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 2015  aprile 30 Giovedì calendario

Genitori che giocano fino all’alba alle slot e figli che restano a casa senza acqua né cibo. Nel milanese due quarantenni sono stati arrestati: chiudevano a chiave il secondogenito di 10 anni in una stanza con a disposizione per dormire una branda priva di materasso, mentre il grande, 11 anni, doveva badare al fratellino di 6

Il secondogenito, il ribelle secondo i sadici genitori, restava chiuso a chiave in una stanza, con a disposizione per dormire una branda priva di materasso. Il maggiore doveva badare a preparare la cena e accudire l’ultimo fratellino. Succedeva quasi ogni giorno. Dal primo pomeriggio, da quando tornavano da scuola, fino alle quattro, le cinque del mattino successivo. Mamma e papà andavano via. Per giocare nelle sale bingo alle slot machine. Buttando i soldi guadagnati con una piccola attività commerciale aperta nel paese di residenza, in provincia di Milano. E punendo i figli se la notte non portava guadagni, oppure se i piccoli osavano lamentarsi dell’assenza, o ancora se soltanto fiatavano.
Botte, insulti, sequestri per un «motivo» come per nessuno. La squadra mobile della questura di Milano ha arrestato i genitori, quarantenni italiani senza precedenti, e ha affidato a una comunità i piccoli di 6, 10 e 11 anni.
Il terrore, è stato accertato, durava da febbraio. Gli investigatori sospettano che sia avvenuto da sempre. I parenti non si erano accorti di nulla. I vicini di casa nemmeno. Di amici, la coppia ne aveva pochi. E anche per quei pochi, tutto regolare. Ad accorgersi che c’erano problemi è stato il personale scolastico. I bambini avevano problemi di comportamento, di concentrazione, di rapporti con i compagni. È stata avvisata la polizia. Del caso si è occupata la squadra mobile e in particolare la sezione guidata da Patrizia Peroni che indaga sulle violenze sessuali e contro i minori. L’attività investigativa ha permesso di ascoltare che cosa succedeva in quell’appartamento, in disordine, trascurato, non fosse altro perché di fatto se ne occupava un bambino di 11 anni: il primogenito era diventato il padrone di casa. Volavano schiaffi, volavano bestemmie contro i piccoli.
I genitori, agli investigatori, non hanno rivelato particolari. Non hanno spiegato, non hanno cercato di articolare difese. Delle ossessive gite nelle sale bingo s’è saputo seguendo i due. Non accompagnavano i figli al parco, al cinema, al lago o al mare, a una festicciola. Non volevano che gli amichetti venissero a trovarli. Andavano a prendere i figli a scuola e, per accelerare, per poterli abbandonare e correre a giocare, li facevano mangiare in macchina. Merendine, pranzi preparati al volo. Per i bambini i danni, fisici e psicologici, saranno forse irrecuperabili. Il compito della comunità che ora se li ritrova tutt’insieme, è difficile. Al limite della sfida.
Per i genitori si attende l’iter della giustizia. Le prove a carico, raccolte dalla squadra mobile di Alessandro Giuliano, sono schiaccianti. Non lasciano adito a dubbi. Non ci sono misteri. C’è la segregazione, ci sono le violenze, ci sono gli insulti. E ci sono anche, naturalmente, le confessioni dei piccoli. Con l’aiuto delle maestre, pian piano qualcosa hanno cominciato a raccontarlo. Soprattutto il secondogenito, il ribelle. Nella stanza della prigionia non aveva un goccio d’acqua e un grammo di cibo. Nella testa malata di mamma e papà, beveva e mangiava troppo. Era meglio, anzi giusto, che rimanesse a digiuno.