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 2015  maggio 01 Venerdì calendario

Milano sotto l’assalto degli incappucciati: hanno imbrattato vetrine di negozi e banche e lanciato uova e sassi sulla ManPower, l’agenzia interinale che ha reclutato il personale per Expo. Ma è solo l’inizio, da Berlino alla Grecia, l’ampia galassia antagonista è pronta a dar fuoco alle polveri

La lite, plateale sia per i modi sia perché viene ripresa dagli obiettivi di fotografi e cameraman (che diventano immediatamente bersaglio di spintoni e urla perché riprendere è vietato, ne fa le spese una telecamera di Sky), va in scena in viale Majno subito dopo la «sanzione» alla Manpower. L’agenzia di lavoro interinale, che vanta una partnership con l’Expo, è uno degli obiettivi di giornata del corteo studentesco, un migliaio scarso tra militanti di collettivi e centri sociali, vigilia della partecipata e temuta May Day Parade. E Manpower diventa bersaglio di uova alla vernice, di un paio di sassi, della ventina di incappucciati che coi martelletti antincendio incrina due delle vetrate che danno sul marciapiede, ma arretra subito appena il cordone di polizia accenna a una carica. Ed è allora, sullo spartitraffico dell’elegante viale, che gli anarchici vengono messi in un angolo, insultati dai compagni di manifestazione e volano qualche spintone e schiaffi. Era già successo la sera prima, quartiere Città Studi blindato, a un chilometro di distanza neofascisti e antagonisti a commemorare Sergio Ramelli e Gaetano Amoroso, caduti degli anni di piombo: il piccolo spezzone di casseurs che voleva partire in corteo e cercare lo scontro coi neri viene isolato e bloccato. Non si parlano nemmeno all’interno del campeggio No Expo, base del movimento al parco di Trenno. Oggi, quando in ventimila partiranno dalla nuova Darsena verso il centro – ma il prefetto ha vietato il passaggio della manifestazione in Duomo, deviandola verso la stazione Cadorna – chissà.Era il giorno degli studenti, dei collettivi di «Io non lavoro gratis per Expo», il primo di protesta di strada contro il grande evento. Si fanno sentire e notare già in piazza Cairoli, di fronte al Castello Sforzesco e sotto le piramidi sghembe degli Expo Gate, ricoperte dal lenzuolo «Grande Expo, grande bufala». Il no all’evento di Rho-Pero viene urlato in slogan, dipinto in vernice sulle vetrine di banche, compare la parola «mafia» su saracinesche e marciapiedi. La sede dell’Enel di via Broletto, a Brera, viene letteralmente spruzzata di colore ma non c’è nemmeno la parvenza dello scontro con le forze dell’ordine, schierate a drappelli a difesa della Borsa, di piazza Duomo, della Prefettura, del Pirellone. Il primo lancio di uova è riservato per le mura del consolato turco – compare la bandiera curda in corteo – in via Larga, a un passo dall’Università Statale, il secondo colpisce appunto la Manpower. Poi la tensione si scioglie, i mille sfilano senza altri sussulti verso la Stazione Centrale, approdano a cento metri dai grattacieli della nuova Regione e lì si fermano. Altrove, la Digos prosegue con i suoi sequestri e gli sgomberi preventivi. Dopo quelli alla Base di solidarietà popolare del Giambellino, un altro centro sociale in periferia (il Mandragola in piazza Prealpi) vede l’irruzione della polizia che trova mazze, caschi, coltelli, fionde, spranghe, maschere antigas. Una ventenne arrestata per un cazzotto a un agente, dieci denunciati, perquisita la sede di Radio Cane, tre tedeschi fermati in un furgone ed espulsi.È solo l’antipasto. La massa d’urto degli antagonisti, sindacati di base e anarchici che si muoveranno alle 14 di oggi da piazza XXIV maggio incombe sulla sicurezza del centro. Tra poliziotti, carabinieri, finanzieri, vigili e pompieri, un cordone di 2200 appartenenti alle forze dell’ordine li accompagnerà lungo corso di Porta Ticinese, Sant’Ambrogio, Cadorna – il punto più a rischio di spezzoni fuoriusciti, diretti verso il Duomo o il carcere di San Vittore – e arrivo in largo Pagano, dove la stazione della metropolitana verrà chiusa. Coda di tensione la sera in piazza Scala. E domani «iniziative diffuse in città», con possibile corteo in direzione di Rho-Pero.
Tiziana De Giorgio e Massimo Pisa

