri alla Tv Mega che Atene non sarà in grado di pagare le rate del prestito del Fmi perché non ha i soldi: «Le quattro rate per il Fondo monetario internazionale a giugno ammontano a 1,6 miliardi di euro. Questo denaro non sarà versato perché non c’è». Ci sono solo i soldi per gli stipendi e le pensioni. La prima scadenza è il 5 giugno, poi il 12, il 16 e il 19 giugno. il ministro delle Finanze, Varoufakis, ieri affidava alla Bbc parole pesanti su una possibile uscita di Atene dall’eurozona: «Sarebbe l’inizio della fine per il progetto dell’euro. Se ci si trova in un’unione monetaria uscirne è catastrofico».

Grecia/2 Scrive Ferraino sul Cds: «La novità è che la Grexit, l’uscita della Grecia dall’unione monetaria, “non è più un tabù”, anche se per il mercato sarebbe la peggiore delle soluzioni possibili. Perché, per quanto oggi le economie dell’eurozona siano più solide rispetto al 2011 e al 2012, provocherebbe “un terremoto politico”, visto che i governi dell’eurozona hanno in mano circa 200 miliardi del debito greco. Sarebbe difficile, soprattutto per la cancelliera Angela Merkel, giustificarsi davanti al proprio partito, la Cdu, e agli elettori. Un tale evento scuoterebbe i mercati globali, perché farebbe venir meno la fiducia, che è alla base di ogni relazione politica e finanziaria. Perciò alla fine la convenienza politica potrebbe convincere Atene a cedere qualcosa di più, in cambio di un nuovo programma di aiuti su basi nuove, da cui potrebbe però sfilarsi il Fmi. Questo pensano i creditori. E questo sa anche il governo di Atene, persino quando per voce del ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, arriva ad azzardare la fine dell’euro in caso di Grexit».

Italia Le principali banche italiane hanno da tempo eliminato i bond greci. Se solo quattro anni fa Unicredit ne aveva per 900 milioni di euro e Intesa Sanpaolo per altri 800 milioni, ora la situazione è molto differente. Già a settembre dello scorso anno l’esposizione totale delle banche italiane - come aveva riportato uno studio di Bruegel - era scesa a 800 milioni. Ben al di sotto dei 923 milioni degli istituti olandesi, degli 1,4 miliardi dei francesi e dei 10 miliardi delle banche tedesche. La finanza, tranne rari casi, ha fatto un passo indietro, mandando avanti gli Stati. Solo il 17% dei 322 miliardi di debito greco è in capo a privati. La stragrande maggioranza è questione pubblica: l’Italia è creditrice di 40 miliardi, dietro solo a Germania (60 miliardi) e Francia (46 miliardi). L’impegno pubblico è conseguenza della partecipazione al fondo Salva Stati (Spini, Sta).

Ceti Il 52% degli italiani si colloca nei “ceti popolari” o nella “classe operaia”. Mentre il 42% si sente “ceto medio”. Nel 2006 il rapporto fra queste posizioni risultava rovesciato: il 53% degli italiani si definiva “ceto medio” e il 40% classe operaia (o “popolare”). Nel 2008, mentre la crisi incombeva le posizioni apparivano più vicine, ma il ceto medio prevaleva ancora, seppur di poco, sulla classe operaia: 48 a 45%. Questa tendenza ha investito tutte le professioni e tutte le categorie, non solo quelle che erano già, di fatto, “classe operaia”, in particolare, i lavoratori autonomi e i piccoli imprenditori. Ancora nel 2008, il 60% di essi si sentiva “ceto medio”, il 34%, poco più di metà, classe operaia. Oggi, però, questa distanza si è ridotta perché il 40% dei lavoratori autonomi e in-dipendenti si sente “classe operaia”, il 54% ceto medio (Diamanti, Rep).

Spagna Alle elezioni amministrative e regionali in Spagna, sono andati bene i partiti anti austerità, Podemos e Ciudadanos. In particolare, il primo conquista Barcellona e Madrid potrebbe fare la stessa fine grazie a una coalizione. Ciudadanos ha triplicato i risultati delle elezioni europee di un anno fa e sfiora il 7%. I Populares di Rajoy restano primi in quasi tutte le Regioni, ma perdono la maggioranza assoluta e, spesso, con essa la possibilità di governare. Il Pp scende dal 37% del 2011 al 26,6%. Il Psoe dal 27 al 25%.

