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 2015  marzo 30 Lunedì calendario

Made in Melfi. La fabbrica della Fca batte al ritmo di 10 colpi al minuto. Gli 8mila dipendenti sfornano mille Suv al giorno. La riorganizzazione, contestata dalla Fiom, prevede 20 turni la settimana anziché 15, compreso il sabato e la domenica. Ma in questo modo un operaio del terzo livello arriva a guadagnare anche 2mila euro al mese

Il cuore di Melfi batte al ritmo di 10 colpi al minuto. E quello delle sei maxipresse Sofir da 6.200 tonnellate che tranciano i fogli di acciaio e sfornano a getto continuo le parti grezze della Renegade e della 500X. Da lunedì scorso lo stabilimento della Sata ha preso a girare al massimo: per produrre i nuovi mini-suv e soddisfare le richieste del mercato si lavora infatti a ciclo continuo, 20 turni la settimana anziché 15, compreso il sabato e la domenica quando la produzione si ferma solamente tra le 6 e le 14 per la manutenzione. L’organizzazione dei turni a scorrimento, contestata dalla solita Fiom ma bene accolta pure dal vescovo Gianfranco Todisco che la settimana scorsa è andato in fabbrica per incontrare vecchi e nuovi operai, prevede che si lavori una domenica ogni otto a fronte di 1.500 euro in più di stipendio l’anno.
In questo modo un operaio del terzo livello arriva a guadagnare anche 2mila euro al mese. 
Obiettivo 390mila auto
Dalle 123mila vetture degli ultimi due anni si punta ad arrivare a quasi 390mila: 300mila tra Renegade e 500X, sfornate al ritmo di più di mille al giorno ed in gran parte destinate all’export, e 80mila Grande Punto. Per raggiungere questi obiettivi a Melfi il gruppo Fca, che quest’anno punta vendere oltre 5 milioni di auto, è tornato ad investire in maniera massiccia e ad assumere. La sfida lanciata dall’ad di Fiat-Chrysler Sergio Marchionne è quella di produrre qui, in Italia, per tutto il mondo i nuovi mini-suv a marchio Jeep e Fiat, mettendo «la rete industriale italiana al servizio di un’azienda globale». 
Ai 5.917 dell’organico di fine 2014 si sono così aggiunti 1.550 giovani assunti con contratti interinali, selezionati sui 38mila che avevano presentato domanda, e 450 dipendenti arrivati «in prestito» da Pomigliano e Cassino. Totale quasi 8mila occupati, record assoluto per lo stabilimento di San Nicola. 
Coi nuovi innesti, età media 25 anni, non solo si è ringiovanito l’organico ma è aumentato notevolmente anche il livello di istruzione complessivo dell’organico con 78 laureati in più su un totale di 144 e 1442 diplomati in più su un totale di 3274. Appena 31 in neoassunti con licenza media, contro gli oltre 4000 entrati dagli anni ’90. I primi 300 giovani destinati a ricoprire i ruoli di team leader e conduttore sono arrivati a gennaio, gli ultimi pochi giorni fa. 
La carica degli ingegneri
Molti sono ingegneri, sulla carta i «capi» del futuro. Come Rocco, 30 anni, di Tricarico tra i primi ad essere preso e assegnato al reparto stampaggi. Dopo una laurea in ingegneria meccanica a Potenza ha lavorato al controllo qualità della Johnson, una delle aziende dell’indotto, ma in precedenza ha fatto anche il ludotecario, perché in tempi di crisi anche gli ingegneri qui faticano a trovare lavoro. «Vivo in provincia di Matera – racconta – ogni giorno faccio 110 chilometri. Ma ne vale la pena perché vedo che c’è una forte progettualità, ognuno di noi ha davanti a se un percorso una possibilità di crescita». «Mi aspetto di crescere professionalmente» conferma Davide, 32 anni, anche lui ingegnere meccanico di Potenza, assunto il 26 gennaio dopo aver lavorato in alcune piccole imprese ed ora assegnato al reparto lastratura. «Passare in Fca per me è stato un salto notevole». Amerigo, 25 anni, perito Itis di Ginestra, invece è arrivato il 23 febbraio. Lavorava nell’ambito delle manutenzione per una ditta esterna sempre in verniciatura, e considera l’assunzione «una opportunità». 
