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 2015  aprile 29 Mercoledì calendario

Quei 5 milioni di italiani che comprano online farmaci taroccati: dal Viagra all’Epo, passando per anabolizzanti, anoressizzanti e antidepressivi. Per reperire medicinali che un medico non prescriverebbe mai, perché inutili o vietati, o che si vergognano di chiedere moltissime persone affidano la propria salute alla Rete. I rischi sono enormi ma i numeri non accennano a scendere

Come un’onda che non si ferma mai. Parte dalla richiesta registrata su un server cinese, passa da un magazzino dell’Europa dell’Est, varca le Alpi sul camion di un corriere e entra in un appartamento di Roma o Milano, di Napoli o Bari. Poi ricomincia daccapo, migliaia di volte. Viagra, Epo, anabolizzanti, anoressizzanti e antidepressivi taroccati o rubati non stancano mai gli italiani. In cinque milioni hanno scelto i canali online, prevalentemente clandestini, per reperire quei farmaci che un medico non prescriverebbe mai, perché inutili o vietati, o che si vergognano di chiedere. Circa 750mila sono i più affezionati a questi acquisti pericolosissimi.
Il problema è che questi numeri non accennano a scendere, malgrado le campagne che invitano a stare lontani dai siti che commerciano medicinali e nonostante i pericoli siano ormai segnalati da anni da più parti: ministero della Salute, medici, media di tutti i tipi. «Quella online resta la porta preferenziale per accedere a medicine per le quali non esistono indicazioni terapeutiche. E c’è uno zoccolo duro di italiani che davvero non riesce a cogliere quanto sia rischioso questo comportamento». A parlare è Domenico Di Giorgio, responsabile dell’Ufficio qualità e contraffazione di Aifa. Da anni è impegnato a contrastare il traffico online. Talvolta è come provare a svuotare il mare con un secchio. Si stima che siano 40mila i siti che vendono medicinali, di cui appena lo 0,6% in regola. Qualche tempo fa Aifa e Nas ne hanno fatti chiudere 150. Una secchiata, appunto.
Il problema è tale che non ha senso affrontarlo da soli. Per questo l’Italia sta costituendo una rete con altri Paesi, per ora Spagna, Portogallo, Gran Bretagna e Serbia. Si chiama Fakeshare e mette in rete i dati del lavoro sui siti clandestini svolto nei vari Paesi. Nei giorni scorsi Aifa ha organizzato un convegno per fare il punto della sua attività. In quell’occasione sono stati presentati i dati di un sondaggio di opinione svolto da Claudio Barbaranelli, ordinario di Psicologia alla Sapienza di Roma, e dalla società Swg. Circa il 20% dei 24 milioni di italiani tra i 18 e i 64 anni che va su internet almeno un’ora alla settimana ha comprato medicinali online. Il 3% lo fa spesso. «Le operazioni di polizia servono e diventano sempre più raffinate grazie agli strumenti che stiamo mettendo in piedi – dice sempre Di Giorgio -Però dobbiamo lavorare sulla domanda. Vanno convinte le persone che ancora credono non sia pericoloso comprare le medicine online. A volte entriamo nelle chat di chi acquista gli anabolizzanti e assistiamo a test da cavie. Ci sono giovani che si iniettano roba di provenienza incerta e dicono: “Vedete, non mi fa niente”. Purtroppo gli effetti più gravi si possono vedere anche dopo molto tempo». I siti mettono in commercio farmaci contraffatti oppure rubati. I primi sono pericolosi perché non si sa bene come sono stati fatti e con cosa. A volte sono state sequestrate confezioni di medicinali con un tot di principio attivo (perché un po’ di effetto lo devono fare...), ma tagliate con sostanze tossiche. «Il procedimento è simile a quello usato con la droga», dice ancora Di Giorgio. «Del resto internet è uno strumento a disposizione di tutti, anche delle grandi organizzazioni criminali». Proprio l’Italia è stata al centro, tra il 2013 e il 2014, di una serie di furti giostrati da gruppi ben organizzati, che facevano sparire interi tir di medicine. In tutto i grossi colpi sono stati 157 e buona parte degli autori sono stati arrestati in questi mesi in varie città italiane. Se i medicinali rubati erano molto costosi, venivano immessi su mercati di altri Paesi usando distributori fittizi. Quando valevano meno, erano rivenduti anche su internet. Andavano a rinvigorire la grande onda.