Tribunali Da quando sono aumentati gli sbarchi di migranti, è aumentato anche il numero delle richieste di asilo politico. Più della metà viene respinta ma i ricorsi intasano i già ingolfati palazzi di giustizia. In media solo il 40 per cento di coloro che dichiarano di non potere rientrare nel proprio Paese perché rischiano di essere perseguitati per motivi di razza, religione, etnici o per le opinioni ottengono l’asilo politico dalle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale. Questo si traduce in un permesso di soggiorno che consente di rimanere sul territorio italiano per cinque anni. Gli altri possono sempre e comunque ottenere la «protezione sussidiaria», che dura tre anni ed è riservata a chi rischia una condanna a morte oppure di essere trattato in modo «inumano o degradante». Infine, c’è la protezione «umanitaria», che dura un anno, quando ci sono, appunto, motivi di carattere umanitario, come le catastrofi naturali o ambientali. Gli esclusi dovrebbero essere rimpatriati ma quasi sempre fanno ricorso, perché questo di solito viene accolto; ma anche perché generalmente si blocca la procedura di espulsione garantendo un buon periodo di permanenza in Italia. Si parte dal Tribunale e, nel caso che anche questo bocci la richiesta, si può andare in Corte d’appello e poi fino in Cassazione usufruendo in questo viaggio giudiziario anche del gratuito patrocinio, l’assistenza legale garantita da avvocati pagati dall’erario. Da una ventina al mese che erano nel 2013, questi ricorsi a Milano sono diventati 632 nel 2014. E aumentano ancora: la previsione è che nel 2015 saranno 3.000 in Lombardia, duemila a Milano, il resto a Brescia (Guastella, Cds).

Nash Il premio Nobel John Nash, il matematico che ispirò il film A beautiful mind, è morto l’altra sera insieme alla moglie Alicia in un incidente stradale in New Jersey. I due erano a bordo di un taxi senza le cinture di sicurezza allacciate. L’avevano preso all’aeroporto di Newark e stavano tornando a Princeton, dove, a 86 anni, il celebre Nobel viveva e insegnava ancora. Da giovane Nash era stato capace di risolvere problemi matematici rimasti insoluti per decenni. Dopo una gioventù turbolenta (una relazione con un’infermiera dalla quale era nato un figlio, diverse avventure omosessuali), John sposò, nel 1957, Alicia, conosciuta al Mit di Boston. L’anno dopo nacque il figlio, John Charles Martin, che erediterà la sua malattia mentale. A un certo punto Nash sprofondò nella schizofrenia. Continuò a insegnare a Princeton, ma le sue bizzarrie divennero sempre più evidenti: rifiutò un incarico all’università di Chicago sostenendo che stava per diventare imperatore dell’Antartide, si sentiva vittima di una congiura comunista ordita contro di lui da gente in cravatta rossa, diede a un suo studente una patente di guida intergalattica. Divorziò, ma Alicia continuò a stargli vicino e all’improvviso, così come si era ammalato, tornò alla normalità.

Telefonino Louis-Philippe Beland e Richard Murphy in uno studio della London School of Economics sostengono che nelle scuole dove è bandito l’uso del cellulare i voti degli studenti sono più alti. I ricercatori hanno esaminato le performance di 91 scuole superiori di quattro città inglesi, confrontando i registri degli esami e le politiche sui cellulari tra il 2001 e il 2013. In generale i voti nelle classi in cui smartphone e gadget digitali erano banditi, i punteggi dei test miglioravano del 6,41% in media: un valore equivalente a «un aumento della probabilità di passare gli esami finali del 2%. È lo stesso effetto che si avrebbe con un’ora in più a settimana, o con una settimana in più all’anno scolastico» (De Gregorio, Cds).

Cannes La Palma d’Oro di Cannes va a Jacques Audiard per il film Dheepan, odissea di migranti fuggiti dalla guerra civile in Sri Lanka, protagonista un vero guerriero Tamil. I premi per i migliori attori sono andati a Emmanuelle Bercot e Vincent Lindon. Nessun premio per i film di Moretti, Garrone e Sorrentino.

(a cura di Daria Egidi)