«Un po’ di nozioni di base le avevo già, dinamica, programmazione… Spero di essere capace – confida Piero, 30 anni, foggiano, ingegnere civile laureato al Politecnico di Bari -. Il lavoro qui mi dà modo di sperare, di diventare qualcuno, prima o poi…». Anche lui per entrare in fabbrica alle sei si alza ogni mattina molti presto, alle 4 e un quarto, «ma pendolavo anche da studente, la cosa non mi pesa» dice. Francesca e Antonella hanno 24 e 25 anni, e per loro il lavoro alla Sata è un po’ l’alternativa al posto pubblico che per ora resta un miraggio. Entrambe vivono a pochi chilometri dalla fabbrica. La prima ha un diploma di ragioniera e nel modernissimo reparto verniciatura dominato dai robot si occupa delle sigillature. La seconda ha conseguito un diploma in scienze infermieristiche ed è in attesa di essere assunta all’ospedale. Pure Francesca è risultata idonea a tanti concorsi (carabinieri, finanza, Inps) ed è «in attesa di un posto che forse non arriverà mai». «Prima mi occupavo un po’ di contabilità – racconta- ma poi è arrivata la crisi tante aziende hanno chiuso e per me non c’era più nulla da fare. Ora vivo questa come un’esperienza di crescita, poi vediamo che succede». Con gli investimenti degli ultimi tempi per la prima volta la fase di progettazione delle nuove vetture e delle postazioni di lavoro è andata di pari passo. Il lavoro del team che ha riprogettato gli impianti, un miliardo di costi, 10 mesi di lavoro, compreso lo sbancamento del terremo per sostituire e rafforzare i piloni portanti del reparto montaggio destinato a sopportare i nuovi carichi, ha prodotto 646 proposte di miglioramento del prodotto e 2086 proposte di miglioramento del processo, ha individuato 100mila check point lungo tutte le fasi di produzione e quasi 6mila possibilità di difettosità. La qualità è diventata una ossessione assoluta che impone miglioramenti continui. Per quest’anno a Melfi puntano ad ottenere il livello «gold» nell’ambito del World Class Manifacturing, il sistema adottato da Fca in tutti i suoi stabilimenti per migliorare la qualità complessiva della produzione e ridurre gli sprechi. Uno dei fiori all’occhiello della Sata è certamente l’azzeramento di infortuni e medicazioni. Un grande display, davanti all’ingresso B, tiene il conto dei giorni senza incidenti: si sta avvicinando a quota 1500, ma reparti delicati come presse e lastratura stanno già sopra quota 1700.
L’effetto moltiplicatore
La ripartenza della Fiat ha un effetto a cascata molto importante sull’economia della Basilicata e non solo. Solo nelle 13 aziende dell’indotto che operano nell’area attigua alla Sata e che forniscono parti e componenti in tempo reale alla fabbrica-madre, per adeguarsi al regime dei 20 turni sono state fatte 300 assunzioni, portando gli occupati totali a quota 2000. Altri posti sono stati creati nella logistica, dal polo Melfi sino al porto di Civitavecchia e nuovo lavoro è arrivato alle fabbriche che producono i motori, a cominciare da Pratola Serra e Termoli. «Le nuove assunzioni faranno da moltiplicatore da sette a dieci» ha stimato nelle scorse settimane Marchionne. «La crisi e la miseria qui stavano mordendo la carne viva: veniamo da una forte cassa integrazione, molte imprese dell’indotto avevamo chiuso, ed in molte famiglie dove non si riusciva più a pagare il mutuo per la casa eravamo sull’orlo di vere e proprie tragedie» spiega Gerardo Evangelisti, classe 1963, uno dei “ragazzi” assunti a Melfi nel ’93, operaio addetto al montaggio e segretario della Fim-Cisl della Basilicata. Che ovviamente ha accolto i nuovi investimenti e le assunzioni come «una buona notizia, che da speranza a Melfi e a tutto il Sud», e come il frutto del lavoro di un sindacato che anziché protestare solamente tratta e firma accordi. «Veniamo da una scommessa e torniamo ad una scommessa», dice ora con «la soddisfazione e l’orgoglio» di chi vede il made in Melfi conquistare i mercati mondiali e tornare ad offrire tante occasioni di lavoro.