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 2015  marzo 30 Lunedì calendario

C’è chi la fuma alla sera per rilassarsi e chi per alleviare il dolore. Chi la equipara alle droghe pesanti e chi, invece, vorrebbe legalizzarla. Quando si parla di cannabis, la verità oggettiva lascia spazio a partiti, ideologie, schiere di tifosi. Eppure esiste un’ampia letteratura scientifica su una sostanza antichissima, le cui prime tracce risalgono addirittura al Neolitico

C’è chi la fuma alla sera per rilassarsi e chi per alleviare il dolore. Chi la equipara alle droghe pesanti e chi, invece, vorrebbe legalizzarla. Quando si parla di cannabis, la verità oggettiva tende a sciogliersi come “fumo” scaldato, per lasciare spazio a partiti, ideologie, schiere di tifosi. Eppure esiste un’ampia letteratura scientifica su una sostanza antichissima, le cui prime tracce risalgono addirittura al Neolitico. A cominciare da un dato. In Italia il 32,1% delle persone tra i 15 e i 64 anni ha fatto uso di cannabis almeno una volta nella vita (dati EMCDDA), mentre cresce il consumo tra i giovanissimi: 1 su 4 sotto i 19 anni fuma regolarmente spinelli, secondo l’ultima relazione parlamentare sulle tossicodipendenze. Chissà, forse anche perché – secondo gli esperti – i produttori avrebbero cominciato a tagliarla con sostanze che favoriscono la dipendenza.
Molti la fumano, ma in pochi conoscono fino in fondo i suoi effetti tossicologici e comportamentali. “Le prime sensazioni che si manifestano sono di euforia, divertimento, senso di rilassatezza – anche se a volte possono essere accompagnate da senso di nausea e vomito, tachicardia, aumento di fame e sete. E, in casi estremi, attacchi di panico, specie con i cannabinoidi sintetici”. Edoardo Polidori, direttore del Servizio tossicodipendenze dell’Usl di Forlì, descrive così il primo approccio con la sostanza, che deve la propria fama al suo maggiore principio attivo: il delta-9-tetraidrocannabinolo, meglio conosciuto come THC. “Si ritrova per il 5-6% nelle foglie di marijuana e, in dosi decisamente più concentrate, nella resina o hashish, dove sfiora il 20%, aumentando il rischio di reazioni psichiche negative” precisa Rinaldo Ca-nepa, medico del Sert di Genova, specialista in tossicologia. Tra queste, le più diffuse sono una minore capacità di concentrazione e una riduzione della memoria a breve termine. Gli effetti psicoattivi della canapa scompaiono nel giro di qualche ora, ma le tracce nell’organismo possono rimanere anche per due-tre settimane. Ma quali sono i rischi per chi fa uso di questa sostanza? I fattori in gioco sono tanti, dalla frequenza degli spinelli all’età e allo stato di salute del consumatore. “Dal punto di vista medico, fumare una canna al mese a 40 o 50 anni non comporta alcun rischio particolare – assicura Polidori – Le cose si complicano se a farlo è un ragazzino di 13 o 14 anni, il cui equilibrio psichico è fragile e in costruzione e può andare incontro anche a episodi di psicosi”. Ma – come sottolinea Canepa – “Ad oggi non sono stati riscontrati rapporti diretti tra l’uso di cannabinoidi e l’insorgere di malattie particolari”. Di più, gli fa eco Polidori. “Non esiste alcun caso di morte accertata per uso di cannabis, a differenza di quanto avviene per sostanze legali come alcool e nicotina”.
Anche in virtù di questi dati, negli ultimi anni il confine tra droga e farmaco è diventato sempre più sottile. Se in Italia l’uso terapeutico della cannabis è legale dal 1997, dall’anno scorso l’accesso ai farmaci è diventato più semplice grazie a un decreto legge applicato in numerose regioni italiane. Ma la comunità scientifica resta divisa. Per Silvio Garattini, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano, “ben venga, se serve per alleviare i sintomi dei pazienti, anche se oggi non ci sono abbastanza prove per attestare che i benefici siano superiori agli effetti tossici”. Studi definitivi ancora non ce ne sono, in un Paese che paga dazio a un ritardo culturale sull’argomento. “La battaglia più difficile – spiega Polidori – è sradicare il pregiudizio nella testa delle persone, di fronte a una sostanza che ha dimostrato di essere efficace contro il glaucoma, oltre a un potente stimolatore dell’appetito per malati in stato terminale”. E ricerche più recenti si sono concentrate sui suoi possibili benefici nella cura dell’Alzheimer e come anti-spastico per i casi di SLA. Mentre molte regioni stanno aprendo all’uso medico della canapa e in Parlamento è pronta una proposta di legge per la sua legalizzazione, un compromesso, secondo Canepa, è possibile solo sgombrando il campo da ogni tipo di questione ideologica o commerciale. “L’atteggiamento di certi sostenitori fanatici rischia di far perdere di vista le vere proprietà del farmaco, che richiedono un approccio scientifico”. L’ultima parola spetta ai medici, perché anche il dibattito sulla cannabis non si riduca all’ennesima battaglia ideologica tra opposte fazioni.