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 2015  maggio 22 Venerdì calendario

Maria Elena Boschi, bella, solida e fedele. Così «una mela fresca e piacevole» è diventata il marchio del Pd. Ecco come politologi, professori e politici si spiegano il successo della più renziana dei renziani

Perché Maria Elena Boschi sì e gli altri no? «Perché è l’incarnazione totale e perfetta del renzismo», dice il politologo della Luiss ed editorialista della Stampa, Giovanni Orsina. «Perché ha un’immagine fortissima», dice la direttrice di Euromedia Research, Alessandra Ghisleri. «Perché ha portato a casa le riforme e ha la credibilità per andare in giro», dice Elisabetta Gualmini, docente di scienze politiche all’università di Bologna. «Perché è una campionessa del politainment (quando politica e spettacolo partecipano al medesimo scopo, ndr)», dice Massimiliano Panarari, massmediologo alla Luiss, anch’egli editorialista della Stampa. «Perché ha un profilo politico e somatico nuovo», dice Antonio Noto, direttore di Ipr Marketing. «Perché è una mela, fresca e piacevole», dice Oliviero Toscani, che non ha bisogno di titoli né di raffinatezze: per lui Maria Elena Boschi sarà impegnata a fianco di Matteo Renzi negli ultimi giorni di campagna elettorale per semplici ragioni estetiche: «È una bella ragazza, piacevole, sorride bene, è cicciottella, rassicurante. Con quell’aria fresca e ingenua sa usare un po’ più degli altri, che sono degli incapaci, la comunicazione politica». Non è una questione di competenza – «se sia competente o no, non si sa, ma non è importante». 
Non è che la pensino tutti così. Anzi, prevale la convinzione che il valore aggiunto di Maria Elena Boschi sia interessante dal punto di vista politico. Infatti se Panarari osserva che «è difficile misurarne il patrimonio di consenso perché su quel terreno non si è ancora misurata», Noto rileva che tutte le ricerche «evidenziano buoni livelli di fiducia, da sempre. Boschi ha colpito gli italiani con classe e simpatia». Ha una statura, dice Orsina, che ha a che fare con la sua renzitudine essenziale: «Primo, la rottamazione, e lei è donna e giovane; secondo, l’efficacia, e lei è il ministro che ha ottenuto più risultati; terzo, la lealtà, e lei è renziana fino al midollo». Un credito vasto, quello di Orsina, condiviso da Elisabetta Gualmini: «Il motivo fondamentale per cui viene impiegata come front man della campagna elettorale, mentre gli altri stanno a casa, è che lei è goal oriented, ha realizzato la riforma della legge elettorale che aspettavamo da quasi un decennio e ha avviato quella del Senato di cui si parla da prima che lei nascesse. La gente capisce di essere davanti a tutto un altro mondo». Eppoi, aggiunge Orsina, «Renzi si è circondato di molte donne in questi mesi: Alessandra Moretti, Marianna Madia, Simona Bonafè, tutte funzionali al suo piano di gallo nel pollaio. Nessuna gli fa ombra, poi si sono perse per vari motivi, ma Maria Elena Boschi no». No si è persa, dice Elisabetta Gualmini, «perché studia, si prepara», e perché «quando dibatte non commette errori, non si fa prendere in castagna, mantiene brillantezza», dice Noto.
Nessuno osa trascurare il non marginale risvolto estetico molto ben analizzata da Panarari: «Siamo davanti a una giovane donna con tutti gli stilemi classici della peoplisation, cioè della grande chiacchierata per il pubblico, l’incontro fra la dimensione privata e quella politica. Lo si vede nei servizi che le dedicano e nelle interviste che concede a Vanity Fair e aChi». Su Chi sono appena comparse «le foto in cui Maria Elena va al supermercato, immagini studiate bene, in cui lei appare come un ministro che lavora, che fa la spesa, che fa tutto, lontanissima per esempio da Anna Finocchiaro a cui la scorta spingeva il carrello all’Ikea», spiega Alessandra Ghisleri. «È la fine della sinistra grigia, sfigata, che ha il tabù dell’aspetto», sintetizza Elisabetta Gualmini e per Orsina con l’uso dell’immagine si chiude il cerchio: «È l’alter ego femminile di Renzi, l’autentica first lady, politicamente parlando». Ed è senz’altro migliore, chiosa di Toscani, «delle barbie doll di Forza Italia che, a differenza delle barbie, purtroppo parlano».