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 2015  aprile 29 Mercoledì calendario

1985-2015. Il Censis passa racconta l’Italia degli ultimi trent’anni attraverso i consumi: dal grande spreco alla grande crisi

Più pane e meno carne. Più computer e meno aspirapolveri. Cucine piccole e soggiorni grandi. Dal logo al no-logo. Come siamo e come eravamo. Più pesce e niente burro. Il Censis racconta trent’anni d’Italia (1985-2015) attraverso i consumi. Dal grande spreco alla grande crisi. Dai vestiti su misura agli outlet. Dalle camere da letto che si restringono ai bagni che raddoppiano. Dagli ipermercati ai gruppi d’acquisto, dai viaggi per pochi ai low cost per molti. La casa, l’auto, il carrello della spesa. Dai surgelati firmati ai discount stracciaprezzi. «Così – spiega Giuseppe De Rita – siamo diventati tutti ceto medio».
Nel bene e nel male. «Dall’edonismo dei consumi al consumo responsabile: trent’anni di cambiamenti degli stili di vita degli italiani». È questo il titolo dell’ultimo saggio del Censis, una indagine capillare nel portafoglio delle famiglie dagli anni Ottanta a oggi. Un viaggio nella trasformazione di un paese che da ricco e ottimista nel “secolo breve” si ritrova impaurito e (quasi) povero nel terzo millennio, intaccando risparmi e pensioni. Eppure sopravvive, riscoprendo la sobrietà dei nonni.
È divisa in “ere” di cinque anni la ricerca del Censis (fatta in collaborazione con Findomestic e che sarà presentata il prossimo 8 maggio), ognuna delle quali “fotografa” un segmento della nostra storia recente, quella più prossima e vicina. A partire dal 1984, l’anno della morte di Enrico Berlinguer, quando Maradona approda al Napoli e Tommaso Buscetta diventa collaboratore di giustizia e “racconta” Cosa Nostra a Giovanni Falcone. Il Censis definisce questo periodo (1984-1989) “L’era del pieno consumo”. Il reddito degli italiani cresce del 2,6% l’anno, il numero di chi ha un conto corrente in banca passa dal 40,8% al 47,3%. Nel 1987 si mangia frutta esotica nel 32,8% delle case, nel 72,1% dei frigoriferi ci sono scorte di acqua minerale. La vendita di auto tra i 30 e 60 milioni di lire cresce del 158% tra il 1983 e il 1990. È il momento, così lo definisce Giuseppe De Rita, fondatore del Censis, in cui la maggioranza degli italiani, «diventa ceto-medio». «È come un immenso lago in cui entrano tutti: il bracciante calabrese che riesce a comprarsi la casa e la televisione, ma anche il prof di latino e greco che ha un ruolo culturale ma uno stipendio modesto. È la grande ascesa della piccola borghesia, così come l’aveva definita anni prima Pier Paolo Pasolini. Il ceto medio che si forma e si modella attraverso i consumi, il vero ascensore sociale».
Tra il 1990 e il 1994, gli anni di Tangentopoli e di Mani Pulite, della morte di Sandro Pertini, ma anche della vittoria ai Mondiali di Calcio, l’Italia vive la «stagione della medietà». Ancora ricchi ma già più cauti. Consumatori “a geometria variabile” caratterizzati da una totale infedeltà a marchi e griffe che fanno impazzire gli esperti di marketing. Nelle famiglie si spende sempre di più per l’istruzione, mentre si fanno largo discount e ipermercati che aumentano del 95,3%, ma dagli acquisti “emotivi” si torna agli acquisti “ponderati”.
