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 2015  aprile 29 Mercoledì calendario

Il Tarocco rosso, un tesoro hi-tech. Se le bucce d’arancia che diventano vestiti, e gli scarti di frutta e verdura si trasformano in energia. Ovviamente bio

La scena si svolge nel Palazzo delle Aquile. Palermo, giugno 1860. Le truppe di Francesco II sono in rotta e il capo dell’esercito borbonico, Giuseppe Letizia, fa visita all’eroe dei due mondi lì acquartierato. Letizia chiede un armistizio e trova Garibaldi intento a sbucciare un’arancia: segue quadretto di genere, coi due militari che si spartiscono gli spicchi dell’agrume. 
Un secolo e mezzo dopo è ancora il Tarocco rosso che nasce dalla lava dell’Etna a tentare di mettere in collegamento il passato e il futuro di un’isola e della sua economia. Anzi, stavolta dell’arancia è la buccia a condurre la narrazione. Che si snoda poi in due intuizioni diversissime per settore ma dall’analoga tensione imprenditoriale: estrarre valore aggiunto dallo scarto di lavorazione della frutta che qui, al 38esimo parallelo, si chiama pastazzo. 
Micro produttori con una manciata di ettari da coltivare, piccole cooperative di trasformazione e qualche consorzio alla ricerca di un marchio commerciale, quella che la locale Coldiretti definisce «la frammentatissima filiera dell’agrume siciliano» immette sul mercato 1,6 milioni di tonnellate fra arance, mandarini, pompelmi e limoni per un giro d’affari di 695 milioni di euro (la stima è dell’Ismea) generando tuttavia ogni anno un enorme problema:700 mila tonnellate di bucce e scorze da togliere dai piazzali. Un onere che la Orange Fiber Srl di Catania vuol trasformare in tessuti e la Cooperativa Empedocle di Palermo in energia. 
Sfide neanche tanto teoriche, dato che entrambe le start up sono già a buon punto nei propri business plan. La Coop Empedocle sta applicando una tecnologia utilizzata da anni e con profitto in Lombardia e in Emilia, dove gli scarti della lavorazione della frutta e delle verdure finiscono nei biodigestori per generare gas. «In Italia – racconta il presidente della Coop, Gianni Biundo – sono attivi duemila impianti, e di questi solo uno è in Sicilia. Il meridione è in ritardo, ma gli impiantisti non avevano nulla da proporre a un mercato, quello degli agrumi, che ha una serie di criticità tecniche che vanno dalla stagionalità al contenuto batterico del compostaggio». Ecco dunque l’agri-digestore. «L’impianto – prosegue Biundo – può produrre energia elettrica, biometano, bioprodotti e nutrienti per il terreno ed essendo di dimensioni molto ridotte rappresenta un potenziale integratore di reddito per tutte le aziende agricole mediterranee». 
Duecento chilometri, da Catania a Palermo, e le bucce d’arancia, da bio-combustibile, si trasformano in una fibra tessile duttile, naturale e, soprattutto, cosmetica. Il copyright – anzi il brevetto – è tutto al femminile: Adriana Santanocito ed Enrica Arena sono l’anima e il volto di Orange Fiber. «Dalla buccia – spiega Enrica – viene estratta la cellulosa e attraverso le nanotecnologie gli olii essenziali vengono fissati sui tessuti, i quali li rilasciano in maniera graduale: la pelle è più morbida, come se ci si mettesse una crema idratante». A settembre i primi tessuti diverranno capi d’abbigliamento: un tesoro di nicchia e d’alta moda.