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 2015  maggio 05 Martedì calendario

L’addio di Letterman. Dopo 33 il presentatore abbandona il suo Late Show. Il 20 maggio l’ultima puntata: «Voglio che sia una cosa allegra, ottimista, divertente, la gente deve essere felice di aver passato del tempo con me». In quest’intervista spiega la sua decisione, parla del suo scandalo sessuale, delle sue rivalità, della sua famiglia

Con un solo balzo, David Letterman attraversa il palcoscenico dell’Ed Sullivan Theater, quasi sospinto dalla fanfara della Cbs Orchestra diretta per anni da Paul Shaffer e dal rombo del suo presentatore, Alan Kalter, che annuncia il suo nome: «Daaaaa-vid Le-terrrr-maaaaaaaan». È una routine che l’anchorman, 68 anni, non ripeterà più dal 20 maggio, quando presenterà l’ultima puntata del suo Show, il programma che, tra Nbc e Cbs va in onda dal 1982 (stasera su Rai5 la puntata con il saluto del presidente Obama, poi quelle con le star: da Clooney a Tom Hanks e Julia Roberts). Da casa nessuno può vederlo mentre rotea il microfono come un lazo del Far West. È un rito riservato al pubblico in sala. Lui ride e chiede: «Siete pieni di nostalgia? Stabili emotivamente?». Ma come potrebbero questi suoi ammiratori non essere tristi, sapendo che tra un paio di settimane Letterman calerà il sipario su un’esperienza durata 33 anni – il suo mentore, Johnny Carson, andò in onda per trent’anni. Poi tornerà dalla moglie, Regina, e dal figlio, Harry, 11 anni, e cercherà di capire cosa succederà dopo.
Ha mai pensato: me ne sto andando troppo presto?
«Sì, sono inondato dalla malinconia. Ogni grande cambiamento nella mia vita è stato pieno di trepidazione. Quando lasciai l’Indiana per la California. Quando Regina e io decidemmo di avere un bambino. Sono le due cose più importanti nella mia vita, e sono andate oltre aspettativa. Fingo che accadrà la stessa cosa anche stavolta. Ma già mi manca, disperatamente. Le cose sono due: o lo accetterò da persona adulta e ragionevole. O mi darò al crimine».
Dall’annuncio del ritiro, sembra più rilassato. È vero?
«Sì, noto una differenza. Una sera che era ospite il chitarrista John Mayer ho pensato: “Ohhhh, ora vedo esattamente qual è il problema”: lui è giovane. È bello. È snello. È spiritoso. Allora ho capito. So di non poter fare quello che fa Jimmy Fallon. So di non poter fare quello che fa Jimmy Kimmel. Non c’è nulla di cui preoccuparsi».
Le sue innovazioni sono nate dalla necessità?
«All’inizio non capivo cosa funzionasse di più tra le cose stupide e quelle tradizionali. Le stupidaggini avrebbero allontanato il pubblico? La tradizione sarebbe stata più attraente? Guardandomi indietro, la risposta è che è meglio fare cose strane».
L’ascesa di Jimmy Fallon e Jimmy Kimmel l’hanno costretta a farsi da parte?
«Ma no. Ho 68 anni. Se ne avessi 38, probabilmente vorrei andare avanti. Quando c’era Jay [Leno] mi sembrava che fossimo coetanei. Faceva il suo spettacolo con eleganza. E così pensai: funziona ancora, un signore di una certa età in giacca e cravatta. Poi lui se ne andò, e improvvisamente mi trovai circondato dai Jimmy...».
È stato coinvolto nella scelta di Stephen Colbert come suo successore?
«No. Quando ce ne andiamo, siamo fuori dai giochi. Ho sempre pensato che Jon Stewart sarebbe stato un’ottima scelta. Poi è arrivato Stephen e forse questa era una buona opportunità per proporre una persona di colore, o anche una buona occasione per metterci una donna. Anche questo sarebbe stato ragionevole».
Dunque, non l’hanno consultata?
[Scuote la testa] Mm-mmm.
Le ha dato fastidio?