Poi il vento cambia. Forse è l’effetto Europa. Nel 1995 vengono firmati gli accordi di Shengen, nel 1997 nasce Google, e due anni dopo l’euro diventa la nostra moneta unica. Roberto Benigni vince l’Oscar con “La vita è bella”. Negli anni 1995-1999 ricompare, secondo il Censis, “l’ottimismo, ma temperato”. Il futuro, soprattutto quello dei giovani, complice l’Erasmus, sembra a portata di mano. Crescono le spese per i viaggi e le attività culturali, inizia la grande corsa verso la trasformazione “it” delle nostre vite: arrivano computer e cellulari. Gli oggetti nelle case cambiano forma. Quegli arredi, mobili, elettrodomestici che Vittorio Marchis, storico dell’Ingegneria, professore al Politecnico di Torino, ma anche brillante scrittore, utilizza per descrivere la metamorfosi della società italiana. Il libro si chiama, appunto, «Le cose di casa», (Codice Edizioni).
Stanza dopo stanza, Marchis spiega l’origine di ciò che circonda la nostra intimità: dal frigorifero allo sciacquone del bagno, dal microonde di oggi alla macchina da cucire di ieri. I consumi, identificati negli oggetti. «Ogni innovazione si può dire tale soltanto se viene consumata, altrimenti muore. Il frigorifero ha vinto, il videotelefono è finito nel dimenticatoio. Perché – spiega Marchis – il frigorifero mi libera dalla schiavitù della spesa tutti i giorni, protegge il cibo, mentre il videotelefono è stato soltanto una moda. Se analizziamo come sono cambiate le abitazioni negli ultimi trent’anni, possiamo dire che si è passati da una casa della sopravvivenza, ad una casa dell’intrattenimento». Specchio dei bisogni che migrano dai beni essenziali – frigorifero, lavatrice, tv, cucina a gas – a quelli tecnologici, la casa e i suoi oggetti diventano il punto di partenza di un nuovo mondo “senza fili” fatto di relazioni virtuali. Dove, dice Marchis, «vincono l’innovazione, il consumo responsabile e la cura di sé».
Non è un caso. Dal 2000 al 2007 matura in Italia quello che il Censis definisce «Il vivere altrimenti». Crescita economica minimale e consumi già sostanzialmente fermi. Ma di fronte a questi «vincoli oggettivi» le famiglie ridisegnano, si legge nella ricerca, «originali e più qualificati percorsi di spesa». Il Duemila è arrivato, ma è molto diverso da quello descritto nella grande fantascienza di «2001-Odissea nello spazio». Il 60% degli italiani dichiara di preferire il low cost, l’86% cerca di mangiare sano e con pochi grassi, il 21% frequenta palestre e piscine, il 41% preferisce cibi bio o di qualità. Sono gli anni dei “Gas” dei gruppi d’acquisto, del consumo equo e solidale.
La crisi gela la vita nel nostro paese. L’America, nel 2008, festeggia Barack Obama. “Yes, I can”. Ma da noi sono anni drammatici, mentre tramonta la seconda repubblica. Il taglio è drastico: il 62% delle famiglie elimina i pasti fuori casa, il 58% riduce cinema e teatro, il 43,2% modifica al ribasso le abitudini alimentari. Eppure, in questa fase durissima che il Censis chiama di «downgrading e attendismo», gli italiani, secondo De Rita, mostrano tutta la loro saggezza. «Il ceto medio non è stato travolto perché ha attinto alla tradizione di sobrietà e di cautela delle generazioni precedenti, che avevano vissuto la guerra e la povertà. Tutto è stato ridimensionato, tranne forse la tecnologia. In senso metaforico si tornano a rivoltare i cappotti, come facevano i nostri genitori».
Il risultato, sottolinea De Rita, è che nell’ultimo anno, i risparmi sono tornati a salire. A prezzo di lacrime e sangue, si potrebbe aggiungere. E nel primo trimestre del 2015, le immatricolazioni di auto nuove sono cresciute del 13,5% rispetto al 2014. L’erogazione di mutui immobiliari è aumentata del 42,4%. «Ancora una volta è la vitalità del ceto medio che dal basso sta salvando la nostra società – conclude De Rita – anche se per adesso gli italiani i loro risparmi se li tengono stretti, metaforicamente sotto il letto, cioè non li investono. Per paura, per sfiducia. Si chiama “capitale non agito”. E dunque, quello che accadrà nei prossimi mesi del 2015, sarà determinato da come il ceto medio deciderà di utilizzare i propri risparmi».