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 2015  aprile 29 Mercoledì calendario

Il premier nepalese Sushil Koirala dice che i morti del terremoto potrebbero essere più di diecimila

Il premier nepalese Sushil Koirala dice che i morti del terremoto potrebbero essere più di diecimila. «È una catastrofe immane». Il Centro emergenze del nostro ministero dell’Interno ieri sera parlava di 5.057 vite perdute, oltre 10mila feriti, 450mila sfollati. Non si sa però se si arriverà mai a fissare un numero preciso di vittime. In Nepal vive nascosta, cioè clandestina, una grande comunità di rifugiati tibetani: non si sapeva che c’erano, non si saprà mai quanti ne sono morti. L’Onu ha calcolato che – tra Nepal, India, Bangladesh – gli uomini e le donne interessati dal sisma sono otto milioni, un milione e quattrocentomila hanno poco da mangiare e da bere. Si stanno esaurendo anche le scorte di acqua in bottiglia. D’altra parte ci sono grandi difficoltà a raggiungere non solo le zone colpite, ma persino la capitale Kathmandu. Il tempo è cattivo, piove a dirotto, l’aeroporto è congestionato. La squadra di soccorso giapponese – 70 persone – è dovuta per due volte tornare a Kolkata, nell’India orientale, da dove era partita. Idem domenica per quattro aerei dell’aeronautica militare indiana carichi di attrezzature per le trasmissioni, aiuti e personale specializzato, costretti a fare rientro a New Delhi.

E gli italiani?
Gli italiani ancora irreperibili sono dieci. Il ministro degli Esteri Gentiloni, che è in Cina, ha spiegato che la situazione in Nepal è «complicata e confusa, abbiamo lavorato prima di tutto a rintracciare i connazionali e finora ne abbiamo trovati 347, tra cui purtroppo le quattro persone che hanno perso la vita». Ieri mattina risultavano ancora 39 dispersi, numero sceso poi nel corso della giornata. Il responsabile dell’Unità di crisi, Claudio Taffuri, ha spiegato che in questo momento, nel Paese, ci sono grandi difficoltà di comunicazione. «Se gli italiani – ha detto - ancora non rispondono alle nostre chiamate, può significare che semplicemente non hanno modo di mettersi in contatto e sarà necessario ancora del tempo». Taffuri ha detto che un aereo «con un primo nucleo di connazionali a bordo» potrebbe rientrare già entro oggi. In Nepal è all’opera un team messo in piedi dalla Farnesina e composto da due funzionari dell’Unità di crisi del ministero degli Esteri, da quattro membri della Protezione civile, dal console generale a Kolkata e da personale del consolato onorario italiano in Nepal.  

Com’è finita con quelli che erano rimasti bloccati sull’Everest?
Li hanno soccorsi con gli elicotteri. 170 scalatori sono stati tratti in salvo dal Campo 1 (6000 metri di quota), a due a due perché l’elicottero a quell’altezza vola male per via dell’aria rarefatta. Gli italiani hanno mandato dieci elicotteri con altrettanti elicotteristi. Uno di questi, Marco Folini, ha raccontato che purtroppo c’è stato un brutto incidente, «nel caos una persona ha perso la vita perché è finita nel rotore di un elicottero. Il pilota ora è in prigione». Sull’Everest sono morti in 18, finora hanno trovato 13 cadaveri. Delle 150 persone che si trovavano ai campi 1 e 2 al momento delle scosse, 120 si sono dirette a piedi a Pangboche, località a quasi 4.000 metri di altitudine.  

È vero che sui soccorsi si gioca anche una partita politica?
Sì, infatti il governo ha rifiutato certe squadre, per esempio quella di Taiwan, con cui il Nepal non ha rapporti diplomatici. Braccia aperte invece per i cinesi, che lavorano per far fare al Nepal una fine non dissimile da quella del Tibet e hanno stanziato per i soccorsi 130 milioni inviando anche sul posto 12 aerei, 6 elicotteri, soldati, specialisti e cani da ricerca a suo tempo sperimentati nei lavori di soccorso ad Haiti, in Pakistan, in Giappone e in Cina. In gara per mantenere la sua influenza secolare anche New Delhi: gli indiani hanno mandato 13 aerei e più di 500 soccorritori. Il Pakistan, ugualmente interessato a giocare un ruolo in Nepal, ha inviato quattro aerei C-130. Poi ci sono gli aiuti dell’Onu (15 milioni di dollari), quelli degli Stati Uniti (10 milioni), quelli della Commissione europea (3 milioni). Tra le altre da segnalare l’iniziativa di Facebook, che ha invitato tutti i suoi abbonati a versare qualcosa in favore dei terremotati e ha messo sul tavolo due milioni di dollari.  

Ho letto che un terremoto identico, in California, avrebbe provocato poche decine di morti, e forse neanche.
La miseria è un potente alleato della capacità distruttiva dei terremoti. Case ammassate, costruite senza tener conto del pericolo, benché si sappia che quella è una zona soggetta a sismi molto forti. Sì, in California – e dovunque si applichino seriamente le norme antisismiche – quella scossa non sarebbe stata tanto devastante.  

Quanti sono i bambini coinvolti?
L’Unicef parla di 2,8 milioni di bambini che hanno urgente bisogno di assistenza sanitaria.