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 2015  maggio 07 Giovedì calendario

«Il conflitto di interessi». In un’intervista al Corriere Maria Elena Boschi annuncia la prossima riforma: «Lo porteremo in Aula già nelle prossime settimane». Il ministro parla anche dell’Italicum («Già ce lo imitano in Spagna»), del Senato («Si può pensare a un elezione modello Bundesrat»), della Scuola («Naturalmente tutto è migliorabile») e del Pd («Al momento è il solo partito che può affrontare un progetto di cambiamento del Paese»)

La prossima riforma del governo? «Il conflitto di interessi, lo porteremo in Aula già nelle prossime settimane, se tanti dei nostri ex leader ed ex premier avessero messo lo stesso impegno o la stessa tenacia che hanno messo nelle scorse settimane sui dettagli dell’Italicum non toccherebbe a noi e avremmo già una legge». Maria Elena Boschi, ministro delle Riforme costituzionali, è in primo luogo fiera del risultato appena incassato: l’approvazione della legge elettorale. È anche un suo successo, ha seguito l’iter della riforma passo dopo passo, è orgogliosa di un risultato «di grande valore, che il Paese aspettava da almeno dieci anni».
Cosa cambia con questa legge?
«Cambia molto. Col ballottaggio avremo un vincitore certo. Con il premio alla lista non saranno più coalizioni litigiose e si impone ai partiti una riflessione sul loro ruolo. E poi per la prima volta ci sono norme che favoriscono la parità di genere. Un grande passo in avanti per l’Italia. Ma come sta segnalando in queste ore la stampa estera è un elemento di distinzione in tutta Europa. Nel Regno Unito le elezioni sono incerte ed è improbabile un governo monocolore. In Spagna addirittura si è iniziato a discutere di una modifica della legge elettorale partendo proprio dalle novità dell’Italicum. Ci prendevano in giro quando dicevamo che ci avrebbero copiato, che poteva diventare un modello per altri Paesi; e invece…».
Avete centrato un obiettivo, ma a che prezzo? Civati va via dal partito, la minoranza dem non ha votato la fiducia al governo...
«Il Parlamento ha votato questa legge elettorale esprimendo in prima lettura la maggioranza assoluta. Nel Pd il 90 per cento del gruppo parlamentare si è espresso a favore. Dopo anni di immobilismo mi sembra un grande risultato. Abbiamo discusso per 14 mesi poi abbiamo deciso. A me sembra un indice di serietà e compattezza».
C’è il rischio di una scissione?
«No. Noi non la vogliamo, la stessa minoranza non la vuole. E non la vogliono gli italiani che sono stanchi delle polemiche e non sentono il bisogno di nuovi piccoli partiti».
Eppure i numeri al Senato sono ballerini. Temete ripercussioni sulla riforma costituzionale?
«Questa legislatura ha numeri che non sono ballerini. La forbice tra maggioranza e opposizione si è allargata. La maggioranza è schiacciante. Questo non significa che non si possa aprire una discussione di merito sulle riforme costituzionali. Il superamento del bicameralismo paritario e la revisione del titolo V della Costituzione sono obiettivi storici: il testo non è blindato anche se una maggioranza pronta a votare il disegno di legge uscito dalla Camera c’è già».
Siete pronti a un confronto anche sull’elezione indiretta dei senatori?
«Siamo pronti a un confronto vero, su varie ipotesi, dal sistema delle garanzie a modelli diversi d’elezione, per esempio il modello simil Bundesrat, sino all’equilibrio dei poteri».
Sciopero generale della scuola: sulla riforma avete sbagliato qualcosa?
«A me pare una buona riforma, dopo una consultazione lunga mesi. Nessuno ha la pretesa di dire che la legge è perfetta. Affermiamo l’autonomia, mettiamo 3 miliardi in più dopo anni di tagli, coinvolgiamo di più studenti e famiglie, inseriamo l’alternanza scuola-lavoro sul modello tedesco, introduciamo la valutazione degli insegnanti legata al merito, una cosa che è stata chiesta dagli stessi docenti, incentiviamo arte, musica e inglese. Naturalmente tutto è migliorabile».
Si discute di una metamorfosi del Pd, da partito di sinistra a partito della nazione. È un progetto reale?
«Il partito della nazione è definizione di Alfredo Reichlin, una delle menti più lucide della sinistra. Il nostro Partito democratico è entrato nel Pse, ha come modelli Bill Clinton e Tony Blair nei loro Paesi. Ha allargato il campo, coinvolgendo persone che guardano all’area liberal, ma anche a sinistra, come il nutrito gruppo di deputati guidato da Gennaro Migliore. La base, anche quella storica, sta con noi, crede nel nostro progetto, ci invita a non mollare, ad andare avanti. Renzi ha vinto le primarie aperte, ma anche il congresso degli iscritti. Dagli 80 euro alla riduzione delle tasse sul lavoro, dall’autoriciclaggio al divorzio breve, dal terzo settore ai soldi per il sociale, le nostre misure non mi sembrano di destra. L’unico tabù della sinistra che abbiamo rotto è che abbiamo portato il Pd al 40 per cento. Non era mai accaduto prima, c’è un progetto di cambiamento del Paese che in questo momento solo il Partito democratico può affrontare».
Una riforma che non avete ancora fatto o annunciato?
«Se alcuni dei nostri ex leader o ex premier avessero messo la stessa tenacia che hanno messo negli ultimi tempi sui dettagli della nuova legge elettorale, per abolire il Porcellum o per avere finalmente una legge sul conflitto di interessi, ci saremmo risparmiati molte fatiche. Ma non è mai troppo tardi. Vorrà dire che il conflitto di interessi lo porteremo in Aula nelle prossime settimane. Ora è in Commissione, chiederemo la calendarizzazione in Aula entro giugno».