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 2015  aprile 01 Mercoledì calendario

Torna a crescere il tasso di disoccupazione: a febbraio persi 44mila posti. Siamo a quota 12,7%, tra gli under 25 si arriva al 42,6%. Le donne le più penalizzate. La fotografia scattata ieri dall’Istat conferma un mercato del lavoro ancora in affanno

Torna a crescere, a febbraio, il tasso di disoccupazione: sale di 0,1 punti percentuali rispetto a gennaio, e raggiunge così quota 12,7% (ed è una notizia considerato come nei due mesi precedenti era in costante calo, dopo il picco record del 13,2% registrato a novembre 2014). Febbraio segna anche, sul mese, una riduzione degli occupati (-44mila unità – pure qui dopo due incrementi consecutivi a dicembre 2014 e gennaio 2015). La contrazione congiunturale delle forze lavoro riguarda quasi esclusivamente le donne (-42mila posti); ma in difficoltà ci sono sempre i giovani, il cui tasso di disoccupazione sale al 42,6% (a dicembre 2014 era sceso al 41,3% e a gennaio al 41,2 per cento).
La fotografia scattata ieri dall’Istat conferma un mercato del lavoro ancora in affanno: a febbraio si registrano 23mila disoccupati in più, e si tocca il livello di 3 milioni e 240mila senza lavoro (nei 12 mesi il numero di chi non ha un impiego è cresciuto del 2,1%, cioè di 67mila persone). Certo, rispetto a febbraio 2014, l’occupazione è salita dello 0,4% (+93mila unità). Ma negli ultimi mesi la situazione si è appiattita: secondo le medie mobili mensili (dicembre 2014-febbraio 2015), diffuse dall’Istat per fornire un andamento che attenui la variabilità del singolo mese, emerge come il perimetro occupazionale sia rimasto essenzialmente stabile, con «un effetto cioè praticamente nullo sul numero degli occupati netti», sottolinea il capo economista di Nomisma, Sergio De Nardis (l’aumento di contratti stabili evidenziato in questi giorni dal ministero del Lavoro ha riguardato quindi soprattutto trasformazioni di rapporti a termine per beneficiare dell’incentivo economico in vigore da gennaio, previsto dalla legge di Stabilità 2015).
L’Italia va così in controtendenza rispetto all’Ue: nell’area euro, a febbraio, il tasso di disoccupazione scende all’11,3% (a gennaio segnava 11,4% e, a febbraio 2014, 11,8%) – mentre da noi risale. I paesi stranieri con le performance migliori si confermano Germania (con il tasso di disoccupazione al 4,8%) e Austria (5,3%). I peggiori: Grecia (26% – ma il dato è di dicembre 2014) e Spagna (23,2 per cento). Negli Stati uniti il tasso di disoccupazione a febbraio è al 5,5% (a gennaio era al 5,7 per cento). L’Italia resta indietro sul fronte under25: con un tasso di senza lavoro al 42,6% siamo al quart’ultimo posto (peggio di noi solo Grecia, Spagna, Croazia). La media dell’area euro del tasso di disoccupazione giovanile è stabile al 22,9 per cento.
La frenata del numero di occupati registrata a febbraio «non contraddice i segnali positivi come il consolidamento della ripresa della fiducia da parte di imprese e consumatori – spiega il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti -. In coda a una crisi le cose tendono a non essere stabilizzate ed è immaginabile che a una fase positiva possa seguire una flessione». Ma i sindacati sono preoccupati: «Basta dire che la ripresa è dietro l’angolo», commenta la Cgil, con Susanna Camusso. Serve subito «un patto sociale», incalza Anna Maria Furlan (Cisl) e Carmelo Barbagallo (Uil) avverte: «Se si continua ad andare a scuola dalla Merkel, che predica austerità, piuttosto che da Obama, che pratica la crescita, i dati occupazionali non miglioreranno». Anche l’opposizione attacca, con Renato Brunetta (Fi) che parla di «bluff del Governo che scherza sui dati sull’occupazione».
Non c’è dubbio che il mercato del lavoro «è ancora instabile – avverte Maurizio Sacconi (Ap) -. Ora confidiamo negli effetti congiunti della decontribuzione e delle nuove regole sul lavoro». I consumi interni vanno rianimati. Il problema sono i giovani, ma «anche l’occupazione femminile, che è in calo. E qui dobbiamo fare di più», dice Annamaria Parente (Pd). «È difficile immaginare che si possano analizzare le tendenze dell’occupazione prima di giugno – aggiunge Cesare Damiano (Pd) –. Affidiamoci alle rilevazioni semestrali dell’Istat e soprattutto confrontiamo dati omogenei evitando di prendere a paragone i mesi più convenienti».