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 2015  maggio 05 Martedì calendario

Per D’Alimonte, ispiratore della nuova legge elettorale, l’approvazione dell’Italicum è una svolta: « È dal 1993 che l’Italia si è incamminata sulla strada della democrazia maggioritaria abbandonando il modello proporzionale»

Il sistema elettorale approvato dalla Camera ieri non nasce per caso. È dal 1993 che l’Italia si è incamminata sulla strada della democrazia maggioritaria abbandonando il modello proporzionale.
Il primo passo è stata la legge Ciaffi con cui si è introdotto nei comuni e nelle province un modello di governo originale. Il sindaco è eletto direttamente dai cittadini in un turno o due. Grazie a un sistema elettorale con premio ha in consiglio una maggioranza garantita, ma può essere sfiduciato con contestuale scioglimento del consiglio e elezioni anticipate. Lo stesso modello, ma senza doppio turno, è stato introdotto tra il 1995 e il 2001 nelle regioni. È un modello che ha funzionato bene in confronto a quello della Prima Repubblica quando i governi locali duravano lo spazio di un mattino. Nella maggior parte dei casi ha favorito stabilità e pluralismo. E come dicono tutti i sondaggi continua a piacere agli italiani.
L’introduzione del modello di democrazia maggioritaria a livello nazionale ha seguito un iter meno lineare. A differenza di comuni, province e regioni non è stata introdotta l’elezione diretta del capo del governo, ma sono stati introdotti in tempi diversi sistemi elettorali maggioritari che hanno portato in maniera tortuosa e indiretta alla stessa cosa. Di elezione in elezione la competizione elettorale si è imperniata su due alternative potenzialmente vincenti e gli elettori si sono abituati all’idea che il loro voto avrebbe determinato la vittoria di una delle due e l’investitura del suo leader a capo del governo. Non è cambiata la costituzione ma è cambiata la competizione. Quando nel 2001 gli italiani sono andati a votare sapevano che la scelta era tra Berlusconi e Rutelli, nel 2006 era tra Berlusconi e Prodi, nel 2008 tra Berlusconi e Veltroni. E nel 2018 sarà ancora una scelta tra due alternative. La differenza è che invece di essere – come nel passato – due coalizioni, molto eterogenee e litigiose, le alternative saranno due liste. La lista vincente governerà e il suo leader diventerà primo ministro. In maniera ancora più chiara di prima questo sistema mette nelle mani degli elettori un potere e una responsabilità enormi perché sarà il loro voto a decidere il governo del paese. E c’è chi va dicendo che sarebbe un sistema poco o punto democratico!
Il ballottaggio dunque sarà l’elemento decisivo. È questo il meccanismo con cui la minoranza più grande nel paese diventerà legittimamente maggioranza di governo. Sarà così perché è molto improbabile che ci sarà nel prossimo futuro un partito capace di arrivare al 40% dei voti e vincere così al primo turno. Il 55% di seggi promesso dall’Italicum i partiti se lo dovranno conquistare al ballottaggio. Tra l’altro la soglia del 40% valeva inizialmente anche per le coalizioni. La decisione di assegnare il premio solo alla lista, senza abbassare la soglia per ottenerlo, ha reso ancora più difficile che un partito vinca al primo turno.
Il ballottaggio sarà la modalità di funzionamento normale del nuovo sistema elettorale. Ci vorrà un po’ di tempo. Elettori e partiti dovranno imparare a utilizzarlo. Ma una volta a regime questo meccanismo potrebbe cambiare radicalmente la politica italiana. Potrebbe. Il condizionale è d’obbligo. I sistemi elettorali, anche quando sono disegnati bene, non sono bacchette magiche. Non possono sostituirsi alla politica. Sono strumenti. L’Italicum è un buon strumento che rappresenta un punto di equilibrio soddisfacente tra governabilità e rappresentatività. Ma non basta. Il buon governo non dipende solo dalle regole. Dipende principalmente dagli uomini e dalle donne che le useranno. Vedremo se elettori e partiti saranno all’altezza della sfida.