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 2015  maggio 06 Mercoledì calendario

Un milione di voci per la Treccani.it. La storica, polverosa e prestigiosa Enciclopedia conquista il web. Massimo Bray si dice soddisfatto ma ricorda di non essere un diretto concorrente di Wikipedia, anche perché «ancora oggi il 99 per cento del nostro fatturato viene dalla vendita di volumi di carta»

Il conto alla rovescia è iniziato. Fra un mese, al massimo due, sul sito della storica, polverosa ma prestigiosa Enciclopedia Treccani ci saranno un milione di voci: un milione di lemmi e vocaboli: gratis, per tutti. E soprattutto, certificati. Autorevoli. Niente bufale. Niente scherzi del primo che passa in rete che magari si inventa la morte di un personaggio famoso per vedere l’effetto che fa. Il milione è un traguardo piccolo, in fondo, se paragonato all’immensità del web; ma dall’alto valore simbolico perché risponde ad una domanda che altrimenti potrebbe apparire paradossale, insensata, al limite crudele anche: che ci fa ancora la Treccani al tempo di Wikipedia? In un mondo sempre più digitale, dove quando un abitante qualunque del pianeta vuole sapere qualcosa, qualunque cosa, va su Wikipedia – che è redatta e gestita gratuitamente da milioni di volontari; come sopravvive l’Enciclopedia più amata dagli italiani?
Fondata novanta anni fa esatti da un imprenditore tessile, Giovanni Treccani, è diventata da subito uno dei simboli del sapere italiano. Di più: un obiettivo di crescita sociale e culturale, per milioni di famiglie; oltre che, diciamolo, un complemento di arredo indispensabile in altrettante librerie domestiche perché quei volumoni in fila, neri e oro, con i caratteri impressi, segnalavano il raggiungimento di uno status. Ottenuto in comode rate mensili. Qui le cose le sappiamo, e se non le sappiamo, sappiamo dove cercarle : ecco cosa dicevano quelle Treccani da tinello. Era un altro mondo, il mondo dei tinelli, il mondo prima di Google: ma se qualcuno pensava che il nuovo mondo si fosse portato via anche i volumoni, e più in generale, il senso profondo della loro missione, beh quel qualcuno si è sbagliato di grosso. E per dirlo, basta una battuta del direttore generale di Treccani: Massimo Bray, 56 anni, entrato qui come redattore nel 1991, per uscirne, temporaneamente, solo nei dieci mesi in cui è stato ministro dei Beni Culturali del governo Letta.
Seduto nell’ufficio, situato in un palazzo storico di una piazza di Roma che non a caso porta proprio il nome dell’Enciclopedia, Bray (che stasera sarà ospite di The Innovation Game, in onda su repubblica.it dalle 21), dice con un sorriso sincero: «Vorrei lanciare un hashtag: Wikipedia stai serena». Non è una sfida, e comunque non è alla enciclopedia universale e collaborativa fondata da Jimmy Wales nel 2001. È piuttosto la soddisfazione per aver intrapreso una strada che poteva essere un suicidio, «visto che ancora oggi il 99 per cento del nostro fatturato viene dalla vendita di volumi di carta», e invece aver visto che era quella giusta.
La storia digitale della Treccani parte da lontano. Dal 1996, quando non a caso il presidente dell’Istituto era Rita Levi Montalcini. In quell’anno nasce il sito Treccani.it., «poco più che una vetrina, come si faceva allora, ma c’eravamo». La sperimentazione digitale allora non era sul web, che era agli albori, ma nei cd-rom, un prodotto che oggi si fa fatica a spiegare ad un ragazzo ma che era in sostanza un disco con dentro contenuti multimediali navigabili in un modo diverso dalla carta, più coinvolgente. «Su questo la Treccani della Montalcini era fortissima», ricorda Bray, «il cd-rom le Frontiere della Vita, che lei stessa curò, vinse molti premi ed era innovativo già nel titolo che per la prima volta non usava la parola Enciclopedia».
Improvvisamente l’arrivo e il successo immediato di Wikipedia, a partire dal 2001, ha fatto diventare tutto questo vecchissimo. Eppure la storia ha preso un altro percorso e la Treccani ha scoperto una resilienza insospettabile. Primo: «Ancora oggi vendiamo cinquanta milioni di volumi di carta l’anno» dice Bray, «un caso unico fra le altre grandi enciclopedie mondiali». Ma è la via digitale ad essere sorprendente: perché a partire da un prodotto minore, la Piccola Treccani, è nata una vera enciclopedia online che nel 2014 ha superato cento milioni di visite; e accanto c’è un bel gruppo di applicazioni, alcune giocose e destinate ad un pubblico di ragazzi; e soprattutto c’è un rapporto intelligente con la rete. «È stato grazie alle segnalazioni della rete che abbiamo capito che c’era una domanda di informazioni sulla geopolitica e così abbiamo fatto un Atlante, cartaceo, che ha un gran successo».
E Wikipedia? Assiste a questa mutazione con curiosità e rispetto. Dice Andrea Zanni, 31 anni, presidente di Wikimedia Italia: «Se Treccani davvero mette contenuti autorevoli in rete, rende più facile il nostro lavoro, per noi sono una fonte».