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 2015  maggio 22 Venerdì calendario

Con l’aumento Mps si entra operativamente nel nuovo round di riassetti, fusioni e salvataggi bancari in Italia. Ci sono 10 popolari da rendere spa, e consolidare. Due banche private da ricapitalizzare con nuovi soci. Sedici banche commissariate da cercare di salvare. E 190 miliardi di crediti in mora, al lordo di garanzie, che se non saranno presto liquidati non permetteranno agli istituti “sofferenti” di rialzarsi con le loro gambe

Con l’aumento Mps si entra operativamente nel nuovo round di riassetti, fusioni e salvataggi bancari in Italia. Ci sono 10 popolari da rendere spa, e consolidare. Due banche private con Siena, Carige – da ricapitalizzare con nuovi soci. Sedici banche commissariate da cercare di salvare. E 190 miliardi di crediti in mora, al lordo di garanzie, che se non saranno presto liquidati non permetteranno agli istituti “sofferenti” di rialzarsi con le loro gambe. Per questo da mesi l’Abi, la Banca d’Italia e il Tesoro insistono sulla bad bank, un veicolo a capitale privato (ma a garanzie pubbliche) che sappia intestarsi i cattivi crediti e svenderli sul mercato. Ma i funzionari di Bruxelles da quell’orecchio non sentono: finora hanno bollato tutte le bozze presentate come aiuti di Stato. «Il dossier bad bank è ormai politico: se a Bruxelles non entra in gioco Matteo Renzi, non passa – dice un banchiere in prima linea -. Finora abbiamo tutti preso porte in faccia». Il tempo passa e le banche malate non guariscono.
Due dossier, minori ma non tanto, mostrano che il mercato non è sempre salvifico. E costituiscono due prove di bail in( salvataggio a carico di azionisti e clienti) all’italiana, viatico per altri istituti quando – presto – saranno realtà le nuove regole Ue che prevedono l’azzeramento di azioni e bond prima che il denaro pubblico sia versato. Lo scorso 7 maggio il Fondo interbancario di tutela dei depositi – organo mutuale tra banche italiane per rimborsare tutti i conti fino a 100mila euro – ha deliberato di ricapitalizzare fino a 300 milioni la Cassa di Ferrara, di cui stanno scadendo i due anni canonici del commissariamento Bankitalia. Nel periodo la banca ferrarese non si è risanata a sufficienza, soprattutto non ha trovato il cavaliere bianco sperato. Così, per la prima volta, il Fondo interverrà non a fondo perso, ma partecipativo. A Ferrara i commissari stanno per pubblicare il bilancio di fine mandato: i passati azionisti sperano che ci sia capitale residuo, per poter partecipare all’aumento; ma vanno convinti i controllori europei, perché il principio del bail inpotrebbe chiedere il sacrificio totale dei soci.
L’altro salvataggio che vede il Fondo depositi scaldarsi in panchina riguarda Banca delle Marche. Dove i commissari scadono a ottobre, ma i tempi tecnici per fare l’operazione “di mercato” scadono a giugno, e la ricerca dei fondi – coordinata da oltre un semestre dal rinnovato Fonspa «non chiude». Lo scorso autunno si stimava, negli schemi di business del Fonspa, un miliardo di fabbisogno di capitale, e una ristrutturazione che avrebbe portato la Marche a rendere l’11-12% a fine piano. Ma dopo i test della Bce di ottobre il capitale richiesto alle banche per funzionare è aumentato: così quel 12% non fa più gola agli investitori, e oltre ai 300 milioni messi sul piatto da Fonspa, e all’interesse non formalizzato di Cariverona, c’è poco. Come per altre banche ita- liane in crisi, il dossier potrebbe sbloccarsi liberando la banca di parte dei vecchi crediti mal concessi; ma lo schema ideato, che prevedeva l’emissione di garanzie del Fondo interbancario a valere su sofferenze marchigiane da cartolarizzare e vendere (con attese di recupero basse), fa aggrottare le sopracciglia comunitarie, poiché favorisce i soci esistenti. Intanto il finanziamento ponte da 2,7 miliardi di Fonspa a Banca Marche è scaduto dopo otto mesi e 1,8 miliardi non sono rimborsati. Le parti hanno scelto di vendere sul mercato i titoli sottostanti che lo garantivano, in gran parte cartolarizzazioni su crediti in bonis tripla A.