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 2015  aprile 29 Mercoledì calendario

«Meno buste di plastica». Secondo l’europarlamentare danese Margrete Auken è l’unico risultato che l’Italia ha portato a casa durante il nostro semestre europeo

Cosa ha portato a casa il semestre europeo a guida italiana? A questa domanda, per mesi un’incognita al netto degli entusiasmi del governo, ha risposto l’europarlamentare danese Margrete Auken (Verdi), relatrice della proposta di limitazione alla circolazione delle buste di plastica approvata ieri dal Parlamento di Strasburgo: “La presidenza italiana ha avuto un ruolo enorme nella mediazione con il Consiglio, grazie alla quale si è riusciti a superare le forti resistenze della Commissione europea e ad arrivare all’accordo”.
Il Belpaese è così passato da osservato speciale a modello. Dal 2011, anno di entrata in vigore del bando per i sacchetti monouso di plastica di spessore inferiore a 0,05 millimetri, la Commissione europea aveva aperto una procedura di infrazione contro l’Italia per la violazione della Direttiva sugli imballaggi, che ne prevedeva la libera circolazione. Eventualità già “congelata” lo scorso 17 novembre e definitivamente sventata ieri.
Le norme vogliono combattere uno dei principali fattori di inquinamento, specie dei mari. Pesci e uccelli trovati con lo stomaco pieno di questi frammenti ne sono la testimonianza, e forse ancora di più lo è ilPacific Trash Vortex, l’isola di rifiuti che galleggia nel Pacifico, composta principalmente da plastica, con un’estensione più grande dell’India. Per ridurre le buste agli Stati è stata imposta una scelta: o applicare un prezzo ai sacchetti entro la fine del 2018, o trovare il modo di ridurre il consumo medio a 90 shopper pro capite entro la fine del 2019 e a 40 a partire entro la fine del 2025.
La media europea, secondo gli ultimi dati disponibili risalenti al 2010, è di circa 200 buste (204 per l’Italia) per un totale di circa 100 miliardi di sacchetti, di cui l’89% usati una sola volta. Per valutare l’efficacia delle misure gli stati dovranno anche stilare una relazione annuale, a partire dal terzo anno di entrata in vigore della direttiva. Ed entro 18 mesi dovranno uniformare i propri ordinamenti alle nuove regole. Nonostante il bando degli shopper di plastica la direttiva continua a riguardare l’Italia. “Gli Stati potranno vietare le buste di plastica – spiega Auken – ma i sacchetti compostabili, usati per la raccolta dell’umido come quelli italiani, saranno compresi nel target di riduzione”. Una contraddizione frutto di una mediazione.
“La Gran Bretagna – rivela l’europarlamentare – ha chiesto che venissero introdotti nel computo come contropartita per l’esclusione delle buste di plastica ultraleggere, di cui è produttrice. Si tratta di quelle usate per motivi igienici nei supermercati, per la frutta”. Il Parlamento ha obbligato la Commissione a valutare proposte per la loro limitazione ed eventualmente a presentare un progetto di legge entro due anni. Stesso termine anche per verificare l’impatto delle buste oxo-degradabili che si frammentano in particelle plastiche minuscole, ma che comunque rimangono nell’ambiente per centinaia di anni. Spacciate come una soluzione all’inquinamento in realtà sono ancora più pericolose, perché entrano nella catena alimentare.
Nel frattempo il Parlamento ha imposto alla Commissione anche l’obbligo di fissare regole per l’etichettatura, per rendere più difficili le frodi. Eventualità tutt’altro che remota: secondo una recente indagine del pm di Torino, Raffaele Guariniello, il 60% dei sacchetti in circolazione sarebbe tutt’ora fuorilegge.