Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  aprile 16 Giovedì calendario

Un figlio che ammazza la mamma per onore, mentre lei gli chiede perdono in ginocchio, è storia che lascia senza parole. È successo a Rosarno, terra calabrese dove troppo spesso le famiglie coincidono con le ’ndrine, e persino il diritto naturale è rovesciato

Sbagliamo noi, a stupirci. Anche se un figlio che ammazza la mamma per onore, mentre lei gli chiede perdono in ginocchio, è storia che lascia senza parole nel resto del mondo. Anche se perfino un magistrato esperto come il procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, fa fatica a raccontarla ai cronisti, «tanto è inimmaginabile». Invece a Rosarno, terra calabrese dove troppo spesso le famiglie coincidono con le ‘ndrine, persino il diritto naturale è rovesciato. E tutti lo sanno. Doveva saperlo anche Franca quando vent’anni fa, brava mamma di ‘ndrangheta, cantava al suo piccolo Francesco la ninnananna del Malandrineddu. O quando gli raccontava come una favola il codice del sangue e del clan. Perché a Rosarno clan e cognomi pesano. Franca era una Bellocco, nipote di Gregorio, un capo dei capi. E per tradire suo marito, Salvatore Barone, sorvegliato speciale sul lago di Garda, s’era scelta come amante Domenico, un Cacciola, altro cognome pesante nella Piana: parente di quella Maria Concetta che, essendo diventata testimone di giustizia, fu costretta dalla famiglia – secondo l’accusa – a bere acido muriatico dopo settimane di botte e angherie. Qui i figli sono spesso arma di ricatto per piegare madri coraggiose: successe a Lea Garofalo, che per amore della piccola Denise finì
per consegnarsi ai suoi carnefici. Ma, talvolta, i figli sono essi stessi carnefici. Perché il canone delle ‘ndrine prevede che il disonore vada lavato dal parente più prossimo. Sicché, nell’estate del 2013, dev’essere stato un lampo, per Francesco, ormai ventenne, decidere cosa fare, dopo aver scoperto che sua madre «buttava la vergogna in faccia alla famiglia» con quella passione clandestina e impossibile. Conosciamo l’orrore di quell’alba del 18 agosto grazie a un vigile urbano che abitava lì accanto, ha testimoniato e adesso è sotto protezione: a casa di Franca Bellocco arriva un commando, Francesco è dentro, con lei; si sente la sua voce di donna disperata che invoca «pirdunatimi!»; poi il figlio prende la macchina: un complice accanto, la madre tramortita o forse già morta nel bagagliaio. Di Franca Bellocco e Domenico Cacciola non si troveranno più i corpi, Francesco è stato arrestato. Spesso diciamo che solo le donne potranno battere la ‘ndrangheta. Schiave e al tempo stesso vestali nella società mafiosa, sono loro a trasmetterne i valori: liberandosi, rovesceranno le ‘ndrine. Ma togliere l’odio dal latte dei bambini è solo facile a dirsi. Franca s’è allevata il suo assassino credendo fosse amore.