«Sì, credo di sì. Proprio a titolo di cortesia, forse qualcuno poteva dirmi: “Ecco alcuni nomi. Lei ha qualche idea?”. In quel momento ho pensato: ok, questo è quello che succede quando prendi una decisione del genere. Sarà molto interessante vedere cosa farà Colbert».
Lei ha spesso parlato di Johnny Carson come di un mentore, di un eroe creativo. Crede di essere stato al suo livello?
«Gli alti e bassi in quello spettacolo erano così [muove la mano in modo orizzontale]: momenti divertenti, senza mai perdere il controllo. Anche se le cose non andavano bene, andava bene lo stesso. Invece io ho sempre pensato [ansima]: “Dobbiamo fare questo, dobbiamo fare quello”. Carson, che lo sapesse o no, faceva esattamente ciò che la televisione deve fare. Lasciar scorrere. Perché la sera davanti alla tv la gente cerca solo un’esperienza piacevole. E io volevo dargliela».
Quando si trasferì alla CBS, si parlò molto della sua rivalità con Jay Leno. Un’esagerazione?
«No, non credo. Noi abbiamo prevalso per un po’, poi ho perso un po’ la strada. Un bel po’. E a quel punto, non c’era molto che potessi fare. Al pubblico piaceva più lui di me».
Qualcosa nel suo lavoro ha provocato questo cambiamento?
«Sì. Prima, ero piuttosto fiducioso perché non c’era concorrenza. Siamo partiti sparati, andavamo a un milione di miglia all’ora. Così ci siamo detti: “Possiamo davvero continuare così?”. Ci abbiamo provato e non ci siamo riusciti. Ci siamo lanciati, ma forse sulla strada sbagliata».
Come ha fatto a tornare sulla strada giusta?
«Non so se sia mai successo. Lo abbiamo capito soltanto quando è diventato lampante che lo show più popolare era quello di Jay e quando lo capimmo c’era poco da fare – non puoi rimettere il dentifricio nel tubetto – ma fu allora che cominciammo a ritrovare la nostra strada. Se in una gara passi il tempo a guardarti indietro, commetti un grosso errore. Per due anni ho fatto questo sbaglio, esaurendo tutte le energie».
Quando subì l’intervento al cuore nel 2000, temette di non poter più tornare allo show?
«Per la verità avevo paura di non poter più correre: per tutta la vita correre è stato un modo per chiarirmi le idee. Ero preoccupato che qualcuno prendesse il mio posto mentre io mi operavo, e che non mi riprendessero più vedendo quanto era bravo. Durante la convalescenza – mi avevano messo cinque bypass – avevo la paranoia che la mia vita fosse finita. Poi, sei settimane dopo l’operazione, ho fatto cinque miglia di corsa. La verità? Sono un eroe».
Nel 2009, rivelò di essere oggetto di un tentativo di estorsione per relazioni sessuali in redazione.
«Oh, sì. Il mio scandalo sessuale».
Pensò che la sua carriera sarebbe finita?
«Oggi direi che, sì, avrebbero avuto buone ragioni per licenziarmi. Ma allora pensavo: ok, qui c’è uno che ha avuto una relazione con una persona con cui non avrebbe dovuto averla. E mi dicevo: “Chi non ce l’ha?”, ma poi, quando ho visto le reazioni, ho pensato che sì, avrebbero potuto licenziarmi. Non l’hanno fatto. E questo gli va riconosciuto».
Pensa che la gente si possa sorprendere sentendola parlare così candidamente di queste cose?
«Non sapevo che altro fare. Non sono riuscito a inventarmi una bella bugia».
Per l’ultimo show s’ispirerà a Carson?
«Ricordo quando se ne andò quella sera, ci lasciò un penoso senso di perdita. Stavolta non sarà così. Voglio che sia una cosa allegra, ottimista, divertente, la gente deve essere felice di aver passato del tempo con me».
Cosa farà il giorno dopo l’ultimo show?
«Sarò completamente nelle mani della mia famiglia. Per la prima volta i nostri programmi per l’estate non dipenderanno da me. Dipenderà totalmente da ciò che mio figlio ha voglia fare. È giusto così. Quando prendi un bel pugno in testa, traballi. Meglio che altri prendano decisioni per me».