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 2015  marzo 30 Lunedì calendario

Roberta Chersevani, la prima donna presidente degli Ordini dei medici. Un mondo che sta cambiando al femminile: il 70% degli iscritti a medicina sono studentesse, negli ospedali si contano il 14 per cento di primarie e il 9 per cento di direttrici generali di aziende sanitarie

Ricorda Rocco Bellantone, preside della facoltà di medicina all’università Cattolica, che «ai suoi tempi» le sale operatorie erano sguarnite di spogliatoi femminili e le rarissime colleghe chirurghe per cambiarsi dovevano arrangiarsi. Oggi la situazione si è ribaltata. Nella più maschile delle scuole di specializzazione è stata raggiunta la parità di genere (la metà dei tirocinanti sono donne) e in un futuro non lontano potrebbero essere gli uomini a non avere una zona riservata dove svestirsi dopo gli interventi.
L’aneddoto esemplifica la rivoluzione dei camici rosa in atto nella professione di Ippocrate. E descrive la mutata atmosfera che pervade l’ultracentenaria Federazione nazionale degli Ordini dei medici, la Fnomceo, per la prima volta nella storia capeggiata da una dottoressa.
Roberta Chersevani venerdì scorso è stata nominata presidente dell’organismo che regola la vita ordinistica di circa 400 mila medici italiani. Ha battuto nelle votazioni precedenti lo sfidante Salvatore Amato. Succede al torinese Amedeo Bianco.
Dovrà gestire la fase del sorpasso. Il 70 per cento degli iscritti a medicina sono studentesse, proporzione che si sta materializzando anche tra gli specializzandi. Le giovani generazioni stanno guadagnando terreno e monopolizzeranno la professione cambiando forse il modo di «fare cura». Si prevede un completo ribaltamento nel 2024. Però a livello apicale il divario tra i due sessi resta molto ampio. Appena il 14 per cento di primarie e il 9 per cento di direttrici generali di aziende sanitarie.
Secondo la neo presidente di Fnomceo qualcosa si può fare per attenuare le differenze: «L’organizzazione del lavoro dovrebbe cambiare in modo da non rendere incompatibili carriera e famiglia. La donna è penalizzata perché a un certo punto deve scegliere come distribuire il suo tempo. Se si allontana dal reparto per la maternità al ritorno viene penalizzata. Spero che la mia presenza sia uno stimolo per le colleghe a partecipare alla vita ordinistica. Se siamo di più possiamo essere più incisive». L’idea è di collaborare con l’Enpam, l’ente previdenziale della categoria, dove è in via di elaborazione un progetto coordinato dalla consigliera Annamaria Calcagni per rendere conciliabile la genitorialità con la professione medica.
Triestina di origine istriane e un cognome che proviene dall’isola di Cherso, radiologa (anche questa una novità), senologa, la Chersevani per tre mandati ha guidato l’ordine provinciale di Gorizia. È in pensione dal 2008 ma continua a portare avanti con passione l’attività privata nell’ambito della diagnostica per immagini dopo anni di ospedale e guardie. «Ho scelto la radiologia perché cercavo qualcosa che mi consentisse di continuare a vedere tutte le patologie. Non ho figli, sono divorziata e ho lavorato molto. Di tempo ne restava poco. Sono divorziata ma non perché ho preferito il camice, con mio marito non funzionava. Ora mi aspettano anni di ulteriori sacrifici. Va bene così. Ho ricevuto centinaia di messaggi di auguri da tante colleghe che non conosco e anche dal mondo della radiologia».
Non nasconde l’età: «Ho 68 anni, mi piacerebbe averne 10 in meno, eppure non nutro rimpianti. La chirurgia estetica? Penso che la donna se lo desidera debba fare tutto ciò che ritiene necessario per aiutarsi». Da senologa non condivide la scelta dell’attrice Angelina Jolie che si è fatta togliere ambedue i seni e poi le ovaie per scongiurare il rischio di un tumore: «Non contesto la sua scelta, legittima. Però non avrebbe dovuto renderla pubblica». Un appello ai cittadini: «Non medicalizzatevi».