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 2015  maggio 06 Mercoledì calendario

Lo sciopero della scuola è riuscito, molti professori e studenti hanno sfilato nelle sette città chiamate alla mobilitazione, inoltre per la prima volta da tempo immemorabile i sei sindacati che raggruppano i docenti (i tre confederali, Gilda, Snals e Cobas) hanno protestato lo stesso giorno e questo fa pensare a una possibile azione unitaria anche futura

Lo sciopero della scuola è riuscito, molti professori e studenti hanno sfilato nelle sette città chiamate alla mobilitazione, inoltre per la prima volta da tempo immemorabile i sei sindacati che raggruppano i docenti (i tre confederali, Gilda, Snals e Cobas) hanno protestato lo stesso giorno e questo fa pensare a una possibile azione unitaria anche futura.

Che cosa ha provocato una mobilitazione così massiccia?
Il disegno di riforma che Renzi ha battezzato “La buona scuola”. La legge è adesso in commissione alla Camera, arriverà in aula poco oltre la metà di maggio, Renzi a Montecitorio ha i numeri per fare quello che vuole, ma certo una mobilitazione così massiccia nel Paese lo preoccupa. Potrebbe avere ripercussioni sul voto delle regionali, potrebbe rendere più difficile la copertura a sinistra a cui il premier si sta dedicando adesso dopo la vittoria dell’Italicum  

Che cosa c’è che non va nella riforma di Renzi?
La stranezza è che i sindacati scioperano contro un piano di 100.701 assunzioni, che sarà perfezionato in modo da immettere queste nuove forze nella scuola già dal primo settembre. Noi diciamo “nuove forze”, si tratta in realtà di gente che lavora nella scuola da anni e che adesso viene stabilizzata. Si tratta dei precari di primaria, media e superiore e dei vincitori dell’ultimo concorso a cattedre. Senonché un anno fa Renzi aveva promesso molte più assunzioni – 140 mila – e la sistemazione anche degli idonei dell’ultimo concorso. Il sindacato su questo punto fa fuoco e fiamme, con l’aria di dire «tutti o nessuno». C’è anche l’idea che almeno 50 mila precari, in cambio di questa stabilizzazione, saranno allontanati dalla scuola per sempre. Ma il punto davvero dolente è quello dei prèsidi o dirigenti d’istituto.  

Di che si tratta?
Renzi ha una tendenza generale a creare figure di responsabili, singoli individui che rispondano di quello che fanno. È la sua idea per la Rai – dove si pensa a un amministratore delegato con pieni poteri, svuotando il peso del consiglio d’amministrazione e della commissione parlamentare di vigilanza – ed è la stessa idea per la scuola, dove i vari organismi collegiali introdotti a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta verrebbero depotenziati a favore della figura del preside, promosso in un certo modo a capo azienda. Al preside, se la legge passerà senza altre modifiche, sarà affidato il compito di scegliere i professori da sistemare in cattedra, di distribuire i premi in denaro ai migliori, di valutare i docenti appena immessi in ruolo. È un potere notevole, che ricorda quello dei capi d’istituto d’una volta, contro cui si battè con assoluta convinzione il vecchio Pci, in nome della scuola democratica e partecipata. I dati internazionali stanno lì a dimostrare che questo modello di scuola, seducente nell’immaginazione degli intellettuali, nella realtà ha funzionato poco. Sforniamo alunni tra i meno preparati al mondo, e la classe docente (lo ha ricordato per ultima la scrittrice-insegnate Paola Mastrocola) è troppo spesso di una mediocrità inammissibile. Il preside forte è la soluzione? Chi sa. Almeno potrà essere un interlocutore.  

• E i soldi?
Renzi promette investimenti per tre miliardi. E altri quattro miliardi per riparare le 36 mila scuole disastrate (ce ne vorrebbero dieci volte tanti). Poi c’è la possibilità, per ognuno di noi, di destinare, nella dichiarazione dei redditi, il 5 per mille alla scuola, e sono ammesse anche donazioni in denaro da parte di privati. Altro elemento che spaventa i sindacati e i professori più sindacalizzati, dato che tutto ciò a cui è appiccicata l’etichetta “privato” desta il massimo orrore.  

Scommetto che un altro punto contestato sono i finanziamenti alla scuola privata, che Renzi avrà di sicuro previsto.
Le spese che una famiglia sostiene per mandare i figli in una scuola privata si potranno dedurre dalla dichiarazione dei redditi, fino a un massimo di 400 euro (costo per noi: 100 milioni, da aggiungere ai 472 già erogati ogni anno al sistema non statale). Altra misura contestata è quella che obbligherà gli studenti a fare esperienza in azienda: 400 ore per i tecnici e i professionali, 200 ore per i licei. Anche qui si grida al lavoro gratuito, allo sfruttamento di manodopera. La Camusso, che tratta da un pezzo Renzi come un nemico, ha detto che questa riforma è stata pensata «per i ricchi».