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 2015  aprile 27 Lunedì calendario

Gli hacker di Putin entrano (virtualmente) nella Casa Bianca: lette le mail di Obama. Clamorosa ammissione: per diversi giorni lo scorso autunno è stata violata la corrispondenza personale del presidente americano

I russi hanno spiato la posta elettronica privata di Barack Obama. Sono entrati nei server delle persone che gli sono più vicine, dai familiari ai consulenti della Casa Bianca, e da lì si sono aperti una breccia di accesso ai messaggi che il presidente americano scambiava. Ordini del giorno, commenti sull’attualità politica e sulle polemiche di governo, banali conversazioni mondane: tutta la comunicazione non classificata del primo cittadino americano è stata per un periodo non ben definito lo scorso autunno sotto gli occhi di osservatori lontani, con ogni probabilità associati al palazzo del Cremlino.
La notizia dell’intrusione era già stata svelata all’inizio del mese dalla Cnn, e giovedì scorso è stata confermata dal ministro per la Difesa Ashton Carter, ma solo ieri il New York Times ha collegato quella che inizialmente era stata annunciata come una violazione delle linee del dipartimento di Stato, alla figura del presidente. Fonti anonime dell’amministrazione specificano che il furto non riguarda nessuno dei documenti classificati, per i quali i funzionari di Washington sono tenuti a usare computer dedicati ed esclusivamente collegati tra loro in un sistema di massima sicurezza. Allo stesso modo sarebbe rimasto protetto il Blackberry che Obama si ostina a usare nonostante il parere contrario della sua security. L’oggetto della profanazione sono invece i contatti che l’etichetta e la convenienza suggeriscono di lasciare al di fuori del protocollo: gli scambi di battute e di osservazioni che il presidente Usa ha con i dignitari esteri, i commenti privati sugli affari in corso che scambia con i suoi collaboratori.
LE TRACCE
Tutte le tracce secondo gli investigatori portano a Mosca, dove in quel periodo Putin stava giocando la delicata partita dell’annessione della Crimea, della pressione separatista sull’Ucraina, e dei movimenti di truppe che tanto hanno insospettito l’occidente e gli Usa. Per la fine di ottobre l’attacco cibernetico era stato rintuzzato e la porta di accesso era stata chiusa dal controspionaggio. Ma l’amministrazione americana era tanto preoccupata da quello che aveva appena scoperto, che durante il meeting di Vienna a novembre per la trattativa sul nucleare iraniano, tutto il personale statunitense incluso i giornalisti inviati a seguito della delegazione, hanno dovuto comunicare su linee riservate di posta elettronica, appositamente create dai servizi di sicurezza.
Non è la prima volta che Obama viene fatto segno di pirateria elettronica. Il direttivo della sua prima campagna elettorale nel 2008 fu infiltrato dalle spie cinesi, che da lì a poco avrebbero invaso i sistemi elettronici di banche, grandi aziende e istituti pubblici dal Pentagono all’Fbi. Lo scorso novembre quando la mail della Sony Pictures fu aperta e rivelata al mondo, la Casa Bianca denunciò immediatamente la matrice nordcoreana del cyber attacco. Nell’episodio appena rivelato invece sia la matrice russa che la responsabilità individuale degli hackers sono rimaste segrete. Interrogato a riguardo, il portavoce della Casa Bianca Josh Earnest si è giustificato dicendo che l’inchiesta federale ha concluso che un eventuale divulgazione non sarebbe stata «negli interessi del Paese».