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 2015  maggio 07 Giovedì calendario

Il pasticcio dell’Unità. «È assurdo, è ingiusto venirsela a prendere solo con me. Io sono anni che non mi occupo più del giornale». Così l’ex editore Renato Soru, ora europarlamentare a Bruxelles, replica alle accuse della De Gregorio che si è vista pignorare beni per 400mila euro: «Ciò che sta accadendo agli ex direttori e agli ex giornalisti è grave, non ci si può nascondere. Ma, certo, io non ho alcuna responsabilità né legale né morale. Io, di soldi ne ho già messi tanti»

La notizia è dell’altro ieri: gli ex direttori e gli ex giornalisti del quotidiano l’Unità, dopo il fallimento della società editrice, sono rimasti da soli a pagare le cause civili e le querele (a Concita De Gregorio, che ha diretto il giornale dal 2008 al 2011, l’ufficiale giudiziario ha pignorato beni per oltre 400 mila euro).
Conferenza stampa a Montecitorio.
Accuse precise. Contro il Pd, il partito di riferimento, e contro Renato Soru, l’editore del rilancio mancato.
«Ci hanno abbandonati».
«Soru è sparito nel nulla».
Soru avrà qualcosa da replicare?
(Parlamentare europeo del Partito democratico, ex presidente della Regione Sardegna, inventore di Tiscali, 57 anni, da Sanluri: testimoni raccontano di averlo visto leggere il bilancio di un’azienda in cinque minuti, un uomo geniale e gelido, la timidezza confusa spesso con la supponenza; unico vezzo conosciuto: portare il colletto della camicia bianca abbottonato ma senza cravatta, in puro stile sardo).
«È molto gentile a chiamarmi: ma io, sinceramente, ne so quanto lei di questa storia» (risponde al telefono, da Bruxelles ).
Non ci credo.
«Eppure è assolutamente così».
Vuol farmi credere che non sapeva di…
«Martedì pomeriggio ero a Londra: e lì sono stato avvertito che, su Twitter, la De Gregorio mi tira dentro questa vicenda. Ma io non so di cosa si stia parlando. Né la De Gregorio né il Pd mi hanno mai informato. Per capirci qualcosa, questa mattina ho parlato con l’avvocato Macciotta, che segue l’intera vicenda e che, tra l’altro, portai io all’Unità».
Quindi nemmeno il suo avvocato di fiducia l’ha mai avvertita di ciò che stava accadendo?
«Credo abbia voluto risparmiarmi l’ennesimo dispiacere».
Soru…
«È così. L’avvocato Macciotta sa bene che ripensando alla mia esperienza di editore del l’Unità, già provo da tempo un enorme miscuglio di sensazioni, tra amarezza e delusione».
L’avverto che questa intervista sta prendendo una piega piuttosto curiosa.
«Guardi, ciò che sta accadendo agli ex direttori e agli ex giornalisti è grave, non ci si può nascondere. Ma, certo, io non ho alcuna responsabilità né legale né morale».
Morale, se posso permettermi, visto com’è finita la storia del quotidiano fondato da Antonio Gramsci, forse un po’ sì.
«Sbaglia. E ora le spiego perché. Vede, io arrivai all’Unità nel 2008, eravamo in piena campagna elettorale, e non era il caso che i libri contabili di un giornale così, fondato come ricorda lei da Gramsci, finissero in tribunale. Perciò, con i miei risparmi, contribuii subito ad evitare la chiusura del giornale…».
Quanti soldi impegnò nell’operazione di salvataggio?
«Tanti. Soldi miei e della mia famiglia. Il programma era chiaro: mettere il giornale dentro un mercato nuovo, affrontare le frontiere del digitale, del web. Purtroppo, e stia attento, non accuso nessuno, purtroppo il giornale reagì con poca elasticità, rimase molto rigido, poco incline ai cambiamenti… i costi continuarono ad essere alti e i ricavi bassi, troppo bassi, e quanto poi alle copie di carta: invece di conquistarne qualcuna, ne perdemmo parecchie. Non è andata bene. Non siamo riusciti a stare dentro un mercato sempre più difficile. Così, lentamente, io sono uscito. Subentrano altri azionisti e io vengo diluito. Le mie azioni scendono intorno al 5%. Allo stato attuale, con la società in liquidazione, ho perso praticamente tutto ciò che avevo investito e, se proprio vogliamo dirla brutalmente, io mi considero parte lesa. Ho cercato di contribuire a salvare l’Unità e ci ho rimesso l’intero investimento, davvero fino all’ultimo euro».
Sulla tempistica della sua uscita dalla guida della società editrice, ci sono notizie contrastanti: in ogni caso, adesso c’è questo grosso guaio dell’ufficiale giudiziario che bussa alle porte dei miei colleghi.
«La prego formalmente di riportare queste frasi: sono totalmente solidale e da qualche ora sto pensando a come rendermi utile. Ma, giuro, non so come. Come posso intervenire? Me lo dica lei…».
Sono certo che gli ex giornalisti dell’ Unità saprebbero come consigliarla.
«Senta: penso che tutte le parti interessate, e mi ci metto anch’io, debbano fare uno sforzo e trovare una soluzione. Però, ecco, una cosa: è assurdo, è ingiusto venirsela a prendere solo con me. Io sono anni che non mi occupo più del giornale».