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 2015  maggio 07 Giovedì calendario

Pensioni, per il governo spunta una realtà ancora più dura: lo sforamento del 3% e il commissariamento. Gli 8,7 miliardi di pregresso, infatti, andranno conteggiati nel deficit nominale del 2015. Non solo, ci sono poi da conteggiare i 3,5 miliardi per quest’anno e per il prossimo

«Equità e rapidità, ci vuole chiarezza». Con queste parole Matteo Renzi ha messo al lavoro i tecnici del governo per risolvere la grana pensioni. Potenzialmente una bomba nei conti dello Stato. Ieri due riunioni d’urgenza, una al Tesoro e nel pomeriggio una seconda a Palazzo Chigi, per disinnescare la sentenza con la quale cinque giorni fa la Consulta ha bocciato il blocco dell’indicizzazione delle pensioni decretato nel 2011 dal governo Monti con il “Salva Italia”. Per ora i punti fermi sono due: risposta rapida, entro l’inizio della prossima settimana, e soluzione graduale che premi chi ha una pensione più bassa e non faccia esplodere il deficit.
Già, perché se nei giorni scorsi era circolata l’idea di scaricare i rimborsi ai pensionati per il periodo 2012-2014 sui conti degli scorsi anni in modo da non avere grane con l’Europa, ora emerge una dura realtà: gli 8,7 miliardi di pregresso andranno conteggiati nel deficit nominale del 2015. Non solo, ci sono poi da conteggiare i 3,5 miliardi per quest’anno e per il prossimo. Con il risultato di cambiare volto ai conti notificati a Bruxelles con il Def e il rischio di sforare il fatidico tetto del 3% che comporterebbe la certezza di venire messi sotto procedura d’infrazione europea. Dunque commissariati. E se i soldi del pregresso in quanto una tantum impattano solo sul deficit nominale, quelli per il 2015 e gli anni successivi andranno anche sul deficit strutturale, quello calcolato al netto del ciclo economico e delle misure straordinarie, altro metro di misura con il quale Bruxelles può colpire. Questa la dura realtà con cui il governo deve confrontarsi. E da qui parte la strategia per risolvere il problema. Primo, Renzi e Padoan per dare certezza e non perdere credibilità cercheranno di trovare una soluzione entro mercoledì prossimo, giorno nel quale la Commissione europea pubblicherà le raccomandazioni su conti e riforme italiane e con le quali deciderà se concederci un po’ di flessibilità sulle finanze pubbliche. Secondo, il governo non rimborserà ai pensionati tutti i 15 miliardi e passa mossi dalla sentenza, altrimenti l’impatto sulle casse dello Stato sarebbe ingestibile.
La via da seguire per farlo, fanno notare dal governo, la indica la stessa sentenza della Corte: rimborsare una percentuale del dovuto decrescente mano a mano che la pensione cresce. Dare più soldi a chi ha la pensione più bassa e meno a chi ce l’ha più alta e fissare una soglia, probabilmente tra i 3.000 e i 4.000 euro, sopra la quale non ci sarà alcuna compensazione. Un metodo all’insegna dell’equità.
Il governo Monti ha bloccato l’indicizzazione degli assegni per tutte le pensioni superiori a tre volte il minimo, ovvero dai 1.490 euro in su. La Consulta invece spiega che un principio di gradualità sarebbe stato più opportuno portando ad esempio una misura della manovra 2014: pagare «il 95% del totale per i trattamenti di importo superiore a tre volte il minimo, 75% oltre le quattro volte e del 50% per i trattamenti oltre le cinque volte».
Dunque i rimborsi per il pregresso e i pagamenti per i prossimi anni saranno a scaglioni e il governo sta studiando l’impatto delle percentuali indicate dalla Corte. Potrebbe ritoccarle al ribasso se risultassero troppo onerose per le finanze pubbliche.
E qui arriva la scelta più importante, che spetterà a Renzi. Posto che non saranno pagati tutti e 15 i miliardi, qualsiasi sarà la cifra finale l’Italia potrebbe saldarla alzando il deficit al filo del 3%, senza sforarlo, oppure dovrà compensare la spesa con nuove tasse o ulteriori tagli. «L’ipotesi di fare deficit è in campo – ammette una fonte vicina al dossier – ma va maneggiata con grande cura». Già, perché se alzassimo il deficit 2015 dal 2,6% previsto e nel frattempo alzassimo anche lo strutturale, per le nuove regole europee sui conti pur rimanendo sotto il 3% Bruxelles potrebbe comunque sanzionarci pesantemente mettendoci sotto procedura. Se il governo scegliesse la strada del deficit, come sembra in queste ore, e dovesse ricevere una risposta negativa da Bruxelles, a quel punto il Tesoro decreterebbe una sospensiva dei pagamenti, magari fino a luglio, per negoziare con l’Europa o alle brutte per trovare fondi compensativi. Una partita rischiosa che nei prossimi giorni intaserà le linee telefoniche tra Roma e Bruxelles.