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 2015  marzo 30 Lunedì calendario

Siamo circondati dai commissari. Ce n’è uno per quasi tutto: l’Expo, l’olio di oliva, il Giubileo, l’Ilva, la lirica, il turismo, le grandi opere, i rifiuti ecc. Hanno compiti e poteri diversi, ma nessuno sa quanti siano. Devono fronteggiare l’emergenza ma spesso, di proroga in proroga, restano in carica decenni. A Napoli c’è ancora il commissario post-sisma 1980: è lì da 35 anni

Così come quello di “cavaliere” o di “dottore” anche il titolo di “commissario” non lo si nega a a nessuno. Ne esistono (o ne sono esistiti) di tutti i tipi: per la ricostruzione delle zone terremotate, per la gestione dei parchi nazionali, per il funzionamento dei musei, per i grandi eventi (vedi Expo), per il riassetto della lirica, per far fronte alle grandi calamità, per la lotta al racket e all’usura, per portare a termine le mega-opere pubbliche, per mettere in ordine i conti dell’Ilva, per l’ordinaria amministrazione dei Comuni sciolti per infiltrazioni criminali o con i bilanci dissestati, per sbloccare i cantieri, per realizzare parcheggi, per le carceri, per le reti di energia, per le quote latte, per l’olio di oliva, per i rifiuti (radioattivi e no).
L’elenco è parziale, ma di sicuro destinato ad allungarsi. Per esempio, pure il Giubileo annunciato da Papa Francesco avrà il suo commissario. La mancanza di dati certi è dovuta al fatto che nessuno sa, anche con un minimo di approssimazione, quanti siano i commissari. Non lo sa la Ragioneria generale dello Stato, che nel censire i dipendenti della pubblica amministrazione non ha una casella per tale tipo di profilo. Non lo sa la Presidenza del Consiglio, che monitora solo una certa tipologia di figure: quelle nominate ai sensi dell’articolo 11 della legge 400 del 1988 – la norma che ha introdotto il commissario straordinario di Governo – e quelle designate con decreto del Presidente del Consiglio (si veda l’elenco a fianco). Un’istantanea che, però, lascia fuori, per esempio, i numerosi incarichi voluti dalle Regioni e dagli enti locali.
Non si sbaglia se si quantifica in centinaia il numero dei commissari. Basti pensare che in poco più di un anno – da inizio 2014 a oggi – ne sono stati nominati circa 170 nei soli Comuni. Insomma, siamo un Paese di commissari.
Il numero esatto, tuttavia, è solo un aspetto del problema. Non secondario, perché il commissario spesso costa. Quelli designati da Palazzo Chigi possono, per esempio, contare su una retribuzione lorda annua fino a 100mila euro.
Ciò che deve far riflettere è anche l’assenza di coordinate univoche sul potere dei commissari e sulla durata degli incarichi, conseguenza del groviglio normativo che regola la materia e della “disinvoltura” con cui quelle regole sono state e continuano ad essere applicate. Risalgono a poco meno di un anno fa (giugno 2014) i rilievi del Comitato per la legislazione della Camera ai provvedimenti di nomina di commissari da parte del Governo. Montecitorio ha fatto notare che spesso gli incarichi vengono assegnati in deroga ai vincoli imposti dalla legge 400 del 1988, che impone il ricorso al Dpr, da adottare dopo il via libera del Consiglio dei ministri. Non solo, i commissari destinati a gestire le emergenze continuano a venire prorogati, nonostante dal 2012 (decreto legge 59) sia stato introdotto il divieto di rinnovare gli incarichi.
Si prenda il caso della galleria Pavoncelli, opera che deve assicurare il rifornimento idrico di buona parte della Puglia: la gestione commissariale nasce nel 1998 e di proroga in proroga arriverà fino alla fine di quest’anno. Un’emergenza che dura da 17 anni.
Niente, però, in confronto alla ricostruzione della Campania all’indomani del terremoto che colpì l’Irpinia nel 1980. Dopo 35 anni quell’emergenza non è finita è c’è ancora la gestione commissariale: Carlo Schilardi, commissario di lungo corso, si prepara a essere rinominato.
Ancora prima della Camera, sono stati i giudici a porsi il problema dell’anomalia della figura commissariale. Perché, per esempio, i commissari all’emergenza (quelli voluti dalla legge 225 del 1992) possono emettere norme “eccezionali”, le cosiddette ordinanze extra ordinem o libere. Nel 1987 la Consulta ha dovuto introdurre una serie di paletti e anche Tar e Consiglio di Stato sono intervenuti più volte per arginare quello che, nella pratica, è finito per diventare uno strapotere. E come se non bastasse, nel 2001 il legislatore ha pensato bene di allargare le maglie delle competenze dei commissari, prevedendo la loro presenza anche nella gestione dei grandi eventi. Categoria, quest’ultima, dai contorni assai sfumati. Ci sono voluti dieci anni per capire che si era andati troppo in là: nel 2012 quella previsione è stata, in nome della trasparenza, cancellata.
Iniziativa che non ha, però, limitato la proliferazione dei commissari. A dimostrazione che nel nostro Paese si vive in un’ordinaria emergenza.