Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  maggio 07 Giovedì calendario

Lubitz, il copilota della Germanwings provò la manovra suicida anche all’andata. Non appena il comandante si allontanò fece una lunga discesa controllata, prima di riprendere quota

Quel martedì 24 marzo Andreas Lubitz sapeva quello che sarebbe successo. Quando si è trovato sopra i Pirenei, sul volo di andata, da Düsseldorf a Barcellona, è rimasto solo in cabina ha provato una prima volta la discesa di quota, forse soltanto per capire se poteva funzionare, se ne era capace: modificare i dati del pilota automatico e programmare la fine, la sua, dei passeggeri, dell’aereo, farlo schiantare senza che nessuno potesse farci niente. Ieri il rapporto preliminare del Bea (l’Ufficio d’inchiesta e analisi dell’aviazione), sulle due scatole nere del volo Germanwings 9525 Barcellona-Düsseldorf, ha non solo confermato che il copilota ha voluto sbattere l’A320 sulle Alpi, ma che avrebbe potuto farlo anche prima. Secondo gli atti non è chiaro se avesse in mente solo di provare la manovra o volesse mettere a segno il suo piano. In ogni caso fece una lunga discesa controllata.

LE SCATOLE NERE
Sulle scatole nere dell’aereo sono infatti rimasti registrati i dati della seconda parte del volo di andata, decollato da Düsseldorf la mattina prima delle 8. Verso le 8.30, quando il volo è sul territorio francese e punta verso Barcellona, la torre di controllo di Bordeaux chiede all’aereo di scendere di 2mila piedi. Lubitz è in quel momento solo ai comandi, proprio come succederà circa due ore dopo, al ritorno. Per 5 volte, Lubitz fissa la quota del pilota automatico a 100 piedi, ovvero a 30 metri dal suolo, come per schiantarlo, come farà poco dopo. Per 5 volte, però, riseleziona la quota normale. Le manipolazioni del copilota non hanno suscitato nessun allarme, il comandante torna in cabina, Lubitz gli apre la porta, comincia la fase finale dell’atterraggio. Come spiega il direttore del Bea Rémi Jouty, sul volo di andata i gesti di Lubitz «sono avvenuti durante una normale discesa programmata e non hanno dunque avuto impatto sulla traiettoria dell’aereo». Poi comincia la registrazione del volo di ritorno. 

LO SCHIANTO PROGRAMMATO
Il rapporto del Bea riconferma tutto l’orrore dei 10 minuti di discesa dell’aereo verso il massiccio dei Trois Evéchés. Registra il terrificante numero di chiamate di allarme: 11 dal controllo aereo, 5 dal comandante che chiede di aprire la porta del cockpit con il cabine call, 11 «sequenze» di colpi disperati alla porta, le ultime 3 chiamate dalla difesa aerea francese, il tentativo di mettersi in contatto da parte di un aereo che volava poco distante. Poi, terribile, «il suono di voci più lontane», i 144 passeggeri che hanno capito tutto, una voce più lontano che grida di aprire, forse uno dei membri dell’equipaggio, e, più vicino, il rumore del respiro di Lubitz, regolare, fino alla fine. Ad un certo punto, tra le 9 e 39 e le 9 e 40, Lubitz dà piccoli colpi alla barra di comando. Sono «movimenti piccoli» insufficienti «per sconnettere il pilota automatico» e che non modificano la traiettoria dell’aereo, che è a un minuto e 7 secondi dallo schianto. Secondo il Bea, sono due i punti su cui bisognerà riflettere: il controllo medico dei piloti, per «spiegare come e perché alcuni piloti possano trovarsi al comando di un aereo con l’intenzione di distruggere il velivolo e tutti i suoi passeggeri». E poi il sistema di sicurezza che impedisce di aprire la porta della cabina di comando dall’esterno.