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 2015  aprile 07 Martedì calendario

Italia e Usa, pace è fatta. L’incontro con il sottosegretario di Stato Victoria Nuland ha chiarito ogni malinteso sulla questione delle sanzioni russe: «Alla scadenza verranno rinnovate»

A una decina di giorni dal viaggio del presidente del Consiglio Matteo Renzi a Washington, l’apparente “differenza” fra Italia e Stati Uniti sulle sanzioni contro la Russia per la crisi ucraina e la “tensione” di cui si è parlato quando il nostro presidente del Consiglio si recò in visita al Cremlino sono rientrate. Indiscrezioni raccolte dal Sole 24 Ore confermano che in effetti le tensioni – e le differenze – ci sono state, ma rivelano che subito dopo la visita di Renzi a Mosca, un incontro con il sottosegretario di Stato Victoria Nuland ha chiarito ogni malinteso. E come ci dice in un’intervista esclusiva l’ambasciatore Daniel Fried, il coordinatore della politica sulle sanzioni e forse il principale esperto in materia di relazioni con la Russia e con l’Europa dell’Est al Dipartimento di Stato, Italia e Stati Uniti sono allineati per una riconferma delle sanzioni alla loro scadenza il prossimo luglio. Fried, riconosce che c’erano preoccupazioni a Washington per gli sforzi russi di «contattare Paesi europei che sembravano non essere del tutto convinti sulle sanzioni... Penso che Mosca avrebbe desiderato che l’Italia potesse rompere con il consenso europeo sulle sanzioni, ma quella non è stata la realtà e non abbiamo mai pensato che che ci potesse essere una rottura perché siamo stati in continuo contatto con l’Italia».
La diplomazia al lavoro dunque, in momento delicato, quando molti, anche all’interno del governo italiano, dibattevano sull’opportunità di mantenere le sanzioni dopo gli accordi di Minsk e a fronte di un danno economico per le nostre aziende. Fried ricorda però che le sanzioni sono state decise con l’Europa e consultando alleati chiave «tra cui l’Italia, proprio per non danneggiare un singolo Paese in modo sproporzionato. Abbiamo ascoltato e abbiamo tratto beneficio dai consigli italiani». E afferma che le aziende statunitensi sono state ugualmente penalizzate: «Appena qualche settimana fa un importante gruppo americano mi ha chiamato per lamentare la perdita di un affare da un miliardo di dollari» dice ancora Fried. L’ambasciatore inoltre smentisce dati secondo cui le sanzioni abbiamo favorito le esportazioni americane a danno di quelle europee. In effetti su questo tema di forte valenza economica si è fatta molta confusione. Anche Il Sole 24 Ore aveva riportato dati che davano un vantaggio all’America, ma verifiche successive hanno confermato che quei dati non erano credibili. Il problema è che non vi sono statistiche comparabili onnicomprensive, il Global Trade Atlas che cerca di armonizzare dati diversi parla di un vantaggio americano dello 0,7% ma altri dati stimano una caduta del 3,3% e persino del 9,9%. Di certo dati circolati sulla stampa che stimavano vantaggi del 14% e oltre per l’America a fronte di perdite per l’Europa non sono corretti: «La stessa Commissione Europea ha analizzato l’impatto delle sanzioni e ha giudicato che fosse equamente distribuito fra Europa e Usa», dice Fried. E sposta l’attenzione altrove: «Il vero problema è che la Russia non ha riformato la sua economia nel modo che avremmo sperato. E se la Russia dovesse chiudere con il percorso di aggressivo revisionismo all’estero e di statalismo e autoritarismo a casa, questa Russia davvero riformista sarebbe una Russia di gran lunga più prospera di grandissima importanza per gli affari americani e europei». Fried sottolinea che in questo momento il riformismo russo non è una priorità americana: «La nostra politica ora è quella di esercitare pressioni sulla Russia di modo che aderisca agli accordi di Minsk che ha sottoscritto e che la si smetta con questa aggressione russa contro un altro paese europeo».
Gli ricordiamo le tesi di Mersheimer dell’Università di Chicago secondo cui la Russia si sente “accerchiata” dall’Occidente e dalla Nato e reagisce di conseguenza. La Russia risponde Fried ha sottoscritto il memorandum di Budapest del ‘94 e osserva che l’atto finale di Helsinki aveva solo un obiettivo: «Arrivare a un’Europa che non avrebbe sofferto cambiamenti dei propri confini con la forza e che avesse popoli liberi di scegliere il proprio destino, come ha fatto l’Ucraina guardando all’Unione Europea. Per questo le sanzioni e l’applicazione degli accordi di Minsk sono importanti: Questi principi sono sotto attacco dall’aggressione russa». C’è da chiedersi però se Minsk sia fragile solo per colpa di Mosca. Il cessate il fuoco è violato anche dagli ucraini, non solo dai separatisti. E le tensioni e provocazioni ci sono da ambo le parti. Fried ammette che il cessate il fuoco ha subito violazioni da ambo le parti anche se, dice «in modo preponderante per colpa dei separatisti e dei russi. Ancora oggi mantengono armi pesanti e soldati all’interno dei confini ucraini. Per il resto proprio ieri il presidente Poroshenko ha detto di essere favorevole a un referendum, e le riforme ucraine previste da Minsk procedono spedite, il governo a Kiev ha avuto l’appoggio del Parlamento e chi dice il contrario è vittima della propaganda russa attraverso RT (Il canale televisivo russo in lingua inglese ndr)». Quando gli chiediamo se l’America non alimenti questo tipo di propaganda minacciando di inviare armi pesanti e letali all’Ucraina, Fried risponde che «Nessuna decisione è stata presa... e comunque vi è molta differenza fra l’inviare armi a un gruppo di ribelli o a un governo legittimamente eletto in un processo democratico». E il futuro? Fried è certo che vi sarà il rinnovo delle sanzioni quando scadranno a luglio: «Solo una decina di giorni fa il Consiglio Europeo ha preso una decisione forte, non ha rinnovato formalmente le sanzioni, ma essenzialmente lo ha fatto sul piano politico – dice ancora Fried – È stata una buona decisione, dimostra che l’Europa resta coerente e forte e l’Italia è stata parte di quella decisione». Il processo di Minsk, per una scelta russa sulla ricostituzione dei confini, scadrà alla fine dell’anno. Solo a quel punto dopo le opportune verifiche la sanzioni saranno tolte. Soprattutto sarà possibile separarle da quelle imposte per l’invasione della Crimea. «Posso prevedere una situazione in cui grazie a Minsk ci sarà un accordo nell’Ucraina orientale e tutte le nostre sanzioni saranno rimosse», conclude Fried.
Di certo la partita è chiave per il futuro dell’Europa. Per decidere se guardare indietro, alle dinamiche della Guerra Fredda come fanno Mersheimer e altri o in avanti, verso un contesto geopolitico in cui si darà meno peso alle sfere di influenza care a Mosca e a Vladimir Putin e più importanza alla distensione, a un rapporto di fiducia fra Russia e Europa e allo sviluppo economico. Anche per impedire che ci si ritrovi di nuovo nel cuore europeo con un bilancio di 6mila morti per una guerra che non avrebbe mai dovuto esserci.