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 2015  aprile 30 Giovedì calendario

I gay e il divieto di donare il sangue. La Corte di Strasburgo dà ragione alla Francia: «Nessuna discriminazione. L’esclusione permanente dalla donazione di sangue per uomini che abbiano avuto rapporti omosessuali può, alla luce della situazione in Francia, essere giustificata ma solo se è dimostrabile che le persone in questione corrono un rischio maggiore di contrarre malattie contagiose»

È una sentenza bizantina, quella con cui ieri la Corte di giustizia dell’Unione europea ha stabilito legittima in Francia l’esclusione permanente dalla donazione di sangue per gli uomini che hanno avuto rapporti omosessuali. Ma per evitare discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale, questa esclusione è giustificabile solo se è dimostrabile che gli omosessuali in questione corrono un rischio maggiore di contrarre malattie contagiose, come l’Aids. In altre parole è con grande circospezione che l’Unione europea invita la Francia a modificare o, meglio, ad alleggerire le sue norme in materia di donazione del sangue, chiedendole di trovare il modo per non escludere sistematicamente, e a vita, i donatori omosessuali.
La Corte di Strasburgo propone anche un’eventuale quarantena per i campioni di sangue donati dai gay e la riformulazione del questionario sottoposto ai donatori per individuare più facilmente i comportamenti a rischio. Tutto ciò indica che l’esclusione permanente degli omosessuali dal donare il sangue può essere sì giustificabile, ma soltanto in casi estremi. Questo nuovo elemento giuridico, scriveva ieri Le Monde, potrebbe presto costringere le autorità francesi a rinunciare al divieto.
L’interdizione francese di donare sangue per gli uomini omosessuali fu sancita nel 1983, per una più alta presenza di Hiv tra questi soggetti e per l’esistenza di una cosiddetta “finestra silenziosa” di dieci giorni durante i quali il virus non è individuabile nel sangue prelevato. Nel 2012, sollecitati dalle associazioni per i diritti degli omosessuali che interpretano come discriminatoria questa normativa, i socialisti appena arrivati al potere avevano promesso di cambiare le regole, per poi non farne nulla. Lo scorso marzo, il Comitato di etica francese ha indicato che l’interdizione andava mantenuta in attesa di altre riflessioni, mentre all’inizio di aprile l’Assemblea nazionale ha votato all’unanimità un emendamento per abolire questo divieto «che riguarda l’orientamento sessuale». Il caso su cui si è pronunciata la Corte di Strasburgo risale al 2009, quando un medico di Metz, nel nordest della Francia, rifiutò la donazione di sangue di un uomo. La vicenda fu portata davanti al Tribunale amministrativo di Strasburgo, che si rivolse alla Corte di giustizia per chiedere se l’esclusione permanente è compatibile o meno con il diritto europeo.
L’essenziale, sostengono gli epidemiologi, è garantire la sicurezza di chi riceve il sangue. Ora, i contagi di Hiv per trasfusioni di sangue avvengono in un caso su 2,9 milioni. La metà di questi sono dovuti a donatori che hanno infranto, più o meno consapevolmente, il divieto. Che fare allora? Alcuni studi dimostrano che una normativa meno discriminatoria migliora la sincerità dei donatori sul loro comportamento sessuale. Ma un eccessivo alleggerimento potrebbe avere effetti deleteri sui riceventi e rischierebbe di essere interpretato come un via libera alle donazioni di sangue come test di depistaggio. Se negli Stati Uniti e in Gran Bretagna si stanno anche cercando nuove strade, il Canada ha deciso che possono donare sangue solo gli omosessuali in astinenza da 5 anni. «La donazione di sangue è un dovere civile per chiunque sia sano e in grado di poterlo fare», dice Franco Grillini, presidente di Gaynet, commentando la sentenza di Strasburgo. «Puntare ancora il dito sugli omosessuali maschi, come ha fatto la Corte penale, oltre che sbagliato è anche un errore sul piano epidemiologico, perché la comunicazione continua a insistere sui gruppi a rischio e non sulle pratiche a rischio».