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 2015  maggio 05 Martedì calendario

Nella Francia del Grande Fratello. Oggi all’Assemblea Nazionale arriva la riforma che dà ai servizi la «licenza di sorvegliare». Dopo lo scandalo dell’Nsa, il dilemma tra libertà e sicurezza torna ad agitare le democrazie occidentali

«Je suis sur écoute». Sono intercettato. Era scritto così sui cartelli che i manifestanti hanno issato davanti all’Assemblée Nationale, reinventando il motto “Je suis Charlie” che per un breve momento ha unito il Paese. Quattro mesi dopo gli attentati al settimanale satirico e al supermercato kosher, i francesi sono sempre meno Charlie e s’interrogano invece su come evitare nuovi attacchi. Dopo altre capitali occidentali, l’antico dilemma tra libertà e sicurezza agita la democrazia dei Lumi. I deputati dell’Assemblée Nationale dovrebbero approvare oggi la riforma sui servizi segreti che autorizza quelle che in gergo si chiamano “tecniche speciali di inchiesta”. Non è una licence to kill, ma una licenza di sorvegliare. Dalle intercettazioni telefoniche al traffico su Internet, i servizi segreti potranno ascoltare e raccogliere informazioni su qualsiasi sospetto terrorista senza dover avere l’autorizzazione giudiziaria come invece accade in Italia o in altri Paesi d’Europa.
«Sarà una sorveglianza mirata», risponde il ministro dell’Interno Bernard Cazeneuve alle preoccupazioni di associazioni per i diritti civili, avvocati, magistrati, giornalisti, intellettuali che si stanno mobilitando. Da oltre un decennio, da quando il terrorismo islamico ha colpito il cuore dell’Occidente, il dibattito è aperto su come difendere meglio i cittadini da un nuovo nemico interno, continuando a rispettare i valori repubblicani. Per anni la Francia ha resistito alla tentazione di un controllo poliziesco sempre più invasivo, che restringe le libertà e la privacy. Dopo l’attacco alle Torri Gemelle, il governo francese era stato tra i paesi più critici con il Patriot Act. Le stesse preoccupazioni erano state espresse dopo la denuncia di Edward Snowden sul sistema d’intercettazione di massa della Nsa. Ora invece l’esecutivo di Parigi ha deciso di dare immensi poteri all’ intelligence in nome della lotta al terrorismo. La riforma francese è un nuovo punto di svolta in Europa, anche se molti paesi si stanno muovendo nella stessa direzione.
In Germania, la Grosse Koalition ha introdotto una procedura di raccolta dati su email e conversazioni sui cellulari per sei mesi. La misura, giustificata con la lotta antiterrorismo, è stata accolta con molte critiche, rafforzate dopo il recente scandalo che ha coinvolto il Bnd, il servizio segreto federale, accusato di collaborare con la Nsa: oggetto dello spionaggio non erano tanto le cellule terroriste bensì il governo francese e la Commissione europea. In Spagna, le Cortes hanno approvato a fine marzo un “patto contro il terrorismo jihadista” siglato subito dopo la strage di Charlie Hebdo tra i popolari del premier Mariano Rajoy e il Psoe guidato da Pedro Sánchez. La riforma introduce il reato di “indottrinamento passivo” per chi consulta pagine web con contenuti jihadisti. Ma è in discussione anche la possibilità per i funzionari di polizia giudiziaria di introdurre software trojan nei computer per poter esercitare un controllo remoto di dispositivi elettronici o sistemi informatici all’insaputa del titolare o dell’utente. “The French Surveillance State” ironizza adesso il New York Times. Qualcuno ha già scomodato Michel Foucault e la sua teoria del “panottico”, dal Panoptes, il gigante della mitologia greca con un centinaio di occhi. Lo slogan brandito ieri sera da un nuovo corteo nelle strade della capitale contro la riforma è stato imprestato, più banalmente, a George Orwell: «24 ore al 1984», scandivano i manifestanti. Il conto alla rovescia è quasi finito. Dopo il via libera dei deputati, la legge passerà a fine mese al Senato e diventerà operativa. Un iter parlamentare spedito, con sostegno bipartisan, per rispondere alle richieste dei servizi segreti. È anche un implicita ammissione di sconfitta. Molti attentatori, da Mohammed Merah, il killer di Tolosa nel 2012, ai fratelli Kouachi e Amedy Coulibaly, erano noti all’intelligence ma non sono stati fermati.
«Parlare di legge liberticida o di Patriot Act è sbagliato», dice Manuel Valls. «Non è solo una legge anti-terrorismo – puntualizza il ministro Cazeneuve – è anche una riforma destinata ad inquadrare i servizi permettendo più controlli». In pratica, spiega il governo, quello che veniva comunque fatto prima illegalmente verrà regolamentato in una cornice giuridica più chiara e trasparente. Con il nuovo testo, gli 007 potranno fare un maggior uso delle intercettazioni telefoniche, nascondere un microfono all’interno di un’auto o di un appartamento, sistemare chip Gps ovunque ritengano opportuno, oppure utilizzare Imsi-Catcher, antenne in grado di captare le conversazioni di cellulari in un raggio di 500 metri. La sorveglianza è allargata sul web, con il nulla osta al recupero dei “metadati” attraverso apposite “black box”, scatole nere nei provider che consentiranno, grazie a un misterioso algoritmo, di sorvegliare l’insieme del traffico Internet alla ricerca di “comportamenti sospetti”, definizione non meglio precisata.
È la stessa vaghezza che si ritrova nei setti motivi per cui è possibile attivare la sorveglianza rafforzata: non solo il terrorismo, ma anche la “criminalità organizzata”, le minacce agli “interessi strategici della politica estera” o a “interessi economici e industriali della Francia”, fino a “prevenzione di attacchi alle istituzioni repubblicane. Sulla base di termini così ambigui le associazioni per i diritti civili temono abusi. «Come verrebbe utilizzata questa legge se al potere arrivasse un governo autoritario?», si domanda polemicamente il direttore di Libération, Laurent Joffrin.
Ma sono obiezioni respinte nel clima di “guerra contro il terrore” in cui si trova il Paese, con cinque attentati sventati in poche settimane, secondo il ministero dell’Interno. La vigilanza sulla legge spetterà al Cnctr, la Commissione nazionale di controllo delle tecniche di intelligence, composta da tredici membri, tra cui sei parlamentari, che però dispone solo di parere consultivo. Il vero potere decisionale resta nelle sole mani del premier. François Hollande ha promesso di portare la legge davanti al Consiglio Costituzionale. Molti giuristi prevedono rilievi, in particolare sui troppi motivi per ricorrere alle “tecniche speciali di inchiesta” senza parere della magistratura. «Il gennaio 2015 è diventato un settembre 2001», tuona Edwy Plenel, direttore di Mediapart, che ha lanciato una petizione per fermare la riforma del governo. Tra i numerosi oppositori al progetto di legge ci sono anche attori di primo piano come il giudice antiterrorismo, Marc Trevidic, la Commissione Nazionale per l’Infomatica e le Libertà (Cnil), la Lega dei Diritti umani e Reporter senza frontiere. I cittadini però non sembrano seguire. Secondo un sondaggio dell’istituto Csa, il 63% dei francesi è favorevole a una limitazione delle libertà individuali su Internet in funzione antiterrorismo. Le nuove generazioni si sono già abituate all’idea che giganti come Google o Facebook praticano una raccolta dati sistematica e uno scarso rispetto della privacy. Il 1984, con tutta la sua simbologia orwelliana, è ormai realtà.