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 2015  aprile 29 Mercoledì calendario

Migranti, per capire «se meritano l’asilo si cercano notizie su Google». Così una delle commissarie che si occupa dei permessi di soggiorno dei profughi spiega come vengono indentificati i profughi

Oltre 5mila domande in attesa di essere vagliate, con gli appuntamenti più lontani nel tempo già fissati per l’estate 2016. Come dire: c’è chi ha fatto domanda che sarà valutata fra oltre un anno (e nel frattempo resta qui, naturalmente). Due commissioni territoriali impegnate full time dal lunedì al venerdì, che riescono a valutare complessivamente 18 pratiche al giorno. E una squadra di interpreti specializzata nelle lingue più disparate per cercare di verificare, anche con l’aiuto di ricerche su Google, la veridicità delle informazioni circa l’identità e la zona di provenienza dei richiedenti asilo. Se l’Italia, dove attualmente sono 65mila gli immigrati in attesa che la loro domanda di asilo politico sia valutata, fatica a gestire questa enorme mole di profughi, la cui accoglienza nel 2015 costerà alle casse dello Stato oltre un miliardo di euro, tra le piazze più sotto pressione c’è quella di Milano. Nel capoluogo lombardo il numero di richieste è infatti tale che, dopo l’attivazione nel mese di marzo di una seconda commissione territoriale in sostegno a quella che era già operativa, i due organismi sono stati trasferiti dalla prefettura al più spazioso Palazzo Erba Odescalchi, edificio storico a pochi passi dal Duomo, dove occupano un intero piano. Qui operano quotidianamente le commissioni all’interno delle quali siedono un rappresentante dello Stato, uno della pubblica sicurezza, uno dell’Associazione nazionale comuni italiani (Anci) e uno dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr). Sono loro, con l’aiuto degli interpreti che affiancano di volta in volta chi ha presentato domanda di asilo politico, a cercare di capire se queste persone siano effettivamente chi dichiarano di essere o se, come capita, siano degli impostori. Un compito a dir poco improbo, come racconta un membro della commissione. Il quale preferisce per ragioni di opportunità mantenere l’anonimato. «Le difficoltà sono molte. Innanzitutto c’è il fatto che praticamente nessuno degli immigrati che presentano domanda di asilo è in possesso di documenti di identità». La verifica delle generalità avviene pertanto con sistemi ben lontani da quelli che si potrebbero immaginare. Escluso qualsiasi ricorso all’ambasciata o alla rappresentanza consolare del Paese da cui il profugo dichiara di provenire: «Trattandosi di persone che dichiarano di essere in pericolo di vita, non possiamo utilizzare questo canale perché li esporrebbe a un rischio». Gli indicatori più importanti sono quindi la lingua o il dialetto parlati dal profugo, e i dettagli che emergono dal suo racconto riguardo la fuga, il viaggio che l’ha condotto fino in Italia e la sua storia famigliare. «Ci si basa sulla lingua come indicatore della zona di provenienza, dopodiché si fanno una serie di domande che consentano alla persona di dare contezza del luogo da cui è fuggita, verificando anche attraverso ricerche su Google che le risposte siano corrispondenti alla realtà. Mettiamo che una persona dichiari di essere fuggita da una cittadina del Mali in cui è in corso la guerra: le si chiederà di raccontare di quel luogo e poi si cercheranno riscontri, anche su internet». Quanto ai Paesi di origine, scordatevi la Siria di Assad o la Libia del post Gheddafi. «Vediamo soprattutto persone che dichiarano di arrivare da Mali, Nigeria, Costa d’Avorio, Pakistan, Bangladesh. Pochissimi i siriani, di libici non ne sono mai arrivati». Come poi vadano a finire le cose, è presto detto. In Italia, delle 12.720 richieste di asilo processate dall’inizio dell’anno, una su due è stata bocciata. E a Milano, anche se di dati ufficiali non ce ne sono, la percentuale di quelle respinte è certo più alta che in altre zone del Paese. «Ci sono giorni in cui nemmeno una domanda viene accolta» conferma il membro della commissione territoriale. Un dato sconcertante. Soprattutto se si pensa che ogni profugo, a dispetto della legge che fissa in 3 settimane il termine entro cui valutare la domanda di asilo, rimane a carico delle finanze pubbliche per oltre un anno, al “modico” costo di 1.000-1.200 euro al mese. Ma non basta. Oltre alle spese per garantire vitto, alloggio e un pocket money di due euro al giorno per le spese quotidiane, c’è da mettere in conto anche quello delle nuove figure specialistiche nate intorno al fenomeno dell’accoglienza ai profughi. Dai mediatori culturali agli interpreti, fino a chi si occupa della formazione dei membri delle commissioni territoriali, che devono seguire corsi ad hoc organizzati dall’Agenzia europea di sostegno in materia di asilo (Easo), l’indotto del settore è è notevole. E nel corso dell’ultimo anno, con l’allungamento dei tempi necessari per evadere le domande di asilo, il suo peso sui conti pubblici è ulteriormente aumentato. +143% è l’incremento in percentuale dei richiedenti asilo in Italia nel 2014 (64.600 domande) rispetto all’anno precedente quando erano stati poco più di 26mila. Il Belpaese, secondo i dati pubblicati da Eurostat, è il terzo paese dell’Ue per numero di richiedenti asilo (dopo Germania e Svezia). Analizzando la composizione dei richiedenti asilo, si nota una particolarità tutta italiana: la scarsa presenza di donne (7,6%) e di minori (6,8%), nettamente inferiore rispetto alla media 58% Sulle 35.180 domande di asilo esaminate nel 2014 nel nostro Paese (poco più della metà del totale di quelle presentate), ben 20.580 sono state valutate positivamente, ossia poco meno del 60% del totale. Lo scorso anno l’Ue ha accolto il 45% delle 360mila domande esaminate. I siriani risultati essere i più accolti, con ben 66.300 richieste accettate 40 È Il numero delle commissioni che valuta le domande d’asilo. Nell’ultimo anno il Viminale ha raddoppiato il numero delle commissioni (passando da 20 a 40) per tentare così di ridurre i tempi d’ottenimento dell’asilo