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 2015  aprile 30 Giovedì calendario

1986, l’inizio di un’epopea. Berlusconi compra il Milan: «Tenteremo di applicare al calcio le nostre tecniche di gestione e di marketing». Paga gli stipendi arretrati, regala calici di Cartier, acquista calciatori, sbarca in elicottero all’Arena con la cavalcata delle Walchirie, soffia Donadoni alla Juve, e fa sfilare sul tappeto rosso(nero) Sacchi con Van Basten, Gullit, Capello con i suoi Invincibili. Poi, con la cessione di Kakà, il declino e, oggi, l’allenatore non sa più che pesci pigliare

Quella che ormai è giunta ai titoli di coda, per un numero impressionante di stagioni ha avuto le cadenze di un crescendo rossiniano. L’epopea berlusconiana ha trasformato il Milan in un club a dimensione planetaria ed è stata caratterizzata da un numero impressionante di trofei (28), tra i quali spiccano soprattutto gli scudetti (8), le Coppe dei Campioni (5). Tra il primo titolo (lo scudetto by Sacchi dell’88) e l’ultimo (la Supercoppa di Lega strappata all’Inter nel derby pechinese del 6 agosto 2011) sono trascorsi 23 anni, quasi un quarto di secolo in cui Silvio Berlusconi da Sua Emittenza si è trasformato nel più medagliato presidente rossonero.
Subentra a Farina
La data d’inizio di questo periodo d’oro viene convenzionalmente fatta risalire al 13 dicembre 1985 con le dimissioni di Giussi Farina, l’ultimo anello di una catena che, con la benedizione di Gianni Rivera, aveva portato in via Turati personaggi come Vittorio Duina e Felice Colombo. Il 10 febbraio 1986 Paolo Berlusconi, fratello di Silvio, annuncia: «Abbiamo preso il Milan». Una settimana più tardi, il 17 febbraio, Silvio Berlusconi in persona conferma: «Tenteremo di applicare al calcio le nostre tecniche di gestione e di marketing. Interverremo anche nei particolari. La squadra non ha la divisa, ci vorrà forse un pullman nuovo». Appunti sparsi prima di partire alla conquista del mondo. Il 1° marzo il nuovo padrone sbarca a Milanello. Alle 13.05 dall’elicottero che atterra in mezzo al nevischio scendono anche il figlio Pier Silvio e il quarantunenne Adriano Galliani, l’uomo destinato a diventare non soltanto il plenipotenziario della proprietà ma l’irrinunciabile punto di riferimento della grandeur rossonera.
Stipendi e Cartier
Foto di gruppo con Nils Liedholm, l’allenatore, con Rosario Lo Verde e Gianni Nardi, gli ultimi rappresentanti di un Milan crepuscolare. Per dare la sveglia Berlusconi si presenta con gli assegni a copertura degli stipendi arretrati, con un calice di Cartier per ciascuno dei giocatori e con l’annuncio dell’acquisto di Dario Bonetti, cui seguiranno a ruota gli arrivi di Massaro, Giovanni Galli, Galderisi e, soprattutto, quello di Roberto Donadoni, soffiato alla Juve di Giampiero Boniperti.
In uno scenario del genere l’ascesa al soglio rossonero risulta una formalità: il 24 marzo 1986 Sua Emittenza diventa infatti il ventunesimo presidente del club ma, sorpresa delle sorprese, non all’unanimità: tre soci nostalgici di Rivera, 98 azioni complessive su un milione di titoli, votano niet.
Sbarco in elicottero
Il lucido progetto del Grande Milan parte da qui. «Dando retta al cuore e non alla ragione», Berlusconi manda gradualmente in orbita la sua creatura. C’è lo sbarco in elicottero all’Arena con la cavalcata delle Walchirie, si materializza lo sconosciuto Arrigo Sacchi, Hateley e Wilkins sono rimpiazzati da Van Basten e Gullit, arrivano il primo scudetto (a Como), la prima Coppa dei Campioni (a Barcellona esodo biblico dei tifosi rossoneri) e la prima Coppa Intercontinentale (a Tokyo, punizione di Evani al 119’). Arriva tutto. Anche la notte di Marsiglia. E sul tappeto rosso(nero) sfilano Fabio Capello con i suoi Invincibili, Boban, Savicevic, Desailly, Weah, Shevchenko, Gattuso, Rui Costa, Inzaghi, Carletto Ancelotti ambasciatore degli ultimi anni realmente felici, Seedorf, Pirlo, Kakà, Ibra.
La discesa arriva però inesorabile e rovinosa e la cessione di Kakà per fare cassa ne è il primo indizio. Oggi il Milan non è più il Milan. E se un allenatore che non sa più che pesci pigliare trasforma la conferenza stampa prepartita in una esibizione bulgara senza contraddittorio davanti alle telecamere del canale sociale significa che tutto è perduto, anche lo spirito originario. È accaduto martedì, vigilia della sfida di ieri con il Genoa. Caro presidente, si affretti a vendere. Quello in cui credeva non esiste più.