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 2015  aprile 29 Mercoledì calendario

Se un cinguettio fa affondare Twitter. La soffiata sui dati di bilancio costa al titolo un crollo del 18%. Il calo di fatturato nei primi tre mesi di quest’anno e con il numero di utenti molto più bassi delle aspettative degli analisti hanno spaventato i mercati

Prima il “giallo” dei dati di bilancio: diffusi in anteprima da Selerity, un sito di “intelligence finanziaria”, hanno colto di sorpresa gli executives di Twitter che si preparavano a pubblicarli con calma e soprattutto dopo la chiusura di Wall Street. Poi la realtà dei conti: con il fatturato nei primi tre mesi di quest’anno e con il numero di utenti molto più bassi delle aspettative degli analisti. E infine la “punizione” della Borsa: che, in un clima confuso e caotico, ha visto chiudere il titolo con un crollo del 18 per cento (con un minimo di – 26%). Insomma, è stato un martedì nero per Dick Costolo, 51 anni, e da quasi cinque chief executive di Twitter, il servizio di micro-blogging amatissimo da politici, star di Hollywood e, fino all’altro ieri, anche dagli investitori.
Fondato nel 2006 a San Francisco e sbarcato a Wall Street nel 2013, Twitter aveva visto finora una crescita impetuosa. Ma ieri era una giornata molto delicata: operatori e mercati aspettavano con ansia i risultati trimestrali per capire se il “reboot”, cioè il riavvio su nuove basi della società, promesso da Costolo l’anno scorso, stesse portando i primi risultati. Per un insieme di circostanze tutto è andato storto. Di solito le società americane sono attente ai problemi di sicurezza al momento della pubblicazione dei dati per evitare casi di insider trading e inchieste amministrative. Eppure i numeri di Twitter sono caduti in mano, per motivi ancora non chiari, a Selerity: che, paradossalmente, ha usato proprio quattro “cinguettii” (cioè quattro Tweet) per informare tutto il mondo della finanza dei deludenti risultati della azienda californiana.
Le contrattazioni in Borsa sono state subito sospese per evitare ulteriori turbative e in attesa di un chiarimento. Ma Costolo e i suoi collaboratori non hanno potuto fare altro che confermare dopo 20 minuti l’accuratezza delle cifre fornite dai Tweet-spia: se da un lato gli utili lordi sono stati di 7 centesimi per azione nei primi tre mesi del 2015, cioè più delle previsioni che parlavano di 4 centesimi, il fatturato – pur essendo aumentato del 74 per cento dallo stesso periodo dell’anno precedente – si è attestato a 436 milioni di dollari, cioè meno delle aspettative di 36 analisti sondati dalla Thomson Reuters, che in media calcolavano che avrebbe raggiunto i 538 milioni. Non solo: il numero mensile di utenti attivi è stato di 241,6 milioni, cioè meno dei 243 milioni previsti.
«La crescita del fatturato non è stata come ci aspettavamo per via della debole risposta che abbiamo avuto su alcuni nuovi prodotti», ha spiegato Costolo: nella speranza di attenuare le preoccupazione, ma in realtà accentuandole. Anche perché la dichiarazione è uscita nel trambusto creato dalla sospensione del titolo. Risultato: le quotazioni sono precipitate. Erano cresciute del 31 per cento, ma ieri hanno dovuto rinunciare a due terzi di quei guadagni.
Come per altre aziende tecnologiche, e a dispetto della sua capitalizzazione di Borsa che è di 27 miliardi di dollari, Twitter è ancora ben lontano da produrre profitti e fatica a diversificare i suoi prodotti e raccogliere pubblicità sul web. Secondo gli ultimi calcoli controlla lo 0,87 per cento dei 145 miliardi di dollari di pubblicità digitale spesi nel 2014: che rappresenta un aumento rispetto allo 0,49 per cento del 2013, ma è sempre molto meno della quota di Facebook che è quasi dell’8 per cento.