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 2015  marzo 31 Martedì calendario

Mazzette, fondi neri e soldi nascosti in un passeggino: così la coop Concordia gestiva gli appalti ad Ischia e il sindaco del Pd Giuseppe Ferrandino «era il suo factotum». Il pm Woodcock manda utti in galera per corruzione

«Se parliamo finiamo al gabbio». Era una preoccupazione fondata, quella del responsabile relazioni istituzionali della coop Cpl Concordia Francesco Simone, uno dei protagonisti dell’inchiesta sulle tangenti per la metanizzazione del comune di Ischia che travolge i vertici della società e decapita il comune isolano. Mazzette, favori. Persino banconote nascoste in un passeggino. In carcere per corruzione finisce il sindaco del Pd Giuseppe Ferrandino, detto Giosi, primo dei non eletti alle Europee del 2014, presidente regionale dell’Anci, simbolo sul territorio delle “larghe intese” con Forza Italia: per il giudice era «un factotum al soldo della Cpl». Il presidente del Pd, Matteo Orfini annuncia: «Sospenderemo quel sindaco».
Un vero e proprio «protocollo criminale ben collaudato», quello attribuito alla strategia aziendale di Concordia, che compare anche in una diversa indagine su presunte collusioni con il clan dei casalesi. Undici misure cautelari: va in carcere Roberto Casari, storico presidente di Cpl, già indagato a piede libero per concorso esterno in associazione mafiosa nell’altra inchiesta basata sulle rivelazioni dell’ex boss Antonio Iovine. In cella anche il fratello del sindaco Ferrandino, Massimo; Nicola Verrini, Maurizio Rinaldi e Bruno Santorelli, dirigenti della Cpl. Gli inquirenti hanno disseminato di “cimici” anche gli uffici della società. Che ora esprime «fiducia nell’operato della magistratura» e «si riserva di tutelare le attività del gruppo».
Quello della Concordia, accusano i pm Henry John Woodcock, Celeste Carrano e Giuseppina Loreto con il procuratore aggiunto Alfonso D’Avino, era «un modello organizzativo ispirato alla corruzione, alimentato e sostenuto da un circuito finanziario opaco». I dirigenti della società, secondo i carabinieri del Noe guidati dal colonnello Sergio De Caprio, avrebbero agito con un sistema che, come scrive il gip Amelia Primavera, «fa riferimento ad affari del passato, la metanizzazione dei comuni del- l’Aversano; del presente, i fatti dei comuni di Ischia; e del futuro, i lavori relativi all’isola di Procida».
Al centro dell’inchiesta ci sono i rapporti tra i dirigenti di Cpl Concordia e il sindaco Ferrandino per la metanizzazione di Ischia: un affare da 18 milioni, 13 chilometri di tubo sottomarino, affidato nel 2005 in project financing. Ferrandino, sindaco a Ischia dal 2007, già primo cittadino di Forza Italia in un altro comune dell’isola, Casamicciola, sarebbe stato ricompensato dalla società con una serie di “utilità”: due convenzioni stipulate, nel 2013 e nel 2014, con l’albergo di famiglia “Le Querce”, e ritenute fittizie: Concordia erogava 330mila euro in due anni anno per avere a disposizione 7 camere riservate ai suoi dipendenti; il contratto di consulenza presso Concordia del fratello Massimo, avvocato, su cui però un capoarea della coop, sentito come teste, obietta: «Credo che nulla sappia e capisca della materia di cui si occupa la Cpl»; altre assunzioni presso la società; l’indicazione di finanziare con pubblicità un giornale locale e un viaggio in Tunisia. I subappalti di Concordia sull’isola finivano allo stesso imprenditore, Giovanni Di Tella citato dal pentito Iovine come vicino alla camorra. Nel mirino anche due consulenze, per 1,3 milioni di euro totali, attribuite a una società riconducibile all’ex deputato salernitano del Pdl Pasquale Vessa in cambio di interventi per due appalti.
Un sistema che attraversa anche il confine: dalla Tunisia passa un altro capitolo, quello delle provviste di denaro “in nero” che sarebbero state realizzate dalla Concordia attraverso fatture per operazioni inesistenti con una società, la Tunita, riconducibile a Simone e considerata il «salvadanaio in nero a disposizione della Cpl». Le somme, una volta rientrate in Italia, sarebbero «utilizzate prevalentemente per pagare tangenti a pubblici ufficiali». In ufficio si parla con linguaggio in codice di operazioni sottobanco. «In nero bisogna fare», dice il consulente della Cpl Giorgio Montali, finito ieri all’obbligo di dimora. Simone, rivolgendosi a Verrini, aggiunge: «L’altro giorno mi ha chiesto 25 voti Casari da dare per la gara di Avellino»: per gli investigatori, è una mazzetta.
Simone fece rientrare in Italia dalla Tunisia una somma in contanti nascondendola addirittura nella carrozzina della figlia: «Il passeggino chi c... lo controlla?», dice in un’intercettazione. Interrogato successivamente, il manager ammette ma spiega: «Ma quelli erano soldi miei». Parlando con un consigliere comunale lucano, il dirigente discute di un appalto in cambio di una mazzetta da 100 mila euro: «50 prima della gara e 50 quando si aggiudica», dice il politico. Simone riassume così la sua “filosofia” in un’altra conversazione: «I soldi non sono di nessuno, servono a tutti per vivere e cercare di fare le cose come si deve. Se parliamo finiamo al gabbio. Ma meno si parla e meglio si sta». Aveva già parlato troppo.