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 2015  maggio 07 Giovedì calendario

Vitalizzi, oggi il voto sulla delibera che dovrebbe sospendere gli assegni d’oro ai parlamentari condannati, ma solo per gli onorevoli «cessati dal mandato» che abbiano riportato condanne definitive superiori a due anni per reati contro la pubblica amministrazione o colpe gravi che presuppongano una pena massima non inferiore a sei anni. Salvi dalla tagliola sono quindi quelli che hanno commesso reato di abuso d’ufficio, quelli che hanno ottenuto la riabilitazione (scontando la pena accessoria) e quelle pensioni di reversibilità incassate dai familiari del parlamentare deceduto, a patto che il decesso sia avvenuto prima di oggi

Per sapere se sarà davvero «una disciplina di forte moralizzazione dell’attività politica», come viene definita nella bozza di delibera sui vitalizi dei parlamentari condannati che oggi Camera e Senato dovranno approvare, non resta che aspettare la sua concreta applicazione. 
Le nuove regole stabiliscono la cessazione dei «trattamenti previdenziali erogati a titolo di assegno vitalizio o pensione» agli onorevoli «cessati dal mandato» che abbiano riportato condanne definitive superiori a due anni per reati contro la pubblica amministrazione o colpe gravi che presuppongano una pena massima non inferiore a sei anni. Caso classico, quello di Marcello Dell’Utri, che ha sulle spalle sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa. La cosa si applica anche a chi ha deciso di patteggiare la pena, ma soltanto a quanti decideranno di chiudere così i conti con la giustizia da adesso in poi. 
Paletti che ricalcano evidentemente quelli piantati dalla legge Severino, secondo cui i condannati a pene superiori a due anni sono incandidabili. Ma il meccanismo non è automatico: toccherà infatti ai vertici di Montecitorio o Palazzo Madama decidere caso per caso, «previo accertamento dei relativi presupposti». Viene poi escluso il reato di abuso d’ufficio. E sono salvi dalla tagliola, anche qui in linea con la legge Severino, gli ex parlamentari condannati che hanno ottenuto la riabilitazione avendo scontato la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici. Cioè molti di loro. E comunque chi si è visto togliere il vitalizio, lo riavrà nel momento in cui scatterà la riabilitazione. 
La cessazione del vitalizio non si applica quindi agli assegni di reversibilità incassati dai familiari del parlamentare deceduto, a patto che il decesso sia avvenuto prima di oggi, quando le delibere dovrebbero essere approvate. E in ogni caso chi sarà colpito dalla sanzione avrà diritto a vedersi restituire in unica soluzione tutti i contributi versati. 
Fin qui le misure messe a punto dai presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Piero Grasso (dopo la consultazione di ben otto-pareri-otto di illustri giuristi e costituzionalisti). L’approvazione, però, ancora ieri sera era una scommessa. Tanto più che l’esame avverrà in parallelo ma separatamente da parte degli uffici di presidenza delle due Camere. Perciò con la possibilità di esiti differenti. Anche perché i rapporti di forza sono diversi. 
I rappresentanti del Partito democratico voteranno a favore. I molti mal di pancia sono passati davanti al rischio di dover affrontare una campagna elettorale per le Regionali sotto i bombardamenti grillini che potrebbero diventare pericolosissimi in alcune situazioni come la Campania. Dove lo scenario, con il candidato del Pd Vincenzo De Luca condannato in primo grado e alla testa di una coalizione per molti a sinistra palesemente indigesta, è già abbastanza complicato. 
Uno spettro che non ha tuttavia spaventato Forza Italia, contraria alla delibera. Il partito di Silvio Berlusconi si ostina a chiedere che la decisione venga presa con una legge, e per rimarcare questa posizione ha depositato una sua proposta. Anche se è scontato che servirebbe solo a far trascorrere inutilmente del tempo: una legge del genere non passerebbe mai l’esame. E sembra quello il reale obiettivo politico. 
Le vere incognite sono rappresentate da Area popolare e Movimento 5 Stelle. Che potrebbero far pendere la bilancia da una parte o dall’altra in Senato, dove i numeri sono decisamente più ballerini che alla Camera. Fra gli alfaniani regna l’indecisione. Mentre i grillini reclamano misure ancora più draconiane criticando l’esclusione del reato di abuso d’ufficio e il salvacondotto della riabilitazione. Grasso incrocia le dita. Ma di sicuro la mazzata che il M5S ha preso ieri alla Camera, con la sospensione di ben 66 deputati, non sembra proprio un gran viatico.