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Hans – chissà se è il suo vero nome – viene da Berlino, ha viaggiato in camper con altri cinque e dice che «è tutto ok». A occhio dev’essere il modo meno sgarbato per far capire al cronista che non è aria da gita scolastica. Anfibi neri. Tuta. Canotta. Un fazzoletto intorno al polso. Lattina di Redbull. Carlo è salito da Napoli 24 ore prima dei «tedeschi» – li chiamano così, sono un blocco autonomo che si autogestisce e si muove in Europa ovunque ci siano focolai di protesta internazionale. La prima notte Carlo ha dormito in una casa occupata, la seconda qui, al campo base NoExpo dove bivaccano in centinaia tra i furgoni e le auto e le tende piantate nell’erba umida.
Parco di Trenno, a ovest di Milano. Molti van hanno targa straniera: Germania, Francia, Belgio, Svizzera. Gli ultimi arrivati hanno trasportato un gruppo berlinese, un gruppo che sarà seguito nella notte, racconta un giovane anarchico di Milano, origini salentine, da altri arrivi. «Vengono tutti. Come da programma. Quello che succederà non so prevederlo, se vuoi ne parliamo domani». Parliamome subito. Non sono «quattro gatti» e sono pronti a «fare male a Expo». Lo hanno pianificato da mesi. Proveranno a farlo. Alla loro maniera. Una maniera che è e resta incontrollabile. Perché il vero pericolo, la miccia che oggi potrà far degenerare una giornata di tensioni annunciate, sono proprio loro: gli incontrollabili. I «neri», dove l’etichetta cromatica si riferisce solo al vestiario dei professionisti dei disordini di piazza. Gruppi violenti che hanno trovato un collante sotto il «largo» tetto delle due sigle egemoni nella galassia antagonista europea: Blockupy (che accorpa un centinaio di formazioni) e D19-20 (altrettanto). La prima nasce a Francoforte contro le politiche della Banca centrale europea, la seconda ha il cuore a Bruxelles e copre i temi dell’austerità, della disoccupazione giovanile, della sovranità democratica. Il link fra le due reti è Antifa, il collettivo antifascista internazionale, di ispirazione comunista, anarchica e socialista libertaria. «C’è gente che non conosciamo nemmeno noi, o magari ne conosciamo uno o due e invece si spostano in 30 o 40» – spiega Carlo che ha partecipato alle recenti occupazioni milanesi e che mercoledì era in piazzale Dateo al corteo antifascista in concomitanza con la parata commemorativa per Sergio Ramelli –. Hai l’impressione di trovarti in mezzo a una commedia delle parti, un gioco di ruoli già visto con inevitabile impasto di ambiguità: i «buoni» che non vogliono i «cattivi». Ma che un po’ li aspettano. Perché sanno che, piaccia o meno, arrivano comunque. I «cattivi», gli incontrollabili, sono un piccolo «esercito» transnazionale di black bloc – se la definizione può essere ancora attuale. Aspettano Expo da mesi. Da quando i Servizi hanno lanciato l’allarme perché agli addetti alla sicurezza era già chiaro che là, sotto la crosta dei movimenti dell’ampia galassia antagonista europea, soprattutto anarchica, l’appuntamento del Primo maggio a Milano era di quelli già segnati in agenda.
Quanti sono i casseur pronti a entrare in azione per «fare male a Expo»? E quanti saranno i manifestanti del corteo della My Day Parade che si dissoceranno, forse subendola, forse tollerandola, dall’infiltrazione studiata dai black bloc? Impossibile cristallizzare cifre. C’è chi dice che sono almeno 1.500-2 mila – stima forse per difetto – gli irriducibili europei delle rivolte in piazza domani. Un mantice pronto a gonfiarsi se, come è nelle intenzioni di qualcuno, il «blocco nero», quelli coi caschi, le bombe incendiarie, le mazze, riusciranno a «prendere» il corteo al quale si prevede parteciperanno decine di migliaia di manifestanti. Prenderlo dalla testa o dalla coda. Sfaldandolo in due pezzi: uno che continuerà a sfilare in pace scandendo cori e esibendo striscioni contro le grandi opere, lo sfruttamento del territorio, la negazione dei diritti alla casa e al lavoro. L’altro che cercherà di scatenare il caos sfasciando cose e sfidando l’imponente apparato di sicurezza messo in campo per la più calda delle «Cinque giornate» di Milano (3.700 gli agenti di rinforzo schierati a protezione dei 490 obiettivi sensibili). Sarà difficile, a quel punto, distinguere chi ha impiegato 8 anni per preparare una protesta ferma ma civile, sui contenuti, contro Expo da chi con un passa parola virtuale di soli tre mesi potrebbe rovinare la giornata provocando disordini e basta. «Hanno militarizzato la città, così è chiaro che fanno il gioco dei violenti» dice Valentina mentre appende un sac- co a pelo su una corda tirata tra due alberi nel campeggio «No Expo». Sa bene che i black bloc vogliono una vetrina da scassare. Una vetrina con affaccio sul mondo. Non fa finta di non sapere, Valentina, che quelli che il 18 marzo hanno messo a ferro e fuoco Francoforte per l’inaugurazione della nuova sede della Bce, oggi saranno qui. Mischiati in mezzo ai «compagni» della My Day. «Ci vediamo a Milano, ci saremo» avevano promesso gli specialisti delle barricate dopo l’assedio tedesco. E del resto a Francoforte, per spiegare le ragioni e il calendario delle «Cinque giornate di Milano, erano pure saliti i militanti di Attitudine No Expo. I «buoni». Quelli che avrebbero da perderci se la My Day si trasformasse in un nuova Genova.
È il rischio paventato dai nostri Servizi. A preoccupare maggiormente gli investigatori non sono i militanti dei centri sociali: men che meno quelli milanesi. A preoccupare è la mobilitazione della vasta galassia anarchica. Il «firmamento» europeo. I casseur francesi che si oppongono alle grandi opere (dai trasporti alle dighe); i riot inglesi tedeschi e scandinavi; i ribelli greci del Movimento Antiautoritario;, le frange più dure degli indignados spagnoli collegati con i gruppi messicani Sexta international y nacional e Esercito zapatista indigeno di liberazione nazionale. E gli anarco insurrezionalisti italiani: il fronte che fa riferimento alla Federazione anarchica informale. È la «stella» a cui guardano i gruppi antagonisti (attivi a Torino, Milano, Bologna, Padova, Venezia, Napoli) che hanno radicalizzato le proteste contro la Tav. Con gli assalti in Val di Susa, le bombe, le pietre, i bulloni di ferro, i sabotaggi. La grande opera da guastare, oggi, si chiama Expo. Ammirata e applaudita da oltre cento capi di Stato. Combattuta, in piazza, da chi è pronto a ferirla.
Paolo Berizzi